di Maurizio Verdenelli
Di quella piccola (grande) storia contemporanea maceratese fatta di costume e tradizione, “Il Pozzo” è sicuramente una parte significativa. In particolare per essere stato trentuno anni fa il primo pub del capoluogo, ma sopratutto per essere stato il focus di iniziative culturali di assoluto livello. A cominciare dal jazz con il grande Chet Baker intervistato dal giornalista Pino Scaccia -inviato di guerra del Tg1, in quegli anni redattore al Tg3 Marche- nelle sale senza tempo e dal sapore un po’ misterico del pub. Continuando con Mike Melillo, tutti geniali interpreti della ‘musica nera’ portati al ‘Pozzo’ da quel grande intenditore ed appassionato che è Paolo Piangiarelli. Poi Magdalo Mussio che talvolta disegnava sui muri (graffiti perfettamente conservati ed incorniciati religiosamente) oppure sul grande bancone del bar che la donna delle pulizie, la mattina dopo, in modo stolidamente zelante provvedeva accuratamente a …ripulire mandando in crisi gli (allora) giovanissimi patrons del pub: Umberto, Francesco & Paolo!
Poi ancora tanti nomi celebri: Al Cohn, Dario Fo, Nicola Arigliano. Lindsay Kemp e il maestro Gustav Kuhn, autentico habituè durante le caldi estati delle stagioni liriche di cui “Il Pozzo” era (ed è) un ideale dopo teatro ‘sotto le stelle’ di vicolo Costa.
E c’era anche lui, prima di dirci in modo tanto drammatico addio: Remo Pagnanelli. Il poeta de “Preparativi per la villeggiatura” aveva aperto su ‘Il Messaggero’ un’iniziativa intitolata “Il male di vivere in provincia” curata da Luca Patrassi -anch’egli appartenente a quella ‘scuola siciliana’ di giornalismo nata in quella redazione agli inizi degli anni 80. Remo, nel suo articolo, aveva pensato addirittura a padre Matteo Ricci come ad un viaggiatore che nella notte era tornato nella ‘sua’ Macerata per riandarsene deluso alle prime luci dell’alba ripartendo da quella stessa stazione ferroviaria dalla quale era disceso poche ore prima prima d’entusiasmo! Alla provocazione amara (e, bisogna dire, preveggente) di Pagnanelli risposero in tanti che poi avrebbero popolato per anni il dibattito e la politica maceratese e nazionale. Tutto si conclude con un grande evento proprio al Pozzo dove da scrive sollecitati Remo Pagnanelli e il proprio inseparabile sodale di tante avventure poetiche e letterarie, Guido Garufi, travestiti entrambi da clowns ‘provocavano’ intelligentemente un pubblico strabocchevole (e pieno di ‘orecchie’) sul ‘male di vivere maceratese’ e sui ‘padroni del vapore’ in città.
Resta ancora il gusto per la ‘sovversione’ e la trasgressione nell’evento che venerdì prossimo, Il Pozzo mette ancora in scena: “Cena Burlseque” con Lulù La Belle. Il Burlesque (da Burla) è una forma di spettacolo nato nell’Inghilterra vittoriana, nell’800, dove la sovversiva ironia sconfinava nella satira contro la classe dirigente riscuotendo naturalmente grande successo tra gli strati sociali meno abbienti. I tempi cambiano e le ‘folies’ dei poveri è diventato uno spettacolo di varietà un po’ piccante (ma non volgare) con al centro un’artista la cui femminilità veniva (tuttora) enfatizzata dai succinti abiti di scena. In Italia il genere –agli onori soprattutto negli anni 40 e 50 grazie a stelle come Tempest Storm, Dixie Evans e Bettie Page- è tornato in auge grazie alla trasmissione Sky “Lady Burlesque”. E Lulù la Belle, che ammireremo tra i tavoli del Pozzo, venerdì? “Tramite la fotografia –dice- ho appreso le pose, le espressioni e da qui ho iniziato a elaborare un mio stile personale, che lega il periodo inglese (da qui bustini, piume e pizzi) alle musiche americane degli anni 50. La mia scuola è stata la passione per quest’arte”.
Buona cena e buon divertimento!
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Probabilmente alcuni tra i migliori anni della nostra vita.
…Mio vecchio amico di giorni e pensieri da quanto tempo che ci conosciamo,
venticinque anni son tanti e diciamo un po’ retorici che sembra ieri.
Invece io so che è diverso e tu sai quello che il tempo ci ha preso e ci ha dato:
io appena giovane sono invecchiato, tu forse giovane non sei stato mai…