di Lucia Paciaroni
“L’umanesimo planetario, che permette di uscire dalla siccità e dal sonnambulismo, è oggi una necessità vitale”. Sono state queste le ultime parole di una intensa lectio doctoralis su “Le sfide della conoscenza per un umanesimo” di Edgar Morin, uno dei maggiori filosofi viventi, maestro del pensiero della complessità, al quale questa mattina è stata conferita la laurea honoris causa in Scienze pedagogiche dall’Università di Macerata.
“Motivo di orgoglio” per il rettore Luigi Lacchè, al suo primo conferimento di laurea da quando è stato eletto, che ha ricordato un importante pensiero di Morin sulla cultura, che considera “frammentata e spezzata in due blocchi, da una parte la cultura umanistica e dall’altra quella scientifica”. “E’ uno studioso che ha pochi eguali nel mondo e il nostro Ateneo ha la predisposizione per accogliere il suo messaggio scientifico” ha aggiunto il rettore.
Morin ha parlato delle tre definizioni di uomo, “homo sapiens, homo faber e homo economicus”, definendole “una visione mutilata e riduttiva”, tenendo conto infatti che “l’homo sapiens è anche demens, ossia capace di follia” e sottolineando con determinazione che “l’umanesimo è una cosa di passione e di ragione, sono legate”. “Quando si parla di homo faber, si dimentica l’idea delle mitologie e delle religioni, sono figure che vanno sempre insieme, mentre l’homo economicus è colui che fa tutto per i propri interessi, ma è anche homo ludens, del gioco”. Morin afferma quindi la complessità della realtà umana e che tutti questi tratti contraddittori vanno integrati e legati. Ha parlato della “doppia identità” che l’uomo ha, “dei problemi che sono per tutti uguali, quelli della fame, dell’economia che non ha nessuna regolamentazione, della moltiplicazione delle armi di distruzione, del fanatismo religioso”. In tutto questo “c’è una minaccia mortale per il destino della comunità”.
La sua lectio è stata ascoltata da tutti con grande attenzione in aula magna, che non è riuscita a contenere le tantissime persone che hanno voluto partecipare alla cerimonia, giovani e meno giovani, ragazzi delle superiori ed ex studenti che hanno letto tanto di Morin. La cerimonia, seguita da circa quattrocento persone, è stata anche tramessa in diretta sul sito dell’università e un numeroso pubblico l’ha seguita dall’auditorium San Paolo.
Morin, avviandosi alla conclusione, ha sottolineato come “oggi l’umanista deve rispettare le diversità umane e l’unità e la divisione sono inseparabili” e come “la globalizzazione sia la cosa migliore, così come la peggiore perchè sono arrivati tutti i pericoli di sviluppo scientifico e tecnico”. “Il sistema terra è condannato alla regressione, alla distruzione o alla metamorfosi?” ha incalzato Morin, ricordando però che “non dobbiamo dimenticare il passato e che dalle grandi crisi si possono generare importanti correnti di rinnovmento, spesso ad opera di poche menti”. Va accolta quindi “la sfida per un umanesimo planetario, la sfida della conoscenza umana complessa, per un’etica planetaria, per un pensiero complesso e non mutilato”.
La tradizionale laudatio è stata pronunciata dal professor Sebastiano Porcu, che ha focalizzato alcuni dei principali contributi di Morin attraverso i quali ha portato allo sviluppo delle scienze sociali e delle scienze umane, evidenziando la proposta del grande filosofo, ossia quella di “un nuovo umanesimo, anzi, d’un umanesimo meditterraneo”. Riportando il pensiero di Morin: “Non un umanesimo della dominazione della natura che fa dell’uomo il re del mondo e del cosmo”, che rappresenta “un umanesimo distruttivo”. “Quando l’uomo ha voluto dominare totalmente il pianeta è arrivato il disastro ecologico. Oggi bisogna puntare ad un umanesimo della modestia, della fragilità umana, della finitezza dell’uomo ma che sia finalmente al servizio di tutti gli umani senza differenze di sesso, di razza e di religione”. E’ stato poi il professor Edoardo Bressan a leggere il dispositivo di conferimento.
Prima della cerimonia Morin è stato accolto in Comune dal sindaco Romano Carancini e dall’assessore ai beni culturali Stefania Monteverde. Presenti anche Primo Boarelli, ex partigiano e componente del direttivo dell’Anpi, insieme al presidente Lorenzo Marconi che hanno portato il saluto dell’associazione. La Resistenza fa parte infatti della storia e dell’impegno di Morin, che si è legato al socialismo ai tempi del fronte popolare francese e della guerra civile spagnola, entrando nel 1942 nella Resistenza con il nome Morin che tutt’oggi gli è rimasto (il suo nome per intero è Edgar David Nahoum Morin).
“La città di Macerata è onorata di accogliere uno degli uomini che hanno costruito il Novecento – ha detto Carancini – prima attraverso la Resistenza e poi con la sua attività di studioso del dialogo interculturale, della pace e dello sviluppo. La sua presenza nobilita la nostra città, la cui storia e i cui grandi figli, a cominciare da padre Matteo Ricci, percorrono strade di alti valori ed interculturalità.”
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