di Enrico Marcucci
Gli Unicam Jazz Quartet tornano allo scoperto dimostrando di voler mettere le radici nel terreno della musica jazz italiana ed internazionale con il loro ultimo disco, “Don’t be afraid” (Emme Music Production 2013), inciso con la partecipazione ed entusiasta dedizione di uno dei chitarristi del genere più acclamati del momento, Jonathan Kreisberg, conosciuto dai quattro durante l’evento Fara Music Festival che li vide protagonisti e vincitori. La formazione, nata precisamente sei anni fa nell’Università di Camerino che da nome al quartetto e vede Fabio Marziali al sax alto, Alberto Napolioni al pianoforte, Stefano Battaglia al contrabbasso e Giacomo Zucconi alla batteria, porta così a compimento quella che nel 2010 era apparsa come una “Nuova Speranza” dall’incontro, per mano dell’associazione Musicamdo, con Paolo Piangerelli direttore della casa discografica Philology che scelse per l’appunto di produrre in quell’anno l’opera prima del gruppo, “New Hope”. Il disco, che prende il nome dall’omonima canzone “Don’t be afraid” composta da Fabio per rassicurare la madre in fase di divorzio, mostra un approccio alla strutturazione compositiva da veri artigiani, ricca di ampi spazi compositivi liberi a coniugare le parti tra loro con un sound personale e distinguibile grazie anche alla collaborazione sapientemente attenta del laziale Tube Studio che ha assistito la realizzazione del disco. Fraseggi di sax che verrebbe voglia di riprodurre fischiettando come in “Green Dream” e la stessa “Don’t be afraid” (dove è chiara la maestria tecnica di Kriesberg) o melodie quasi in forma di canto che acquietano e rapiscono dolcemente l’ascoltatore lasciandolo sognante in “A second of rest”. Dalle due canzoni appena citate risulta inoltre evidente e accalorata la complicità fra il quartetto e lo stile personale del chitarrista. L’atmosfera si fa poi misteriosa e profonda spingendoci con la corda tra le dita e il legno di un contrabbasso che viene a trattenerci dall’alto seguito dal risveglio della batteria in controtempo, come a tenerci fermi per l’arrivo immediato della voce nervosa e delicata di un sax deciso che sa sempre rapire e lascia spazio continuo alle derive fluide ed ben distinte del piano in “Deep Dive”. Gli Unicam ci persuadono una seconda volta dando prova di una maturata esperienza nelle doti di gruppo con arrangiamenti freschi e ben armonizzati, allargando quello che è il significato del disco ad un livello più generale, ad un senso più ampio, testimoniando che non bisogna aver paura di perseguire le proprie idee, i propri sogni e le proprie ispirazioni e che il futuro è già presente e per questo va continuamente affrontato e non temuto, cosa evidente in musica sia in qualsivoglia altro lavoro ci si dedichi.
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