Riceviamo da Lanfranco Minnozzi, presidente Anpi Tolentino:
Balilla Bolognesi, nato a Esanatoglia il 2 ottobre 1921, si è spento ieri alle 24. La sua storia legata alla deportazione nei campi di lavoro coatto di Kahla, in Turingia al servizio dell’industria bellica della Reimahg che produceva aerei da caccia per la Luftwaffe, dal 5 maggio 1944 fino al 26 luglio 1945, pubblicata da Affinità Elettive nel 2004 in “Diario di un deportato” lo aveva reso referente di Kahla a livello nazionale e internazionale, soprattutto in Turingia e in Belgio. La pubblicazione faceva seguito al primo incontro con i ragazzi degli istituti secondari di Tolentino sul tema della deportazione a Kahla di civili e militari dell’Alto Maceratese, i cosiddetti “schiavi di Hitler”, organizzato da Alessandra Fusco – docente dell’Istituto Storico della Resistenza di Macerata – e dall’Anpi di Tolentino. Da allora il rapporto con gli studenti era diventato per Balilla un appuntamento fisso ogni volta che il Giorno della Memoria fosse dedicato al tema della deportazione: a San Severino nel 2006, a Tolentino nel 2008 (Commemorazione regionale del Giorno della Memoria) e all’Abbadia di Fiastra nel 2011. L’Anpi di Tolentino lo ricorda per l’oggettività della narrazione storica delle atrocità perpetuate dai nazisti, sempre piena di commozione e mai di rancore, e la sua grande capacità di catturare l’attenzione dei ragazzi. Questo era avvenuto anche durante le Commemorazioni Internazionali di Kahla del 2006 e del 2009, cui avevano partecipato alcune delegazioni dei Consigli Comunali dei Ragazzi e dei Comitati Studenteschi di Tolentino, di San Severino, di Matelica e di Esanatoglia accompagnate dagli amministratori dei rispettivi comuni. In questo viaggio di studio i ragazzi dei Consigli comunali e dei Comitati Studenteschi avevano vistato i lager di Kahla e di Buchenwald, accompagnati dagli stessi superstiti o dai loro familiari, ognuno dei quali con una storia diversa, ma pur sempre dolorosa, da raccontare.
Al racconto Balilla non si era mai voluto sottrarre, nonostante la sofferenza del ricordo di quell’esperienza lo avesse segnato persino nel fisico, perché pensava che fosse importante divulgare nelle scuole un pezzo di storia dimenticata della Germania hitleriana: il disumano sfruttamento dei deportati italiani, civili e militari nei campi di lavoro di Kahla, lager simbolo della politica tedesca legata al reperimento di manodopera gratuita da asservire alla macchina industriale e bellica tedesca del Terzo Reich. All’intento divulgativo si congiungeva anche quello educativo di consentire attraverso la testimonianza diretta ai giovani di riscoprire il valore della storia e della memoria come motore del futuro di un popolo per costruire una società migliore fondata sulla democrazia e sull’amicizia tra i popoli, affinché nessun altro giacesse sepolto senza nome e senza fiori nelle fosse comuni. Infatti, quando si recava alle commemorazioni di Kahla, portava sempre sulle tombe dei suoi compagni, che non avevano avuto la sua stessa fortuna di ritornare in patria, dei fiori, che spesso comprava in prossimità delle stesse da fiorai, che non ne chiedevano neppure il compenso, una volta conosciuta la destinazione. Grazie Balilla! Occuperai sempre un posto speciale nel nostro cuore!
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Ciao Balilla! Ci mancherai. Il tuo libro ‘diario di un deportato’ è l’opera più intensa che mi sia mai capitato di leggere, perchè vera, terribile e dura. Allego qui un passo dove tu, da sopravvissuto, non riesci a darti pace per chi ha perso la vita nel lager di Kahla : ” Noi che siamo tornati eravamo forse i meno meritevoli, i meno esperti, i giovanissimi, gli anziani, i più buoni sono rimasti lassù… in tutti questi anni trascorsi dalla fine della guerra nessuno, nè politico, nè governante, nè storico, si è mai interessato di questa altra deportazione, che ha tante sfumature diverse, ma tutte di sofferenza. E’ venuta l’ora di parlarne , prima che noi testimoni ce ne andiamo su quel treno che sui binari celesti ci porta via”.
Ciao Balilla, ora che sei su quel treno, spero che il viaggio ti sia lieve.
Io ho avuto modo di conoscerlo di persona,perchè era il mio vicino di casa e posso dire che era una persona davvero straordinaria che pur lottando durante la deportazione ha saputo amare la vita fino alla fine.Per la mia generazione e quelle future dovrebbe essere preso da esempio e il suo ricordo rimarrà impresso nelle menti di chi ha lo ha conosciuto.
Caro Balilla, ti chiedo scusa per coloro che, avendo vissuto in un’epoca di “felicità democratica”, non hanno conosciuto la terribile esperienza della deportazione nei lager tedeschi. Quelli di Kahla, che ti hanno ospitato, erano campi di lavoro coatto dove le dure condizioni di vita dei prigionieri – in violazione dei protocolli internazionali – non avevano nulla da invidiare a campi di sterminio come Buchenwald. Non di certo perché sia io a dirlo, che conosco la storia del Novecento tanto da insegnarla, ma perché risulta dalle fonti. Infatti, un gruppo consistente di Ebrei, detenuto nel limitrofo campo di sterminio di Buchenwald, avendo fatto richiesta di trasferimento a Kahla nella prospettiva di migliorare il proprio livello di detenzione e le possibilità di sopravvivenza, quando sperimentò i campi di Kahla fece domanda per ritornare a Buchenwald. Una domanda che costò la vita alla maggior parte di quegli Ebrei, che per rivalsa furono lasciati dai nazisti un’intera notte astanti davanti alle baracche a congelare.
Da Bruno Bolognesi, figlio del defunto Balilla, riceviamo il seguente ricordo:
“Buon viaggio babbo…
Una figura troppo grande quella di mio padre, per tracciarla con poche righe su questa pagina bianca intrisa di lacrime di dolore profondo come un pozzo che non ha mai fine. Il passaggio terreno di Balilla Bolognesi ha lasciato in molti uomini che l’hanno conosciuto, sentimenti di stima e di ammirazione per la sua luminosa saggezza, la sua onestà morale e la sua determinazione nell’affrontare le asperità che la vita gli ha riservato nei lunghi anni della sua esistenza in questo mondo.
Un uomo che ha vissuto il presente in modo pieno, intenso, nonostante gli impedimenti fisici che hanno temprato ulteriormente la sua arguzia, ha limato, levigato quel dono prezioso che lui ha da sempre posseduto: l’intelligenza. Certo il dolore è un intimo sentimento, uno stato di sofferenza dello spirito, specie in questi momenti che ti auguri non arrivino mai; ma così è.
Il cerchio si chiude e lascia un buco nell’arazzo millenario della storia degli uomini. Il buco che ci ha lasciato Balilla Bolognesi, classe 1921, è grande e speriamo che i giovani soprattutto, cui egli aveva voluto testimoniare le atrocità dei campi di internamento nazifascisti, sappiano trarre insegnamento per tessere un futuro luminoso in cui la pace e la fratellanza regnino tra i popoli; valori cui il grande vecchio si riferiva nei suoi molteplici incontri nelle Scuole e in ambiti internazionali.
Grazie caro babbo, anche a nome di mia sorella Beatrice che ti ha sempre accudito amorevolmente, dei miei figli che hanno goduto della tua sapienza, dei tuoi insegnamenti e dei tuoi continui inviti a non mollare mai perché – dicevi: NULLA E’ IMPOSSIBILE BASTA FORTEMENTE VOLERE”.
ho avuto la fortuna di conoscerlo nel viaggio a kahla e posso confermare la elevata statura morale e culturale di un grande uomo, purtroppo, di altri tempi.
ad maiora