In ricordo
di Tonino Seri

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di Maurizio Verdenelli

Sulla croce piantata sulla nuda terra, al cimitero di Macerata, c’è annodata la sciarpa con il bianco e il rosso: i colori della sua vita. Il cuore e la mente di Tonino sono stati sempre per la “sua” Maceratese, amatissima anche nel buio della malattia che l’ha portato via all’inizio dell’anno. “L’ho trovato una mattina vestito di tutto punto che mi dice: ‘Svelto portami dall’avvocato, perché il settore giovanile della Maceratese è tutto da rimettere in piedi: sta allo sfascio”. L’ha raccontato con le lacrime agli occhi all’avv. Giancarlo Nascimbeni (anch’egli commosso), il figlio di Tonino, in Cattedrale il giorno dei funerali officiati dal don Giuseppe Branchesi parroco a S.Maria in Selva e a Camporota dove abita la famiglia Seri.

Già, perché Tonino come responsabile del settore giovanile della Maceratese e Nascimbeni come diesse sono stati per anni la coppia di ferro o meglio d’oro, che ha retto le fortune di una società che teneva il palcoscenico della serie C (unica) sfornando talenti che ne rendevano stabile l’assetto economico. Erano gli anni in cui gli spalti dell’Helvia Recina ribollivano di tifoseria, erano gli anni dei “gemelli del gol” (Giovanni Pagliari e Moreno Morbiducci, nella foto) e di tanti altri giocatori bravissimi. Erano gli anni in cui un fotoreporter popolarissimo non perdeva d’occhio, scatto dietro scatto, un ragazzino magro magro in casacca biancorossa che faceva riscaldamento pre-partita. “Briscolè, non sprecare il rullino per me” gli diceva il ragazzino. “No, no: io ho l’occhio. Hai velocità, dribbling ….sei birbo: diventerai qualcuno!” rispondeva Briscoletta, alias Pietro Baldoni, fotoreporter de Il Messaggero. “Sì, Giovannino è stato sempre birbo: agli allenamenti, era l’ultimo ad arrivare ma sempre primo sulla palla da mettere in rete” mi diceva diversi anni dopo Seri, parlando di Pagliari partito alla volta di Perugia insieme con Moreno Morbiducci.

Naturalmente Seri ben prima di Baldoni, aveva scoperto il golden boy tolentinate. “C’era però un ma –ricorda Nascimbeni- Claudio Turchetto che con Dugini aveva fatto la grande Maceratese a fine anni ’60, aveva chiesto da Brescia di tornare nella ‘sua’ Macerata a fine carriera. Non potevano dir no ad un giocatore come Claudio ma avevamo pronto in pista di lancio proprio Pagliari il quale tuttavia non aveva l’età, e cioè 16 anni, per poter allora esordire in C. Con Tonino –con il quale ci davamo rigorosamente del ‘lei’ nonostante l’amicizia e il lavoro spalla a spalla- decidemmo di giocare a carte scoperte. Raccontammo la situazione a Turchetto che trovò sistemazione nella vicina Città di Castello, dove purtroppo s’infortunò alla terza partita, mentre Giovannino esordì contro la Civitanovese facendo impazzire il rude terzino il quale non trovò di meglio che sferrare un pugno sulla bocca dello stomaco a quell’impudente ragazzino dal ciuffo che lo ubriacava di dribblings!”.

Anni prima, però il direttore “dei giovani” –sempre un po’ in uggia con l’allenatore del momento che teneva sempre in ‘dispitto’ i prodotti del vivaio locale affidandosi a giocatori esperti sul mercato- aveva addirittura minacciato le dimissioni. Era filato dritto, con la faccia scura delle grandi occasioni, fino al presidentissimo della Maceratese, Rodolfo Tambroni. “Senatore, se non servo più, è bene che me ne vada!”. “Tonì, che succede?!”. Era accaduto che al ritiro pre-campionato di San Ginesio l’allenatore (Carpanesi) non avesse convocato il beniamino di Seri, Dino Pagliari. Il senatore provvide con diplomazia alla sua maniera e dopo un po’ il grande Dino salì sulla collina sanginesina per scalare poi ben altre vette del calcio italiano.

Infine, Gabban. Il grande portiere e capitano biancorosso era stato visionato da Seri in un torneo giovanile in Emilia-Romagna. Subito segnalato a Nascimbeni: “Bisogna far subito, avvocato, altrimenti lo prendono gli altri!”. Giancarlo un po’ traccheggiò, così che Gabban finì all’Elpidiense alla corte del presidente Nazzareno (Nenello) Belletti, l’uomo che ingaggiò a fine carriera il vicecampione del mondo, Ricky Albertosi. Il diesse rimediò sotto la spinta di Seri e del rimorso di coscienza. Ci furono trattative febbrili sull’asse Macerata-Fermo e Gabban divenne un punto fermo dell’ultima grande Maceratese grazie a …100.000 lire. Infatti alle buste l’offerta per il 50% del giocatore (l’altra metà nel frattempo era già nelle mani biancorosse) apparve superiore di quell’importo (50 euro attuali!) rispetto a quella messa in busta dal mitico “Nenello”: 7 milioni contro 7,1 di Nascimbeni. Pare che Belletti non se n’ebbe molto a male…

“Qualcuno ha scritto rammaricandosi – dice ora l’ex diesse- che ai funerali in cattedrale non ci sia stato nessuno dell’attuale Maceratese. Tuttavia la vicenda sportiva di Seri è ben diversa da quella attuale: il suo nome appartiene alla storia di questa città che vive del mito di una squadra che era nel cuore di tutti”.

A quella storia appartiene anche Claudio Molinari, deceduto l’altro giorno, già presidente di quella Società Santa Croce che ha prodotto anch’essa talenti veri: uno per tutti, Morbiducci. Molinari era uno sportivo autentico ed anche uno dei soci titolari della Cooperativa Muratori ed affini. Avrebbe voluto legare il suo nome alla costruzione del palasport: non gli fu possibile. E, secondo me, è stato un peccato. Protestò un po’ con il sindaco: la cooperativa più tardi realizzò l’ampliamento del cimitero monumentale cittadino. Un’opera risultata all’altezza.

Tonino e Claudio, due maceratesi perbene. Sentiremo la loro mancanza.



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