La Provincia di Macerata ha indetto un’asta pubblica, con offerte segrete, per la vendita di tre ex case cantoniere. Gli immobili, che fanno parte del patrimonio non più utilizzabile per fini istituzionali, si trovano in territorio di Camerino (località San Luca, lungo la strada provinciale “Varanese”, al km.3+320), a San Severino (località Castel San Pietro, lungo la sp.2 “Apirese”, km. 8+100) e ad Apiro (località Favete, al km. 26+300 della strada “Apirese”).
Per tutte, le relative offerte dovranno essere presentate, in busta chiusa con ceralacca, non oltre le ore 13 del prossimo 12 marzo. L’aggiudicazione verrà effettuata il giorno successivo alle ore 10 in seduta pubblica nei confronti dell’offerta recante il prezzo più alto rispetto a quello base indicato per ciascun immobile. I prezzi a base di gara sono stati così stabiliti in relazione alla consistenza e allo stato degli edifici: ex casa
cantoniera di Camerino, 125.307 euro; San Severino 118.422 euro; Apiro 110.160 euro. Il bando integrale ed i modelli per la presentazione dell’offerta sono disponibili sul sito internet www.provincia.mc.it/provincia alle voci “Bandi” e “Immobili in vendita”. Per informazioni sull’asta: Servizio amministrazione patrimonio della Provincia, Corso della Repubblica, 28 – 2° piano (tel. 0733-248535 oppure 248539).
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Niente più della casa, in tutte le accezioni del termine, può definire il significato del possesso, dell’appartenenza ad una determinata comunità e rievocare tutti quei valori strettamente connessi. Dalla cascina alla casatorre, dal casolare al casone, dal casino di caccia e non solo alla casa del giardiniere. Definizioni sempre più desuete che stanno sparendo dal nostro linguaggio nonostante permangano come toponimi oscuri ad indicare punti di riferimento specifici nelle mappe delle nostre infinite contrade. Man mano le case aggiunsero una denominazione autonoma per essere meglio identificate come luogo specifico: dalla casa di campagna alla casa colonica o rurale a quella padronale, mentre dalla domus ospitalis si passa presto alla casa di riposo, di cura eccetera. Credo che gran parte di questo sviluppo della terminologia che classifica i vari tipi di edifici sia sorta come una moda dell’epoca fascista con le sue varie case: Casa del Fascio, della Madre e del Fanciullo, del Mutilato, dello Studente ed infine arrivò Casa del Popolo che partorì le case popolari..
Non c’è dato sapere quando arrivarono quelle buffe case cantoniere poste lungo le strade principali, che rappresentano le ultime testimonianze di una civiltà scomparsa, quella dei viaggiatori che si avventuravano lungo strade polverose prive di paracarri, l’epopea dei pionieri del commercio e del turismo. Case allegre, colorate di rosso segnale, disseminate con una certa precisione e perfettamente integrate nel paesaggio, con tanto d’indicazione sulla facciata della strada statale che si sta percorrendo, del chilometro di percorrenza e della proprietà: Anas (Azienda Nazionale Autonoma delle Strade). Vere e proprie pietre miliari che davano una certa sicurezza ai viaggiatori dei tempi andati, con l’auto in panne per via della guarnizione della testata bruciata o per la calotta dello spinterogeno umido o per la gomma bucata o per il maltempo, soprattutto la neve che poteva bloccare per giorni l’intero traffico. Avevano la funzione di custodire i mezzi e le attrezzature utilizzate per espletare le operazioni di manutenzione delle strade e di sgombro della neve. Generalmente erano affiancate da autorimesse o depositi e, fino a qualche decennio fa, erano adibite a residenza del Capo Cantoniere di zona che aveva il compito di mantenere in ordine il tratto di carreggiata di propria competenza: sgombrarla dalle pietre cadute dalla montagna, dalla neve, dalla terra smottata dal greppo, pulire i fossi e controllare i ponti. Insomma il cantoniere era una sorta di viales e doveva garantire la sicurezza stradale. Nel corso degli anni Ottanta, per via degli eccessivi costi, sono state dismesse quasi tutte. Successivamente, a seguito del processo di declassificazione di numerose strade statali avvenuto nel 2001, ne sono state dismesse molte altre: alcune sono state semplicemente chiuse, altre sono invece passate agli enti regionali o provinciali che a loro volta o le hanno vendute o le hanno lasciate in completo stato d’abbandono. Ora che le nostre strade a carreggiata viabile sono contrappuntate di vivaci cartelli che indicano anche le contrade e di quei micidiali “speed check”, perché non recuperare questi manufatti infrastrutturali?
Insomma sarebbe bello salvare qualcuno di questi edifici di proprietà provinciale, che hanno avuto una grande importanza nella prima metà del ‘900 e che in qualche maniera, insieme alle stazioni di servizio, hanno sostituito le stazioni di posta.
Ai nostri assessori provinciali suggerirei di impegnarsi per recuperare (magari insieme ai colleghi della provincia di Perugina) almeno qualche casa cantoniera.
Concordo con l’Architetto Bonifazi: alcune Case Cantoniere sono veramente belle e meritrebbero di essere rimesse a posto come ricordo.
La Provincia va chiusa prima che si venda anche la pigna della colla! Ricordo sommessamente che Villa Lauri venne venduta all’Università nel 2001. Al tempo in cui Presidente della Provincia era Sauro Pigliapoco e assessore alla cultura Renatino Pasqualetti.
Villa Lauri quella che era stata acquistata dalla provincia per farci (ipoteticamente) un’Accademia della Musica, in parte ristrutturata e dove, di notte e in silenzio, passarono poi i ladri a fregarsi tutto quello che era possibile asportare (placchette della luce compresa)????
@ Gianfranco Cerasi
Il conte Tommaso Lauri donò alla città il viale e l’intero territorio di Sasso d’Italia: l’unica area di Macerata tutelata ai sensi della legge sulle bellezze naturali, ora quasi del tutto devastata da costruzioni dalla pessima qualità edilizia, compreso l’Osservatorio geofisico.
Villa Lauri venne ereditata dalla Congregazione di Carità, la quale nel 1901 la cedette alla Provincia che la destinò a sede distaccata del manicomio (in quegli anni c’era il boom dei malati di mente).
Dal verbale di consegna di Villa Lauri alla Provincia si possono ricostruire gli edifici scomparsi: la serra con cinque vetrate, il roccolo, la torre, la colombaia, il laws tennis, il capanno di legno, i vari accessori, la nicchia murata per il tiro a segno con bersaglio di ferro, i semibusti di Cavour e Vittorio Emanuele II su due nicchie murate lungo lo stradone di tramontana, una vasca e pozzo con collo murato di pompa lungo lo stradone che porta alla Capanna dello Zio Tom, altra cisterna e vasca di fronte alla torre munita di pompa, una cavallerizza recinta in parte con cancello di ferro e pozzo annesso, un fabbricato ad uso capanna, colombaia, porcile, pollaio, una lapide in memoria del conte Virgilio Lauri. Dietro il fabbricato centrale vi era inoltre un recinto con pilastri murati e sbarre di ferro e un tavolo di pietra con basamento in ferro. Nel lato Nord una gradinata con soglie di pietra ed una neviera in muratura coperta di tegole e, nel lato Sud, due tavoli di pietra con piedi di ghisa.
Si avanza l’ipotesi chela VillaLaurisia stata progettata dall’architetto Ireneo Aleandri intorno al 1841. Ciò si deduce da un manoscritto conservato pressola Bibliotecacomunale di Macerata: «Memorie di Ireneo Aleandri Architetto». Nel documento è scritto che l’Aleandri a Macerata aveva progettato il casino dei fratelli Paoletti e quello del Sig. Giovanni Lauri (zio di Tommaso?).
Villa Lauri, in contrada Montalbano (monte dei pioppi), è racchiusa da un muro fatiscente che funge più da barriera psicologica che da recinzione protettiva. Sul complesso, abbandonato da anni, grava da tempo una cortina di silenzio spesso rotta da annunci e depliant patinati di scarso significato concreto, da slogan trionfalistici e protocolli d’intesa. Al contrario questa villa sta crollando grazie all’indecisionismo tipico degli amministratori. Tante chiacchiere e neanche un progetto esecutivo. Infatti dal 1982, dopo lo smantellamento del tubercolosario, la villa ha rappresentato in maniera egregia una sorta di biglietto da visita della Provincia di Macerata, la provincia dei primati e della Terra delle armonie. Nel 2001 il complesso del conte Tommaso Lauri fu venduto all’Università. Singolare la motivazione dell’alienazione che ci diede un assessore: «Perché l’Università c’ha li sordi».
(Fine)
@ Cerasi, per amor del vero la Provincia non ha mai acquistato Villa Lauri. Era un immobile di sua proprietà dato in fitto al Consorzio provinciale antitubercolare che lì vi ospitava il “sanatorio”. Poi è intervenuta la riforma sanitaria che ha soppresso il Consorzio antitubercolare e il patrimonio immobiliare è logicamente rimasto di proprietà della Provincia.
@ Mus Rugens
Il Presidente della Provincia Otello Di Stefani, con una azione temeraria, riuscì a sottrarre Villa Lauri al patrimonio che doveva passare all’Usl o ASl.
@Gabor, risultava anche a me che la “tigna argomentata” di Di Stefani ebbe la meglio sulle pressioni politiche. Un giorno ci farai sapere quant’è grande il tuo archivio e come fai a mettere le mani sempre sul fascicolo giusto. Se fossi Sindaco ti nominerei alla presidenza dei curatori della biblioteca.
@ Mus Rugens
Grazie! Su Villa Lauri sono particolarmente preparato e dispongo di tanti documenti. Tuttavia per quanto mi è dato sapere il buon Di Stefani si portò via le chiavi.
Nel 1987, quando entrai per la prima volta nella villa per rilevarne il complesso, trovai parcheggiati due di quei pullman attrezzati che venivano usati una volta per fare le lastre alle scolaresche