di Maurizio Serafini*
“In qualità di operatore culturale che da anni lavora con le amministrazioni pubbliche, sono qua per raccontarvi di un piccolo miracolo marchigiano, esempio straordinario di come si affronta una crisi economica (specie per la cultura) senza rinunciare alla qualità e all’originalità della proposta. Nel primo week end di luglio (2, 3 e 4) ad Appignano, provincia di Macerata, è andato in scena lo spettacolo Bellente il brigante, rappresentazione storica con cena di cui ho firmato sceneggiatura e regia. E’ stata la quarta edizione e, come sempre, i tavoli dei 200 commensali previsti per ogni replica ed inseriti nella piazza del Municipio proprio in mezzo alla scena teatrale, sono stati riempiti fino all’ultimo posto, lasciando purtroppo più di 200 persone in lista d’attesa. Dello spettacolo, di come si sia riusciti a fondere le regole della scena con le esigenze del convivio e di come più di 100 attori in costume abbiano ricreato le vicende di Pietro Masi detto Bellente e la vita di una piazza paesana del primo ‘800 non vorrò parlare lasciando voce a chi ha potuto assistere. Invece vorrei sottolineare il valore umano e politico dell’esperienza che porterò per sempre con me. Un comune come quello di Appignano non ha un bilancio che gli permette di organizzare grandi eventi e soprattutto non può permettersi di sbagliare. Non ha sovvenzioni importanti e non ha neanche un centro storico rilevante. Non ha, per motivi di numeri anagrafici, significativi rappresentanti in Provincia e in Regione. Ma possiede la ricchezza più rara, soprattutto oggi: la sua comunità e il suo orgoglio identitario. Da questa ricchezza si è partiti per un’impresa che sulla carta sembrava impossibile. E l’ambizione di riuscire in qualcosa che in partenza era fin troppo grande ha fatto il miracolo. L’Amministrazione Comunale è scesa in prima linea ed ha trovato le risorse economiche (poche per una produzione come questa ma tante per un paese come Appignano) grazie anche all’apporto di tre sponsors locali; la Pro Loco, in tutti i suoi effettivi, ha lavorato instancabilmente per tutta la parte tecnica e per le scenografie; e gli attori, i tecnici, gli organizzatori hanno decurtato pesantemente i loro compensi pur di realizzare questo piccolo sogno di paese. E’ prevalsa per una volta la logica del tutti insieme verso la vittoria piuttosto che quella solita del tornaconto personale. Ed è stata una vittoria storica, senza mai polemiche, senza mai lacerazioni, con tutti i protagonisti dell’evento a remare nella stessa direzione. Credo di poter parlare a nome del sindaco, dell’assessore alla cultura, di tutti gli attori, della pro loco, quando dico che la tanta energia data da ognuno è stata ripagata con gli interessi da quella ricevuta. Vorrei solo ricordare quando la piazza era chiusa perché stavamo facendo le prove e centinaia di persone affluivano ogni sera per assistere in silenzio alla vera storia dell’appignanese Bellente, di cui ancora i nonni raccontano le gesta ai nipoti. Alla fine di ogni prova scattava l’applauso come se si fosse assistito a un vero spettacolo, anzi a un vero spaccato di vita: i nonni in lacrime, i bambini attoniti, gli adulti emozionati. Vorrei ricordare l’Assessore alla Cultura (evito volutamente i nomi) che apparecchiava i tavoli per gli ospiti con la stessa cura di quando si ha una gradita visita a casa. Vorrei anche ricordare i giovani e i bambini appignanesi che mano mano si presentavano per poter partecipare come comparse allo spettacolo; le anziane donne che ci ringraziavano d’aver fatto rivivere l’orgoglio del paese preparandoci i pasti che consumavamo in una grande tavolata di famiglia in piazza dopo lo spettacolo; gli abitanti della piazza che assistevano dalle finestre e che, nei momenti di assenza dalla scena, invitavano gli attori in casa per un fugace e silenzioso caffè. Vorrei anche ricordare gli appignanesi che hanno assistito alla rappresentazione e che prima di rientrare a casa venivano a noi, con il volto provato dall’emozione, dicendoci un semplice ma significativo “grazie”; i mastri vasai orgogliosi di servire le pietanze della cena nei loro manufatti di ceramica e le donne che hanno cucinato con grande passione nonostante gli stressanti ritmi dettati dallo spettacolo.
Ecco, spero di aver espresso esaustivamente quel che si è vissuto ad Appignano, dove, per una volta, si è dimostrato alle nostre città stanche quale può essere la risposta più efficace alle crisi, economiche sicuramente, ma soprattutto identitarie, culturali e spirituali. Non servono più vetrine per ambiziosi potentati, sperperi di denari, direttori superpagati e visibilità mediatiche se non si cura una vera radicazione nel territorio. Per una volta il jet set è stato soppiantato dal cuore di una comunità. Proprio come avrebbe voluto Bellente.”
* Artista del gruppo dei Vincisgrassi e responsabile di Artenomade
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Bravo Maurì .
Bravo Maurì .
Il prossimo anno spero di trovare posto .
Bravo Maurì il prossimo anno mi trovi un posto ?
Bravo0 Maurì !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
pensando a serafini, a quanto si “sbatte” per organizzarci eventi e spettacoli che spesso trovano detrattori tra politici e amministratori, mi è venuta in mente l’introduzione ad un libro di vignette di andrea pazienza fatta da jacopo fo: basta sostituire andrea con maurizio.
…Se l’Italia non fosse l’Italia e i democristiani non fossero tutti ladri ad Andrea gli arriverebbe un tipo con gli occhiali scuri, ci sbatterebbe sul tavolo 100 milioni in piccolo taglio e 1 chilo di libanese bauxitico e ci direbbe, facendosi le unghie col serramanico, “lavora bello, ti do 20 giorni, o mi dai un capolavoro o ti taglio le 5 dita”.
Invece i governanti hanno altro da pensare che l’arte…
ciao antonio