Allarme Legambiente: il 58 per cento della costa marchigiana è sparito sotto il cemento

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Il 58% della costa marchigiana e’ sparito sotto il cemento. Lo denuncia Legambiente con la presentazione del primo dossier sul consumo di suolo nelle aree costiere italiane, studio che a partire dalle Marche andra’ ad approfondire la condizione dell’urbanizzazione in tutte le areecostiere italiane. Lo studio dedicato al consumo di suolo della costa marchigiana, mette in luce la gravita’ della trasformazione del paesaggio costiero negli ultimi decenni. Dei 169 km di lunghezza, da Gabicce Mare a San Benedetto del Tronto, le Marche contano 198 km di costa trasformati a usi urbani e infrastrutturali. Lo studio ha suddiviso il paesaggio costiero in 5 tipologie, industriali e portuali; i centri urbani ad alta densita’; i paesaggi urbani a bassa densita’; i paesaggi ancora agricoli e naturali.

Opere infrastrutturali e industrie occupano 13 km della costa mentre sono 51 i km di paesaggio urbano molto denso, 33 km di litorale sono occupati da insediamenti abitati con bassa densita’ che si susseguono quasi ininterrottamente lungo la linea di costa. Restano 33 km costieri che possono considerarsi ancora paesaggi agricoli e 39 km di paesaggi naturali. ”I numeri parlano chiaro – ha commentato Luigino Quarchioni, presidente di Legambiente Marche – il paesaggio costiero e’ fortemente a rischio. Le coste sono un bene finito e non rinnovabile che non possiamo permetterci di sperperare. E’ nel paesaggio che risiede la nostra identita’ e la ricchezza su cui scommettere per il futuro di tutto il territorio. Uno dei motivi che ha portato a questa situazione e’ la mancanza di tutela di queste aree, ed e’ per questo, quindi, che chiediamo alla Regione di tutelare questo enorme patrimonio, rivedendo il Piano Paesaggistico e fissando un vincolo d’inedificabilita’ assoluta, com’e’ stato fatto nel 2006 in Sardegna dalla Giunta Soru”. Sono, infatti, solo 26 i km di costa liberi dal cemento e intoccabili perche’ ricadenti nelle due grandi aree protette, formate dal Parco Regionale del Monte Conero e il Parco Regionale del Monte San Bartolo. Per gli altri 28 km di aree agricole e 14 di aree ancora naturali il rischio e’ che finiscano cancellati dalla continua crescita del cemento.

 



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