Gino Gladi e la grande occasione
di diventare professionista

IL PERSONAGGIO - L'ala recanatese torna a parlare della sua carriera

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Gino Gladi con la casacca bianca ai tempi della Recanatese

di Mauro Nardi

Ha indossato per oltre quindici anni la casacca giallo – rossa della Recanatese ed ha detto più di una volta no al professionismo per un lodevole senso di responsabilità nei confronti della famiglia. Gino Gladi ha rappresentato senza ombra di dubbio un’autentica bandiera della Recanatese a cavallo tra gli anni sessanta e settanta. Ala vecchio stampo, in grado di saltare con facilità l’uomo, era in possesso anche di un tiro potente e preciso che gli ha consentito di andare spesso in gol. “D’altronde da ragazzini si giocava prevalentemente negli spazi stretti – dice l’ex giallo – rosso – nelle piazzuole, nelle vie del paese. Ecco perchè crescevano molti attaccanti e pochi difensori. Giocando in pochi metri eri per forza di cose costretto a driblare l’avversario ma sopratutto a dare del tu al pallone. Questo mi ha consentito di affinare un dribbling secco che mi permetteva di saltare agevolmente il terzino. A volte però l’avversario perdeva la pazienza ed entrava duro sulle gambe. E all’epoca difficilmente il direttore di gara sventolava il cartellino”. Gino Gladi la prima ghiotta occasione per spiccare il salto l’ha avuta a sedici anni. L’Anconitana che all’epoca militava con onore nella serie C lo chiese insistentemente all’ingegnere Caradonna, uno degli storici presidenti dell’U.S. Recanatese. “Quell’anno mi misi in mostra segnando cinque gol con la Recanatese nel campionato di Promozione – ricorda Gladi – avevo sedici anni e l’anno seguente provai l’avventura all’Anconitana. Ricordo sopratutto i lunghi viaggi in autobus e le folli corse a piedi dalla piazza al Dorico per gli allenamenti. Durai pochi mesi perchè non riuscivo a conciliare sport e lavoro. D’altronde ero il maggiore di cinque fratelli e in casa serviva un aiuto. Ovviamente favorii la famiglia”. La seconda e terza opportunità coincisero con il servizio di leva, svolto a Bagheria in terra di Sicilia. ” Era l’anno 63-64, quello che per la Recanatese terminò con lo spareggio promozione al Dorico di Ancona contro la Falconarese – continua Gladi – saltai ovviamente gli ultimi incontri in quanto ero stato chiamato a svolgere il servizio militare. Naturalmente mancai anche alla finalissima che richiamò sugli spalti molti addetti ai lavori e tra questi giunse anche un personaggio misterioso a bordo di un auto targata Udine che chiese espressamente del sottoscritto. Quando venne a conoscenza che non ero in campo ingranò la marcia e se ne andò. A confidarmelo fu molti anni più tardi un vecchio tifoso della Recanatese che parlò con l’agente misterioso”.
Ma tra gli aranci di Sicilia l’ennesima e ultima occasione. “Ovviamente durante il tempo libero si giocava a pallone con gli altri commilitoni – ricorda Gladi – ed un giorno venni avvicinato da un capitano che mi invitò quasi perentoriamente a firmare il cartellino con il Bagheria che giocava in quarta serie. Furono venti mesi indimenticabili, divenni anche il capocannoniere della squadra e finito il servizio di leva mi invitarono a restare. Conservo ancora quella lettera nella quale si faceva riferimento anche ad un interesse del Palermo. Ma non potevo abbandonare la famiglia”. Tanti treni persi ma nessun rammarico. “Nonostante tutto, qualche soddisfazione me la sono tolta, partecipando alla selezione regionale e vivendo stagioni emozionanti con la Recanatese – tiene a puntualizzare l’ex ala giallo – rossa – ho incontrato tante persone fantastiche e stretto amicizie che ritrovo ogni sabato e domenica quando vado a seguire la Recanatese ma non solo. Spesso vado anche a Porto Recanati e a Montelupone dove ho concluso la carriera e allenato nel settore giovanile”. Gladi una volta appese le scarpe al chiodo, ha infatti proseguito l’avventura nel calcio in panchina. Anche a Recanati in qualità di vice allenatore. “Quasi dieci anni – puntualizza – con vari mister quali Furlan, Brizzi, Rovola, Gasparrini, Bufalari e per finire con Sergio Dal Miglio che a parer mio resta il numero uno. Non a caso ci ha regalato il primo salto in interregionale”. Una squadra gli è rimasta nel cuore, quella del 1963 / 64. “Tanto per intenderci quella dell’infuocato derby con Porto Recanati – conclude – secondo me la migliore mai avuta a Recanati con gente del calibro di Parri, Ascani, Marchionne, Medori, Guerra, Fiordomo e il grande capitano Romano Gigli. Una squadra votata a vincere alla quale diede il suo contributo anche Giuseppe Farina che rientrava dopo la lunga carriera in serie A. Quell’anno debuttò anche Pandolfi che poi passò alla Juventus di Sivori che lo etichettò come un giocatore eccezionale. A differenza del sottoscritto lui ha avuto la possibilità e la fortuna di dire di sì”.



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