(Fonte: ilsole24ore.com)
Si stringe la morsa diplomatica sull’Iran degli ayatollah. Il presidente americano, Barack Obama, ha detto, come anticipato dal New York Times, all’inizio dei lavori del G20 a Pittsburgh che l’Iran «dovrà rispondere» delle sue violazioni dei parametri e delle leggi internazionali riferendosi alla notizia della scoperta di una secondo impianto segreto per l’arricchimento dell’uranio.
Obama ha sottolineato che Teheran ha già violato più volte in passato questi standard. Anche Londra è favorevole a sanzioni più severe contro Teheran. Lo ha confermato il primo ministro britannico Gordon Brown in una conferenza stampa a margine del G20 di Pittsburgh. Anche l’Italia si è associata alla condanna per la scoperta del nuovo impianto segreto. Brown ha accusato le autorità iraniane di “menzogne sistematiche” sul loro programma nucleare. L’inquilino di Downing Street ha osservato che la comunità internazionale è sconvolta e furiosa dopo aver appreso che l’Iran ha costruito in segreto un impianto per l’arricchimento dell’uranio. A questo punto, ha proseguito Brown, la comunità internazionale non ha altra scelta che fissare un limite ben preciso, chiedendo a Teheran di rispettare le risoluzioni delle Nazioni Unite e aprire l’impianto alle ispezioni.
La condotta della Repubblica islamica, ha detto ancora il premier inglese, ha aggravato la preoccupazioni degli altri paesi sulle sue ambizioni nucleari. Brown si è unito alla condanna del presidente americano Barack Obama e del francese Nicolas Sarkozy nei confronti di Teheran.
Il dossier nucleare iraniano si complica proprio alla vigilia dell’incontro del 1° ottobre in programma a Ginevra tra il gruppo di contatto dei cosiddetti 5 più 1 e l’Iran per cercare di evitare la quarta ondata di sanzioni del Consiglio di sicurezza dell”Onu al regime degli ayatollah.
Con un colpo a effetto, che mette nell’angolo la recente e tanto sbandierata volontà di collaborazione (solo teorica finora) con l’Occidente di Teheran, il presidente americano Barack Obama, con i leader di Gran Bretagna e Francia, proprio nel giorno in cui l’Onu ha votato all’unanimità una risoluzione che mette al bando le armi nucleari, ha accusato l’Iran di aver costruito un secondo impianto segreto di arricchimento dell’uranio. Impianto che non è finora stato sottoposto a nessuna verifica da parte degli ispettori Onu e di cui si aveva avuto qualche vaga notizia già ieri da Parigi da parte di un gruppo di esuli iraniani appartenenti ai Mujaedin del popolo.
L’Iran questa mattina ha dovuto confermare di avere questo impianto e ha rivelato di aver ufficialmente comunicato alla Aiea (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica) di avere un secondo impianto per l’arricchimento dell’uranio. Lo hanno reso noto oggi fonti diplomatiche, ma resta in fatto che finora non aveva mai reso noto né la collocazione né l’esistenza di una produzione alternativa a quella di Natanz.
Secondo queste fonti, il direttore generale della Aiea, Mohamed El Baradei, in scadenza di mandato, pochi giorni fa avrebbe ricevuto una lettera dalla Repubblica islamica che conteneva l’ammissione dell’esistenza di un impianto finora sconosciuto, ma non sono stati dati altri dettagli sull’informativa.
Teheran aveva già denunciato l’impianto per l’arricchimento dell’uranio di Natanz, che si trova, solo di recente dopo anni di divieti, sotto il controllo quotidiano degli ispettori dell’agenzia internazionale. Teheran è stata sanzionata dalla comunità internazionale per essersi rifiutata di sospendere l’attività di arricchimento e per non essersi resa disponibile a chiarire i sospetti sugli scopi della sua attività nucleare.
Il secondo impianto nucleare iraniano è una centrale da 360 megawatt che potrebbe produrre l’uranio arricchito, elemento utile alla costruzione della bomba atomica. L’ammissione dell’impianto finora segreto getta un’ombra di discredito sulla politica di collaborazione e trasparenza della Repubblica islamica sul contestato dossier nucleare e dà nuovo slancio ai falchi dell’amministrazione americana (e di quella israeliana) che non condividono l’utilità della politica della mano tesa fin qui avuta dal presidente Obama.
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