Uno degli elementi che caratterizzava una parte del giardino (parco, boschetto e selva) delle ville dei tempi andati era il roccolo: appostamento fisso per l’uccellagione composto da una struttura vegetale a forma semicircolare o a ferro di cavallo, dove venivano poste reti verticali per catturare gli uccelli. Spesso al centro dell’esedra veniva costruito l’edificio per l’appostamento dei cacciatori nell’attesa del passo, sicché si può far derivare il roccolo da rocca in considerazione che veniva impiantato solitamente in posizione elevata, come ad esempio quello che faceva parte della dimora dei conti Folchi-Vici a Valcerasa di Treja. Ecco come Margaret Collier descrive questa indolente tecnica di caccia: <E’ un sistema di catturare gli uccelletti per mezzo di una rete che racchiude un ampio spazio intorno a una capanna in cui lo sportivo passa la giornata spiando dalla finestra. Questa rete è piena di tasche per catturare gli uccelli e tutt’intorno vi sono appese delle gabbie in cui cantano uccelli accecati che con il loro canto attirano altri uccelli. Nel recinto vengono agitati rami in direzione delle reti per spingervi le vittime>.
Come richiamo venivano utilizzati anche appositi fischietti e quei “specchietti per le allodole” che danno origine ad un proverbio popolare. Questo sistema di caccia era molto praticato anche dalle nostre parti: di significato immediato l’eufemistica iscrizione che si legge sul roccolo di villa Costa a Collevario: “Guai a ugel che sosta nel roccolo dei Costa”. Probabilmente i marchesi Costa costruirono la propria dimora e l’originale roccolo con l’attività di tesorieri e anche con i profitti dell’osteria di Sforzacosta, magari dopo aver visto il cervo dalle corna maestose sovrastante la splendida palazzina di caccia di Stupinigi, o più probabilmente il cervo che secondo la leggenda predisse l’uccisione dei genitori al cacciatore patrono di Macerata: San Giuliano. Anche il conte Tommaso Lauri deve essere stato un cacciatore. Un gran cacciatore. Infatti, come si evince da un cabreo dell’Ottocento del giardino romantico di Villa Lauri, faceva parte del complesso anche un boschetto per tordi con tanto di roccolo, oltre al tempietto, alla capanna dello “Zio Tom”(una sorta di sala di lettura Cafè Haus), alla Torre Belvedere posta sulla parte più alta del colle di Montalbano e in origine circondata da un parterre. Ora che è stata riaperta la caccia (leggi l’articolo) ai seguaci di Nembrotte, non rimane che ascoltare la Sonata per pianoforte di Beethoven comunemente chiamata “La Caccia”.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
ringrazio Gabor per questo interessante amarcord ke e’ finestra sul passato e spunto di riflessione sula situazione attuale, dai roccoli x la caccia alle odierne sedi dei cacciatori
la tutela dell’ associazionismo e’ principio fondamentalea, ma mi sento di ridire sull’ eccessivo riguardo di cui godono le associazioni di cacciatori sul territorio , che spesso usufruiscono di contributi pubblici sotto diverse forme spesso elargiti grazie alle amicizie altolocate e grazie alla consistenza del portfolio di voti .
per esempio a treia ci sono ben 2 associazioni che hanno sede in 2 bei locali nel centralissimo e bellissimo centro storico . le sedi sono di proprieta’ del comune .
se proprio dovevano assegnare una sede era meglio dargliela in un posto piu’ decentrato , ma a parte questo e’ molto curioso ke una di queste 2 associazioni ha sede in un locale prima di proprieta’ di un privato . ill comune di treia glie lo ha acquistato e’ stato ristrutturato e adesso spesso e volentieri questo ex proprietario e’ possibile vederlo all’interno del locale intento nelle sue mansioni…..…. non mi pare di certo corretto