di Francesco Ciccarelli
Il giornalista Gianni Minà ha preso parte ad un convegno voluto dal docente della facoltà di Scienze della Comunicazione professor Gennaro Carotenuto. “Il giornalismo partecipativo” era il tema dell’intervento di Minà. Ecco cosa ha detto.
“Sono 51 anni che svolgo il mestiere di giornalista, dato che sono entrato in RAI nel 1959 e ne sono uscito nel 1994 quando la signora Moratti, allora Presidente della RAI non mi rinnovò il contratto. La voglia di fare giornalismo partecipativo l’ho vista quando a Roma si è svolta la manifestazione a favore della libertà dell’informazione. Quando sono tornato a casa mi sono dovuto sorbire, come molti altri telespettatori ed ascoltatori, un pistolotto del direttore del TG1 che contestava la manifestazione di Roma e allora lì ho capito che è finita la libertà di informazione. In passato in RAI c’era più libertà creativa e noi giornalisti e conduttori televisivi abbiamo dovuto fare la gavetta. Ricordo ancora quando entrai per seguire lo sport e quando ebbi modo di occuparmi di pugilato, di intervistare Cassius Clay che poi, una volta abbracciata la religione mussulmana, cambiò nome. Io lo intervistai quando era squalificato e lo feci negli Stati Uniti quando ancora la differenza tra bianchi e neri era profonda. Lui sapeva molto bene usare i media ed io ebbi modo di avvicinarlo grazie ad Angelo Dandi che ancora oggi vive ed ha 87 anni. Dandi emigrò negli Stati Uniti insieme con la famiglia e dovette cambiare cognome per sembrare più americano e vivere meglio. Quando intervistai Cassius Clay, che oggi ha il morbo di Parkinson ma è ancora lucidissimo e, dopo l’elezione di Obama lo si vide alla sua festa, lui mi raccontò la storia della sua vita, ma prima di concedermela entrò nella stanza dove stavo parlando con lui, un suo manager che cercò di impedirgli di rilasciarmi l’intervista perché secondo la sua opinione gli italiani contavano poco. Cassius Clay rispose che i manager si erano presi il suo spettacolo, non la sua vita e mi rilasciò l’intervista. Un altro momento che mi è servito molto nella vita lo ebbi quando in Argentina andai a vedere la conferenza stampa di presentazione del mondiale di calcio del 1978 e feci una domanda al generale La Coste sulla situazione dei desaparecidos. Dopo la conferenza stampa alcuni colleghi non mi parlarono ed altri mi diedero molte pacche sulle spalle perché avevo avuto il coraggio di fare quella domanda. Successivamente si presentò una persona che mi propose un’intervista al generale Videla, capo del governo militare argentino di quell’epoca. Io pensai a portare a casa lo scoop e sbagliai perché non avevo capito che c’erano alcuni interessi dietro, fatto sta che comunque il generale Videla mi rilasciò l’intervista, ma quando tornai in Italia mi ritrovai di punto in bianco licenziato perché il direttore del mio giornale, Vittorio Foa disse che la mia domanda era stata fatta in diretta televisiva (io non me ne ero accorto) e ciò non potevo permettermelo e di conseguenza mi fu proibito di andare in Argentina come inviato al mondiale di calcio. Io però mi sono sempre occupato volentieri di sport e fui proprio io a portare da Papa Giovanni Paolo II, grandissimo uomo e grandissimo Papa davvero, Cassius Clay in segreto. Conservo ancora le foto di quell’incontro e, anche se questo avrebbe potuto allungare di molto la mia carriera giornalistica, non ho mai voluto venderle. Oggi qualche fotografo o collega giornalista mi direbbe sicuramente che sono stato un cretino. In passato era la rete che dava consigli su come impostare i programmi e gli autori avevano libertà di scrivere i testi. Oggi non è più così perché con l’avvento della tv commerciale (ed è incredibile che in Italia una sola persona abbia tre televisioni di proprietà e faccia anche il premier), sono gli sponsor che impongono spesso il target dei programmi. Noi avevamo anche un direttore generale in RAI come Biagio Agnes che ancora oggi vive ed ha ottanta anni, che era autonomo dalla politica ed anzi era lui che andava a dire ai politici in faccia come dovevano essere confezionati i programmi. Lui era un vero democristiano dal quale ho imparato molto. Quando lavoravo in RAI comunque potei anche fare delle trasmissioni con documentari che ho girato nei paesi latino americani e del Nord e Centro America che sono stati un po’ la mia seconda patria. Lì ho anche conosciuto i più importanti cantanti della musica latino americana ed importanti attori che poi ho anche portato in Italia per intervistarli quando con il mio programma “Bliz” andavamo in onda contro “Domenica In” condotta da Pippo Baudo. Baudo è un bravissimo presentatore ed artista, ma spesso avevamo la soddisfazione di superarlo negli ascolti perché puntavamo sulle qualità nascoste della gente e non sulla tv nazional popolare come faceva e fa lui. Ho sempre cercato di far conoscere le realtà dei paesi latino americani specialmente quelli che negli ultimi anni hanno avuto un riscatto, in quanto il Presidente Brasiliano Lula ha pagato il debito estero dando una vera e propria lezione di civiltà alla comunità internazionale ed oggi ha ottenuto l’organizzazione dei mondiali di calcio del 2016 battendo gli USA. Ciò è successo perché il Brasile, come molte altre nazioni di quella realtà, avrà uno sviluppo grande in futuro sotto ogni punto di vista. L’unica eccezione è l’Honduras che veniva utilizzato fin dalla presidenza di Regan per alimentare le pressioni che gli USA facevano ai paesi del Nord e Centro America. A quei tempi Biagio Agnes mi consentiva di fare quei programmi, così come alla Domenica Sportiva avevo un direttore come Maurizio Barenson che, quando avevamo montato tutti i pezzi della moviola, veniva in studio, la guardava per pochi minuti e poi magari mi diceva in dialetto napoletano “Giannivier chistu pezzo non cià sangue” e ci obbligava a rimontarlo per la giornata seguente facendoci stare alzati tutta la notte e non consentendoci di uscire a mangiare una pizza con le nostre fidanzate. Barenson era molto meticoloso e mi permetteva di girare il mondo facendomi fare le statistiche sugli eventi sportivi che la RAI trasmetteva perché spesso entrava nel mio ufficio e mi diceva: la telecronaca la fa Paolo Rosi, ma tu datti da fare con le statistiche ed i fatti più curiosi di quell’evento sportivo, altrimenti sprecheremo solo i soldi per la tua trasferta. Paolo Rosi era un altro grandissimo collega dotato di un buon animo umano, sapeva tutto, si informava su tutto, riusciva a far stare incollato al video lo spettatore con la sua verve ed aveva giocato a rugby ad ottimi livelli. Nella mia vita anche grazie a tutte queste persone che ho incontrato, ho avuto la fortuna di capire che è bene prepararsi a lungo e studiare molto prima di fare un’intervista ad un personaggio, perché se quella persona vede che conosci la sua vita in profondità, ti concede sempre volentieri un’intervista ed io lo capii quando ebbi la fortuna di poter fare incontrare la figlia di Cheguevara con il figlio di Kennedy da poco assassinato. Ricordo che durante l’intervista il figlio di Kennedy che soffrì molto per la morte del padre, non guardava mai le immagini di suo padre, mentre la figlia del Che era molto combattiva e credeva fermamente negli stessi valori di suo padre. Oggi la tv non permette più di sperimentare perché in essa è entrata la politica. Quando ancora non c’era, ricordo ad esempio che Cortese, che curava anche una pagina del TG2, andò da Agnes e gli chiese di poter avere un collaboratore in più spiegando che il programma aveva costi bassi. Ricordo ancora che mi raccontarono che Agnes, che era grosso e corpulento, salì sul tavolo della sua scrivania e tirò in aria tutti i faldoni di carta che stavano sopra la scrivania stessa, ma alla fine concesse a Cortese- che faceva un programma sui diritti del consumatore dal titolo “Di tasca nostra”, il collaboratore in più che chiedeva. Dopo la loro forzata inattività molti colleghi hanno avuto problemi grossissimi di salute e c’è anche chi ha avuto due infarti proprio perché aveva molto da dare e non gli è stato permesso. Proprio per questo io oggi contesto chi ha messo in discussione l’imparzialità di Enzo Biagi o chi ogni tanto contesta la scelta di Sergio Zavoli alla commissione di Vigilanza sulla RAI. Io debbo moltissimo della mia carriera al maestro Zavoli che oggi ha quasi 86 anni ed una vitalità straordinaria. Era un direttore che amava l’ordine, la disciplina e la serietà, ma se qualcuno di noi era in difficoltà sapeva che sull’aiuto e la comprensione di Zavoli poteva contarci sempre. Oggi la RAI si è ridotta ad essere quasi alla stregua della tv commerciale ed io mi domando come mai gli amici ed i compagni della Sinistra, quando erano al governo, non hanno fatto la legge sul conflitto di interessi. Quella legge poteva essere studiata prendendo a modello gli Stati Uniti dove i privati possono possedere un solo canale televisivo non tre come in Italia. Oggi questo tipo di giornalismo non può essere più proposto in radio ed in tv, per questo è importante il giornalismo partecipativo, questa parola significa unirsi insieme per creare qualcosa di grande in cui si può fare informazione libera da tanti giochi di potere e di politica. Questo l’ho sperimentato sulla mia pelle quando gli amici del centrosinistra non mi hanno dato più la possibilità- come penso poteva essere mio diritto essendo io stato per tanti anni un fedelissimo della RAI- di tornare a fare le mie trasmissioni. Oggi l’unico strumento adatto per noi che non abbiamo più spazio nei giornali e nelle tv è appunto il giornalismo partecipativo, composto da convegni come questo del professor Carotenuto, dall’utilizzo di internet e del giornale cartaceo e on line. Anche io, grazie a mia moglie, con la quale da dieci anni stampiamo la mia rivista trimestrale sul sud America e sul Nord e Centro America, ho scoperto l’importanza del web e dell’Università nella quale ho insegnato per 4 anni a Roma. Però ai giovani dico sempre questo: se volete essere giornalisti liberi unitevi e non abbiate paura di farlo, confrontatevi tra di voi, non fidatevi dell’informazione drogata da parte di chi possiede i giornali e obbliga i giornalisti a scrivere quello che vuole, perché oggi editori puri come era Rizzoli, che visse in un orfanotrofio dal quale una volta uscito fondò prima una casa editrice e poi alcuni giornali solo per il gusto di farlo, non esistono più. Io non ho ancora intenzione di ritirarmi e ringrazio tutti coloro, tra cui il professor Carotenuto, che collaborano alla stesura della mia rivista che si può trovare solo in alcune librerie o sul mio sito giannimina.it. Debbo dire che viene stampata con molte difficoltà. In futuro riprenderei volentieri a fare alcune mie trasmissioni per il web o youtube, magari occupandomi di paesi come il Venezuela o altri ancora oppressi da dittature che non dovrebbero più esistere”.
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Ecco un esempio di giornalismo fazioso schierato a favore dei peggiori dittatori comunisti come FIDEL CASTRO a CUBA, leggete in questo blog che segue che difende il suo grande amico Fidel contro la famosa blogghera cubana YOANI SANCHES, che lezione di giornalismo può dare un fazioso comunista???????
Botta e risposta Sánchez-Minà — Internazionale
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