«Loro Piceno è per noi il suo castello, è come se Roma vendesse il Colosseo». Sono queste le parole con cui Agnese Antinori, lorese doc e presidente del Comitato per la tutela del Castello Brunforte, commenta la possibile alienazione del monumento simbolo del comune. Attualmente appartiene alle suore domenicane, tre delle quali vivono ancora oggi al suo interno, che ne sono diventate proprietarie 105 anni fa ma è in corso una trattativa per l’alienazione dell’immobile. Essendo il Castello di Brunforte un bene culturale, l’iter per l’alienazione è piuttosto complesso e richiese anche l’intervento del competente Ministero, il quale fino ad oggi ha acquisito i necessari pareri (positivi quelli della Sovrintendenza e della Provincia di Macerata, negativi quelli di Regione Marche e Comune di Loro Piceno). Nei mesi scorsi il sindaco Daniele Piatti ha chiamato a raccolta i suoi cittadini e ha reso partecipe tutta la comunità del probabile destino che attendeva il Castello. Se molti loresi si sono rassegnati all’eventualità di perdere un bene identitario del paese, altri invece hanno deciso di opporsi all’alienazione di un simbolo storico e culturale e hanno fondato il comitato per la tutela del Castello Brunforte che conta oggi più di 50 membri di cui solo la metà cittadini di Loro Piceno . «Sappiamo che per noi sarà una dura battaglia – sottolinea appassionata Agnese Antinori – la strada è in salita ma non possiamo tirarci indietro. Per noi la vendita del Castello è una profanazione e abbiamo anche chiesto alla Provincia di rivedere il suo parere in proposito. Pensiamo ad un progetto di riutilizzo che potrebbe farlo diventare il volano della nostra economia».
D’altra parte, il primo cittadino Daniele Piatti è costretto a fare i conti con le casse comunali sempre più vuote: «Il Ministero non si è ancora espresso ma noi abbiamo già dato un parere negativo, non possiamo fare altro. Come ho già detto ai cittadini, vorremmo poter acquistare il castello ma non ci è possibile. L’unica strada percorribile, in caso di vendita, è quella di accordarci con il privato per la fruibilità pubblica. Chiederemo anche di avere un nostro rappresentante» .
In merito alla vicenda, il “Comitato di cittadini costituito per la tutela del Castello Brunforte” , in una nota, oltre a ripercorrerne la storia,chiede al Comune di Loro Piceno dei precisi interventi: “Il procedimento per la vendita del Castello/Monastero di Loro Piceno, avviato dalla Priora delle Domenicane, non si è ancora concluso; infatti il Ministero non ha emesso a tutt’oggi il decreto di autorizzazione alla vendita a privati. Valide ragioni di carattere ideale, morale ed economico-finanziario, tutte ampiamente documentabili, impongono che il Castello non diventi proprietà privata, ma torni ad essere della comunità lorese. Il Castello, prima di diventare Monastero, è stato Palazzo Pubblico per oltre 500 anni (dal sec. XIV al sec. XVIII compreso), sede degli organi di governo del Municipio, al quale è appartenuto fino al 1906. Sarebbe veramente assurdo pensare che il Comune di Loro Piceno possa perdere una struttura così fortemente identitaria dal punto di vista storico-artistico, civico e religioso. Il Monastero è stato eretto nel 1693 con le donazioni di benefattori loresi e con i contributi del Comune, adattando a convento una piccola parte del Castello stesso, e cioè le quattro o cinque stanze del Palazzo del Magistrato, dove si amministrava la giustizia. Con il passare del tempo, le monache hanno finito per occupare l’intero immobile, che ha una superficie di 1.600 mq, distribuita su 4 piani e costituita da 65 vani; il giardino dell’ultimo piano si estende per 772 mq. Il Comune di Loro Piceno, dagli inizi fino al 1906, si è fatto sistematicamente carico della manutenzione del Monastero, che ha gravato per secoli sul bilancio della comunità. Le Monache Domenicane lo hanno sempre avuto “in concessione” dal 1693 fino al 1906, come è documentato da atti e delibere comunali conservati nell’Archivio storico del Municipio. Nel 1906 il cav. Enrico Mori di Loro Piceno, con gesto di grande generosità, acquistò il Castello dal Comune (che lo aveva messo in vendita non essendo più in grado di sostenere l’ingente costo della sua manutenzione) e ne fece dono alle Domenicane, per evitare che queste dovessero lasciare il paese. Le Monache, pertanto, ne sono diventate proprietarie solo da 105 anni. I lavori di restauro e consolidamento dell’immobile, dagli anni ’40 ad oggi, sono stati quasi sempre realizzati con finanziamenti pubblici, comportando spese onerose affrontate con “i soldi di tutti”, fino all’ultimo finanziamento regionale per i danni del terremoto del 1997, che è ammontato a 668.449,38 Euro. Il Comitato per la tutela del castello Brunforte, costituitosi lo scorso maggio per opporsi alla vendita a privati, ha recentemente presentato al Sindaco di Loro Piceno, e per conoscenza all’Amministrazione comunale, la proposta di attivare contemporaneamente due iter: quello della Donazione e quello della Fondazione, chiedendo di inserire nell’Ordine del giorno di un Consiglio comunale aperto, le istanze di avanzare tempestivamente alle autorità ecclesiastiche competenti la richiesta formale di donazione del Castello/Monastero a favore della comunità di Loro Piceno, attraverso una petizione scritta contenente le ragioni per cui il Castello sia reso ai Loresi e nello stesso tempo percorrere in modo formale, secondo l’impegno assunto dall’Amministrazione nel Consiglio comunale dell’11 maggio scorso,la via per costituire una fondazione in cui il Comune abbia la maggioranza con un ruolo preminente. Il Comitato ha dato la disponibilità ad affiancare e sostenere fattivamente l’Amministrazione comunale e il suo legale rappresentante per il buon esito degli iter suddetti. Il sindaco si è riservato di concedere la convocazione del consiglio comunale, dopo aver sentito il parere della Giunta».
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I pareri della Regione, della Provincia e del Comune non valgono un fico secco! Tuttavia uno dei tre Enti può esercitare il diritto di prelazione come previsto agli artt. 61,62 del Codice Urbani (Dlgs n. 42/2004).
perche’ non chiedere alla Fondazione Carima di comperare il Castello!
@ persichetti, ecco un vecchio articolo (31/08/86) di Luciano Magnalbò che anticipa in qualche maniera un risarcimento
L’oro di Loro
DALL’ALTO DEL MONTE, serrati nell’altero castello, ringhianti e torvi per detenere il potere, che allora si misurava mediante i larghi spazi del feudo, violenti, orgogliosi, lussuriosi e carnali, i Brunforte dominarono il territorio che da Loro Piceno discende alle valli circostanti.
Poi approdano a Fermo e non v’è nobile famiglia fermana che non vanti vagazioni in casa di qualche spermatozoo dell’illustre famiglia.
Dei Brunforte a Loro è rimasto solo il castello, che poi identifica il paese in quella razza padrona, e null’altro, se non, naturalmente, qualche segreto discendente di segreti amori tra padroni e servi, tra feudatario e femmine di valvassori, valvassini, militi e rurali.
I falchi addestrati per le lunghe cacce, gli straccioni di passaggio, i mercanti di spezie e tele non dovettero faticare molto per trovare la strada, vista la posizione dominante ed emergente dell’imponente blocco fortificato e borgo annesso, e così le donne mobili, i fraticelli vaganti ed i mercenari di ogni razza in cerca di padrone pagante.
Poi, con il tempo, il frazionamento dei fondi, la polverizzazione del feudo, palazzi più piccoli attorno al vecchio castello divenuto presidio religioso, e l’emergere di nuove famiglie, sempre legate alla terra, ma senza truppe, vessilli colorati, falconi, armature, cavalli ombrosi e ius primae noctis, i Mori, i Cecchi, i Marchesi, i Mastrocola ed i Pascucci, per dirne alcune.
OGGI A LORO si organizzano extempore, le eleganti e dignitose signore di quelle nuove vecchie famiglie si prodigano, sedute all’alba di fronte ad un tavolino quadrato sotto il portico del Comune, la loro non sarà un’idea esclusiva visto che tutti organizzano extempore, ma il paese, con il suo centro addormentato e gagliardo si presta, come si presta l’infinito paesaggio circostante completamente scoperto verso tutte le direzioni, tanto ché basta girare un pochino il collo per osservare i Sibillini o il mare o il San Vicino o il monte Conero.
Anch’io il 23 agosto ho partecipato ad una extempore a Loro, era tanto che non dipingevo e il quadretto è caduto parecchie volte per terra a pancia in giù, mi sono macchiato con vera dovizia ed ho dovuto constatare che la piccola sedia di allora mi si è ristretta sotto di molto, come anche una bella e linguacciuta amica non ha perso tempo a farmi notare: all’ombra di un pergolato, con poco distante la benzinaia stesa sulla sua sdraietta in attesa dei clienti, e con vicino i miei amici pittori, tutti intenti alle loro opere che si sarebbero poi rivelate prestigiose, seppure con qualche difetto che ne ha inibito la premiazione, ho studiato il soggetto, cioè il famoso castello dei famosi Brunforte: ed alla base di esso, dove un tempo erano le sue segrete, e dove quindi erano rinchiusi i tesori della grande famiglia, esiste ora un’ordinata colata di cemento con vetri verdini infrangibili, ripiena anch’essa di altrettanti tesori, monete, cartamoneta, cambiali, assegni, e sulla cima di questa colata c’è scritto CARIMA.
Se onore e gloria va agli architetti per aver limitato il disastro con la essenzialità delle linee e la grigia semplicità dei materiali, viene lo stesso un po’ di nervoso nel trovarsi di fronte a tali insanabili contrasti di colori e volumi, ma probabilmente anche Brunforte, se avessero avuto il miraggio di vasti affidamenti, avrebbero rilasciato la concessione edilizia.
COMUNQUE LORO è mobilissima, la strada che vi conduce è costeggiata da querce che non si trovano più altrove, i vicoli silenziosi ed i palazzi vuoti sono lindi, ordinati, puliti e conservati, non branche vecchie rattoppate, ma eleganti vesti di flanella o di lino, forse solo leggermente consunte sul fondo e nei gomiti.
Poi, da ottobre, palombe e tordi allo spiedo, ben ripassati con il pilotto, e vino cotto per tutto l’anno, per ogni brindisi, per ogni occasione; si favoleggia in proposito di bottiglie antichissime, di botti profumate ed accarezzate come amanti di carne, di cantine gelosamente custodite con serrature a cassaforte.
Certo è che l’ultimo re di Loro, dal fisico spazioso e dalla grande specifica cultura, solido mangiatore, potremmo chiamarlo Nicola VIII, quel sabato 23 di vino cotto ne ha aperta una bottiglia eccezionale, del 1921, credo l’anno in cui la mamma lo fece.