Chef e Selly come Lilli e il Vagabondo

Una favola vera per l'Epifania

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Carlo Cambi

Carlo Cambi

di Carlo Cambi

Buona Epifania. Ho deciso di raccontare questa storia perché mi pare che nei giorni convulsi, scomposti e venati d’egoismo nei quali siamo costretti a trascinare le nostre esistenze, una favola vera fosse il migliore augurio di speranza per un nuovo antico modo di condurre la vita. Un’ Epifania appunto: una rivelazione di sentimenti, una microstoria di   un amore immenso. Dedicata ai bambini ai quali la Befana ha forse regalato molti giochi,  ma ai quali noi grandi con una società spesso a-morale, certamente a-valoriale  somministriamo il carbone di un’inconsapevole angoscia d’esistere, scritta per i grandi  perché insieme riscopriamo l’essenza delle nostre radici, la verità di una solidarietà   quotidiana, la speranza di un’esistenza condivisa, dedicata a tutti come una semplice   carezza sul cuore. Invitandoci a riflettere sul fatto che spesso abbandoniamo i nostri  bambini a quella baby-sitter gratuita che è la tv, dove – se va bene – passano i cartoni  dei classici di Walt Disney. Sicuramente tutti ricordiamo la favola bella di Lilli e il Vagabondo, ma a noi è toccata la buona ventura di viverla davvero. E così ho deciso di   raccontarla per donarla a tutti, perché tutti possiamo scoprire la poesia del vero, la gentile forza dell’affetto, il magnete della solidarietà.

Chef e Sally

Chef e Selly

Protagonisti sono due cani Selly e Chef. Vi dirò che da noi lui è arrivato la notte di San Giuliano. Se ne stava nella gabbietta degli amici del canile municipale, con un musetto appuntito, gli occhi tanto vispi per quanto tristi. La coda a ricciolo e il pelo arruffato e un po’ pulcioso, tremante per le troppe frettolose carezze, impaurito forse dal tanto via viai, ingolosito di certo dal profumo di salsicce e piadine. Non lo abbiamo scelto, è lui che ci ha voluti. Quando lo abbiamo portato a casa  con un guinzaglio improvvisato era poco meno che un paio d’occhi poggiato su un mucchio d’ossicini e una pelliccia meticcia. Si chiama “Chef” partendo dall’assunto che essendoci molti cuochi che sono dei cani anche un cane poteva ben portarsi quel nome e peraltro da noi se non si ragiona di cucina la vita pare insipida. Mia figlia, una cucciola ancora, con l’arrivo di Chef è diventata una perfetta dog sitter da terrorizzata che era dai quattrozampe, la mamma che ha adottato Chef esercita un supplemento di maternage. Io sono l’addetto al veterinario e forse per questo Chef mi tratta come fanno i cuochi con i critici: un po‘ mi adula, molto mi teme. Quando abbiamo annunciato agli amici che era   arrivato un cane a casa nostra tutti hanno pensato ad un Corgi (sono i cani di sua maestà Elisabetta seconda d’Inghilterra) o almeno a un Cocker spainel, o magari a un Dalmata che fa tanto noblesse o a un sussiegoso Basset Hound. Noi abbiamo spiegato che il   nostro è un “pagliaio terrier”, razza pregiatissima di cui si trovano ramificazioni genealogiche pressoché infinite e solitamente ospitati nei canili municipali. Da Capodanno al 5 gennaio per la prima volta abbiamo lasciato Chef a balia dai nonni. In campagna dove vive anche Selly. Pure lei è di una razza specialissima: è una “rough dog” (cane rustico si tradurrebbe) pure lei con un’adolescenza difficile al canile municipale. Selly ora è una vecchia saggia a quattro zampe che condivide la cuccia con Chef quando il nostro cucciolo va in trasferta a Villa Potenza. Ma sono trasferte di poche ore. Solo per questo pezzo di feste Chef è rimasto senza di noi. Eravamo tranquilli: i nonni si occupano di lui come un’ulteriore nipote e la compagnia di Selly è sufficiente a riempire di corse, di giravolte, di lotte per la scodella le ore di Chef che lì gode anche della petulante energia di una terza cagnolina: Shakira. E’ la sola tra i tre a vantare una razza definita: è un Pincer che dati eccessi alimentari assomiglia ad un wrustel a quattro zampe, ma che raramente si   avventura fuori dal perimetro della casa di cui peraltro rivendica una proprietà quasi esclusiva.

WP_000257Ebbene stamani (sto scrivendo nel pomeriggio del 5) era già programmato di andare a riprendere Chef per riportarlo a casa. Ma a un certo punto della mattina abbiamo sentito un abbaiare insistente lungo la nostra strada. Abbiamo guardato lungo le mura, poi in giardino, poi ancora nei cortili vicini per scoprire chi fosse il cagnolino implorante. In realtà ci pareva la voce del nostro Chef, ma pareva impossibile anche perché i nonni avevano avvertito della momentanea scomparsa di Selly e Chef con Shakira trionfante per essere rimasta l’unica proprietaria dello spazio domestico. Ma eravamo persuasi che i due la signorina attempata e l’esuberante garzoncello se ne fossero andati per campi a caccia di qualche topolino campagnolo o di qualche leprotto infreddolito. Poi per scrupolo abbiamo aperto la porta e come una saetta, come una palla di pelo lanciata da un cannone, come un fulmine d’amore Chef ha fatto irruzione. Siamo rimasti senza parole: ma come Chef qua? E come ha fatto? Ma la stupore è trasformato in commozione e poi in pioggia di lacrime di gioia quando abbiamo scoperto Selly in mezzo alla strada che stava vigilando perché essere sicura che il suo amico avesse ritrovato la strada di casa.  Nessuno dei due aveva mai fatto da Villa Potenza al Centro di Macerata passo a passo –   sono sei chilometri tutti in salita – e ci siamo chiesti come abbiano fatto non solo a trovare la casa di Chef, ma come il nostro cucciolo abbia comunicato alla sua amica il desiderio di arrivare fino alla sua cuccia quotidiana e come lei abbia capito che doveva accompagnarlo. Selly si è comportata come una mamma, ha sorvegliato la marcia di Chef, ne ha seguito i passi – che devono essere stati duri e faticosi: è graffiato da i rovi – ma ha anche aspettato per essere sicura che la missione fosse compiuta. Ma la meraviglia è   stata vedere Chef che si è affacciato alla porta per invitare Selly ad entrare. Lei timorosa – nonostante sia abituata a noi – ha esplorato col naso tutta casa: poi tranquilla ha aspettato un “cordiale”. Hanno bevuto tantissimo dalla stessa ciotola, si sono spartiti un po‘ di fesa di tacchino, poi hanno ripreso a giocare. Abbiamo riaccompagnato Selly dai nonni e Chef ripartendo sembrava salutarla con la zampa.

E‘ una minima favola dell’Epifania che a noi ha riempito il cuore di una gioia commossa. Abbiamo capito quanto Chef tiene a noi, siamo stati presi in un vortice di emozioni e di affetto, abbiamo compreso come la solidarietà sia sincera se è istintiva. Una domanda ci si è posta: siamo noi umani davvero i migliori amici dei cani? Ma soprattutto siamo proprio sicuri che un mondo cane sarebbe peggiore del nostro? Ecco questa è la nostra Epifania;   la rivelazione di una minima verità che ci è stata donata da questa favola reale: il sentimento d’amore sorpassa ogni barriere. Grazie Selly, grazie Chef per avercelo insegnato. A piccoli passi, da oggi, anche noi stiamo incamminandoci sulla vostra strada. Cerchiamo compagni di viaggio! Buona Epifania a tutti!



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