di Maurizio Verdenelli
C’è tanta Macerata (e Recanati in particolare) nell’ultima decisione di papa Francesco, il 12 scorso, che ha fatto il giro del mondo. Parliamo della nomina a cardinale, insieme con altri, di Loris Francesco Capovilla, 98 anni, segretario particolare per dieci anni di Angelo Giuseppe Roncalli, fatto arcivescovo da Paolo VI. Capovilla, nel Sacro Collegio, per anzianità ed anche per autorevolezza e riflesso mediatico succede al ‘maceratese’ Ersilio Tonini già vescovo del capoluogo marchigiano al quale sarebbe rimasto legato per sempre. Due ‘Principi’ della Chiesa legatissimi alla comunicazione in anni ‘insospettabili’: Capovilla, giornalista sin dal 1950, fu a Venezia direttore del settimanale diocesano ‘La Voce di San Marco’ e corrispondente de ‘L’Avvenire’; Tonini, sia a Macerata sia poi a Ravenna, dette impulso alla stampa diocesana, attentissimo anch’egli al mondo del giornalismo.
Anche le ‘dinamiche’ di carriera (che in termini curiali si pronuncia ‘cursus honorum’) hanno avuto motivazioni analoghe. Nel ’67 Capovilla inviato come arcivescovo metropolita a Chieti, se ne va a distanza di ‘appena’ quattro anni dall’accoglienza trionfale che la cittadina abruzzese gli aveva riservato di cui, seppur dopo diversi anni, chi scrive (capo della redazione provinciale de ‘Il Messaggero’) raccoglieva ancora ‘caldissime’ testimonianze insieme alla quotidiana memoria del Papa Buono. Così come riferivano i cronisti con i quali Capovilla aveva incontri frequentissimi. ‘Ogni giorno, era un ricordo particolare legato a Giovanni XXIII’ mi diceva Mario D’Alessandro, notissimo giornalista della redazione del quotidiano romano. ‘Poi qualcosa si ruppe tra l’apostolo della ‘Chiesa Sociale’ e l’establishment, fortemente conservatore, di Chieti’, di cui l’ex pastore resta tuttora ‘cittadino onorario’. Un forte parallelismo con monsignor Ersilio Tonini che lasciò anch’egli Macerata dopo un tempo relativamente breve: ‘appena’ 6 anni.
Giovanni XXIII e Loris Capovilla durante la storica visita a Loreto, il 4 ottobre 1962 (Foto concesse da don Branchesi)
Diciassette anni, dal 1971 al 1988, sarebbe invece rimasto fino alle sue dimissioni (il 10 dicembre) mons. Loris Francesco Capovilla a Loreto, come delegato pontificio in quel santuario dove la presenza del papa Buono era ed è rimasta fortissima con la grande statua all’ingresso nel ricordo della visita storica del 4 ottobre 1962, alla vigilia del Concilio Vaticano II che apriva la Chiesa alle ‘nuove frontiere’. Nella cui ricorrenza cinquantennale Benedetto XVI volle dedicare quello che sarebbe stato il suo ultimo viaggio da papa, due anni fa. Ed anche qui quante suggestioni ‘maceratesi’ nel nome dell’ultimo papa dimissionario (prima di Ratzinger): Gregorio XII, sepolto nel duomo di Recanati che lo scorso giugno il cardinal Angelo Comastri (già cittadino onorario di Cingoli ed in quella occasione anche della città leopardiana e già delegato pontificio laureatano) ha voluto onorare con una visita ufficiale in cattedrale e in Comune, anche nel nome del grande poeta. Recanati e Loreto, in effetti, furono nei lunghi anni di Capovilla, nuovamente una ‘città sola’. Innumerevoli sono state le visite sia in Duomo sia in tutte le chiese della ‘città del Leone’ da parte del ‘leggendario’ segretario che Giovanni XXIII volle avere subito con sé, appena eletto nel 1958, dopo averlo apprezzato al suo fianco, per un quinquennio, come Patriarca di Venezia. Personalmente ricordo una sua appassionata omelia, ancora nel ricordo del Papa Buono, nella bella chiesa romanica di Castelnuovo, il borgo di Beniamino Gigli alla periferia di Recanati. ‘Don Loris’ praticamente riceveva inviti quasi ogni mese, soprattutto dai giovani di Recanati e generalmente della diocesi di Macerata. Furono anni di grande entusiasmo. Il nome di Capovilla riempiva ogni volta le chiese.
Rilevante il ‘capitolo’ relativo alla frequentazione, assidua, di Camerino, verso la fine degli anni Settanta. Nel 1978 Capovilla ‘scelse’ la tipografia Savini-Mercuri di Giovanni Misici Falzi di Camerino per pubblicare un volume di 612 pagine: “Giovanni XXIII. Lettere 1958-1963”. Un libro di grande importanza per comprendere appieno uno dei percorsi cruciali della storia del Novecento di cui il Papa Buono era così magna pars. ‘Don Loris’ rivelava per la prima volta la corrispondenza tra il Pontefice di Roma e i Grandi della Terra: John F. Kennedy, Nikita Kruscev fra tutti. Con loro Giovanni Gronchi, Antonio Segni (che, come Capo dello Stato, l’avrebbe ricevuto ufficialmente a Loreto nel’ottobre ’62) e Giuseppe Saragat, tutti, in sequenza, Presidenti della Repubblica Italiana. Al solito, puntualissimo, Capovilla seguì personalmente con estrema cura l’iter della stampa del prezioso volume: decine e decine le sue ‘visite’ professionali (‘don Loris’ non ha mai dimenticato di essere anche un giornalista) nella tipografia camerinese per correggere bozze, note e titolazione. E non passò sotto silenzio, un giorno, un piccolo ‘incidente’ che vide cadere a terra la metà di un ‘sedicesimo’ pronto per la stampa, presenti il delegato pontificio definito ‘bonario ma esigente’ e l’imbarazzatissimo titolare della Savini-Mercuri. Grazie agli ‘straordinari’ di compositore e linotipista (l’informatica era ancora agli albori) l’appuntamento con la presentazione del volume venne rispettata. Stampate il 28 ottobre 1978, ‘Le lettere’ di Giovanni XXIII furono consegnate definitivamente alla storia in una memorabile cerimonia pubblica, a Camerino, il 31 gennaio 1979, per iniziativa del circolo ‘Don Sturzo’ presso l’aula ‘Allara e Grosso’ di Palazzo Ducale. E per un pomeriggio, la Città dei Varano, tornò ancora una volta al ‘centro del mondo’ grazie al segretario del papa che aveva dato speranza ed apertura all’umanità.
Tanti altri i ricordi ‘maceratesi’ legati al nuovo cardinale voluto da papa Francesco. Don Giuseppe Branchesi, assistente regionale di Coldiretti Marche e parroco treiese (al quale dobbiamo le foto ‘storiche’ della visita a Loreto, con il pontefice e il segretario, che presentiamo a corredo di questo articolo) così lo ricorda: “Un innamorato ed un grande contemplatore della figura del papa Buono. Dieci anni fa, organizzammo al comune di Recanati, come Coldiretti un incontro sul tema dell’amore per il mondo rurale (sulla scorta del film di Ermanno Olmi: “E venne un uomo”) una teleconferenza con mons. Capovilla. Per problemi tecnici, la trasmissione in diretta saltò: allora andammo nel Bergamasco, muniti di telecamere e con un giornalista intervistatore raccogliemmo la preziosa testimonianza, ancora presente nel mio archivio, di mons. Capovilla. Inoltre ricordo che, appena eletto Giovanni XXIII, mi recai con altri giovani seminaristi a Sotto il Monte accolto dalla famiglia Roncalli e dai fratelli del nuovo pontefice”.
Intanto dopo l’addio a Loreto e alle Marche, Capovilla aveva preso una decisione, anche questa nel nome di Roncalli: abitare a Sotto il Monte (Bg), tenendo per sé solo la dignità di arcivescovo di Mesembria che era stato il titolo arcivescovile di Angelo Giuseppe Roncalli dal ’34 al ’53!
C‘è poi un ricordo più recente, risalente al 1° Luglio 2001, che sta a sottolineare il legame mai interrotto tra Capovilla e le Marche. Avvenne in occasione della Carta della Terra (e “Terre e Cieli di Dio, Ambiente dell’Uomo”) che Green Cross, presieduto da Mikhail Gorbaciov ed (allora) da Rita Levi Montalcini, presentò nella ‘regione al plurale’ cominciando proprio da Loreto, continuando poi per Ancona, Urbino ed Ascoli Piceno. Si trattava di un incontro interreligioso a margine del G8 sull’Ambiente che si era tenuto nel marzo a Trieste. Presenti con ‘l’ex Zar di tutte le Russie’ anche il metropolita di Mosca, Pitirim; i buddisti (portarono un messaggio personale del Dalai Lama) e i monaci Camaldolesi firmatari anch’essi di una Carta, quella di Fonte Avellana e l’ex ministro all’ambiente, Willer Bordon. Prima dell’incontro in Comune, a Loreto, Gorby -che teneva a dire di aver spento a suo tempo 1.500 impianti a rischio: un merito della glasnost- fu invitato ufficialmente nello studio del delegato pontificio, Comastri. Io partecipai come inviato del ‘Messaggero’, l’unico giornalista ammesso. Sembrava una cerimonia protocollare, come tante: invece sarebbe stata consegnata alla storia come di grande importanza. Fu per merito di Capovilla. Infatti di lì a poco sarebbe uscito dal fax del delegato pontificio una lunga nota proveniente da Sotto il Monte, letta personalmente da Comastri. Piena di ammirazione per l’uomo della Perestrojka, quasi ‘un libro da capezzale’. ‘Don Loris’ benedicendo l’ex Zar (naturalmente sullo scenario c’era tutto Giovanni XXIII il quale aveva saputo guardare oltre la cortina di ferro ricevendo la figlia di Nikita Kruscev in Vaticano) raccontò dell’intensa emozione che aveva avuto leggendo il libro di Gorbaciov, che a lungo era rimasto sul suo comodino.
Nella Perestrojka, Capovilla vedeva l’inveramento del messaggio e dell’opera di unione tra i popoli da parte del Pontefice della ‘Concilio’. Fu un momento di emozione forte per tutti, anche per l’ex Capo del Cremlino, poi ricevuto con il metropolita in un Comune affollatissimo dove tutti chiedevano una foto con lui, come un laicissimo ‘santo’. E forse non è stato un caso che da quel giorno a Loreto ci sia stata, dieci anni dopo, per ‘don Loris’ il conferimento da parte dell’Istituto europeo dell’Accademia russa per le Scienze della prestigiosa laurea honoris causa in ‘Scienze storiche’.
Monsignor Comastri con i giornalisti a Loreto
C’è infine, un ultima, grandissima suggestione maceratese che lega assieme strettamente il matelicese Capovilla, Giovanni XIII, Concilio Vaticano II ed Giorgio La Pira. Risale infatti al ’58 l’ultimazione del villaggio dipendenti Eni a Borca di Cadore, ed in particolare alla costruzione della grande chiesa dedicata a Nostra Signora (arch. Gellner, con cui collaborò l’arch. Scarpa) con l’altare rivolto verso i fedeli. Sarebbe stato il primo, anticipando le scelte ‘rivoluzionarie’ del Concilio Vaticano II, volute da Angelo Giuseppe Roncalli, allora Patriarca di Venezia, poi in quello stesso anno papa. Avendo al fianco don Loris. Fu lui a ricevere la delegazione Eni inviata da Enrico Mattei ‘per risolvere la situazione’ di quell’altare rivolto verso i fedeli. Il Grande Marchigiano e il Grande Bergamasco, tramite il segretario del secondo, s’intesero a meraviglia. A legarli c’era poi Giorgio La Pira, il ‘sindaco santo’ di Firenze per il quale Mattei aveva ‘salvato’ la Pignone che rischiava d’incendiare il capoluogo toscano, dopo la messa in liquidazione della celebre fonderia. Qualche anno fa, Capovilla avrebbe raccontato a Firenze come Giovanni XXIII nutrisse un’autentica ‘venerazione’ per La Pira (che a Mattei aveva aperto praticamente i popoli emergenti e i mercati petroliferi del Nord Africa) tanto da aprirgli per una notte che l’aveva avuto ospite a Venezia la stanza e il letto ‘reliquia’ del papa santo Pio X. Tante suggestioni, tanta storia, tanti protagonisti, veri giganti di quest’epoca piena di cambiamenti fecondi: saranno, siamo sicuri, a fianco, di ‘don Loris’ il 22 febbraio in Vaticano quando papa Francesco gli conferirà la porpora cardinalizia. Ed anche in quell’occasione il pensiero di Capovilla sarà per il Papa Buono che volle Loreto e le Marche nella storia accanto a lui, per sempre.
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A mio modesto parere l’articolo contiene un refuso. Non è possibile che dieci anni fa fossero ancora viventi due fratelli di Papa Giovanni. Considerate che Marianna e Giovanni Battista Roncalli ebbero 13 figli, l’ultimo dei quali nato nel 1896. Già con questa informazione appare difficilmente ipotizzabile che qualcuno di loro fosse ancora vivente dieci anni fa, ovvero nel 2004.
Peraltro nessuno dei fratelli di Papa Giovanni si chiamava Saverio… Non conosco l’evento citato nell’articolo ma, con tutta probabilità i nomi citati si riferiscono ad alcuni nipoti di Papa Roncalli.
L’ultimo dei suoi consanguinei diretti mori poco dopo la visita di Giovanni Paolo II a Bergamo e Sotto il Monte (correva l’anno 1981).
Servizio aggiornato con il capitolo dei rapporti del nuovo Cardinale con Camerino: 217 lettere inedite di Giovanni XXIII ai grandi del mondo stampate nella città ducale.