In memoria di Andreea Christina

Riflessioni su uno dei più brutali omicidi avvenuti nella nostra provincia

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omicidio-porto-potenzadi Giuseppe Bommarito *

“Sei stata tolta da questa vita da un crudele destino”: c’è questa frase, con la foto di una giovane donna sorridente, nel piccolo manifesto mortuario affisso anche a Macerata a ricordo della tragica morte di Andreea Christina Marin, la ragazza romena di 24 anni uccisa brutalmente a fine gennaio sulla spiaggia di Porto Potenza Picena.

Un crudele destino le ha impedito di realizzare i suoi sogni ormai svaniti e appassiti, quelle speranze, quelle aspettative che dalla Romania l’avevano portata giovanissima nelle Marche, prima a Macerata e poi sulla costa, costretta a crescere troppo in fretta e sbattuta ben presto nei gironi infernali di improbabili lavori nei quali aveva messo in gioco il proprio corpo, cercando di salvare la sua anima. Quei sogni che ora sono racchiusi in lei e custoditi per sempre nel cimitero di Porto Potenza Picena, dietro una lastra di marmo che idealmente separa il nostro mondo dall’aldilà, immenso e sconosciuto.

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Andreea Christina Marin

Chissà  se nel momento della brutale aggressione e delle tante feroci sprangate sulla testa Andreea Christina avrà avuto il tempo di accorgersi che la sua vita terrena si stava spegnendo e che lei era spinta lontano, molto lontano, in procinto ormai di iniziare il Grande Viaggio verso l’ignoto, l’eterno, l’infinito. Chissà se dall’alto, come una spettatrice disinteressata, avrà visto il suo corpo martoriato, la sua testa offesa e sanguinante, i suoi carnefici ancora all’opera, mentre vigliaccamente stavano portando gli ultimi colpi, sempre più violenti, sempre più ravvicinati, per essere sicuri di aver eseguito alla perfezione il compito a loro assegnato. Frazioni di secondo segnate dalla spietatezza, che hanno stravolto per sempre l’esistenza di tante persone, un soffio nel buio prima che la furia venisse meno e una quiete irreale si imponesse nel silenzio notturno della spiaggia.

Poi finalmente, dopo tanta paura e un dolore senza fine, per Andreea Christina, ormai passata in un’altra dimensione, tutto è finito e tutto è cominciato. Un ultimo sguardo ai suoi assassini, anche e soprattutto a quello che non era lì presente, il più colpevole, il più vigliacco di tutti, e infine per lei la pace, la Luce.

Eccoli i suoi assassini, i suoi carnefici, almeno quelli che in virtù di un piano premeditato l’hanno aspettata nell’androne scuro del palazzone di Porto Potenza che incombe sul mare, infierendo senza pietà su di lei nell’ascensore e subito dopo in spiaggia: coetanei di Andreea Christina, senza un lavoro, senza un impegno scolastico, annoiati da una vita priva di significato, senza la ricerca di un progetto che non fosse quello di fare i soldi facilmente (come?), di dormire tutto il giorno e di spassarsela la notte nelle discoteche e nei locali notturni. Un viaggio verso il nulla terminato con un’esplosione di ferocia inaudita e con un omicidio efferato. Eccoli mentre fuggono per andare a rassicurare il mandante sull’esito “positivo” dell’operazione e riscuotere il prezzo del sangue versato, per poi, dopo una breve bevuta, tornare tutti sul posto a dare un’ultima occhiata a quel corpo oltraggiato e trattato come carne da macello, ormai senza vita.

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Sandro Carelli, fermato dai Carabinieri

Ragazzi problematici, certo, anch’essi con un passato non facile alle spalle. Adozioni mal riuscite, rotture familiari, precoci abbandoni scolastici, assenza di valori positivi, cattive compagnie, probabilmente anche le sabbie mobili dell’alcol e della droga. Ma la colpa non è sempre altrui e la responsabilità per un fatto così terrificante e senza senso è prima di tutto individuale. Niente e nessuno potrà mai giustificare un groviglio così incredibile di crudeltà, di bestialità, di vigliaccheria, di freddezza, di stupidità, come quello che tramite quei ragazzi e il loro mandante si è tragicamente materializzato nell’aggressione omicida ai danni della povera Andreea Christina in quella terribile notte di fine gennaio sulla spiaggia di Porto Potenza Picena.

E poi, anzi, prima di ogni altra cosa, c’è quell’avanzo di umanità che non solo ha commissionato l’omicidio di una ragazza nell’alba della sua vita, colpevole di non amarlo più e di volere solo i suoi soldi (come se fosse possibile parlare di “amore” tra un uomo di sessanta anni ed una giovane poco più che adolescente in un rapporto esclusivamente basato sui rapporti di forza e sul denaro), che non solo ha contribuito fortemente a rovinare per sempre tre giovani senza testa trasformati in schegge impazzite, ma che addirittura si è premurato di chiamare tra i carnefici suo figlio ed ha armato anche la sua mano.

Qui non siamo più nel campionario purtroppo vastissimo dei genitori che proteggono i figli che sbagliano anche dinanzi all’evidenza, dei padri che giustificano tutto e rinunziano all’esercizio dell’autorità paterna, dei padri che fuggono in cerca dell’eterna giovinezza, dei padri che non spiegano ai loro figli che, se non vogliono studiare, un lavoro, magari faticoso e ingrato, potrebbero pure trovarlo (ad esempio, quelli destinati, per un inconsapevole razzismo che alligna in tutti noi, agli stranieri), dei padri che si limitano a finanziare i figli fregandosene dell’educazione e della trasmissione dei valori sociali, morali, culturali, politici, religiosi …

omicidio-christinaNo, qui c’è ancora di più, molto di più, qui veramente il Male ha raggiunto abissi inauditi. In questa vicenda infatti un padre ha spinto suo figlio a uccidere per quattro soldi, lo ha convinto ad arruolare altri assassini, a fare vigliaccamente gruppo per mandare all’altro mondo una povera ragazza incapace di difendersi! In questa storiaccia senza un briciolo di umanità un padre, invece di considerare suo figlio come il bene più prezioso, lo ha utilizzato per una sua vendetta personale, per una spedizione di morte, verso un omicidio che a quel ragazzo assicurerà tormenti infiniti per tutta la vita e decenni di galera.

Pene esemplari, quindi, senza ipocriti buonismi, e certezza della pena, per tutti ma soprattutto per il più anziano del gruppo, il mandante, il più esecrabile, il più colpevole.

Per noi, per la società cosiddetta civile, per le famiglie, per le istituzioni, per la Chiesa, l’obbligo di riflettere a lungo e senza ipocrisie su una vicenda terribile che racchiude problematiche che costituiscono altrettanti nervi scoperti: la situazione giovanile, il rifiuto educativo praticato da tanti nuclei familiari, l’accoglienza troppo facile nel nostro Paese di persone che arrivano senza un lavoro e senza arte né parte, e che, per scelta o per necessità, si ritrovano ben presto su un marciapiede o sulle scorciatoie del traffico e dello spaccio della droga, il fenomeno delle dipendenze, certi stili di vita oggi prevalenti e basati solo su un vuoto e vacuo apparire.

* Giuseppe Bommarito

Avvocato e presidente onlus “Con Nicola, oltre il deserto di indifferenza”



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