di Laura Boccanera (Foto di Federico De Marco)
È stato il funerale di Cesare prima che quello dello stilista Paciotti noto nel mondo. In piazza XX Settembre a Civitanova questa mattina una folla ha dato l’addio al genio visionario dell’imprenditore civitanovese che è stato maestro di stile e di bellezza con le sue creazioni.
All’arrivo in piazza nella chiesa di San Pietro centinaia di persone hanno accolto il feretro d’ebano nero, una scelta di bellezza anche nella fine, risaltata dalla foto in bianco e nero scelta dai familiari circondata da un giardino di rose e ortensie.
Seduti al primo banco: la storia assistente di Paciotti, Lina (prima a sinistra), vicino a lei Marco Calcinaro e seduta sulla destra Paola Paciotti
Tutta la famiglia si è raccolta: quella più intima composta dai familiari stretti, la sorella Paola, i figli Ludovica e Giuseppe Nicola assieme alla prima moglie Serenella Vallasciani, la figlia Diamante con la seconda moglie Laura Leonori, i nipoti, figli di Paola, Marco e Massimo Calcinaro e l’adorata assistente sempre presente nella vita di Cesare, Lina che ha letto una commovente testimonianza sul loro rapporto simbiotico di stima affetto e gratitudine. E poi tanti ex dipendenti, quelli dei primi tempi e quelli più recenti, il sindaco col gonfalone del Comune Fabrizio Ciarapica che ha indetto il lutto cittadino, amici imprenditori come Andrea Della Valle, fratello di Diego, Fiorella Tombolini, Germano Ercoli, Sandro Paniccia, Umberto Antonelli.
Ma tutto questo è stato in secondo piano nell’omelia del parroco don Mario Colabianchi che ha scelto parole che sembrano lontane rispetto al mondo sfavillante della moda e del jet set che ha visto Paciotti protagonista per decenni. Don Mario ha preferito parlare dell’uomo Cesare che è stato “desiderio di amore”. Un uomo inedito rispetto alle cronache patinate quello descritto dal parroco, un Cesare Paciotti che negli ultimi anni aveva scelto una vita più ritirata e vicina a Dio.
Al centro Serenella Vallasciani, la prima moglie di Paciotti, con i figli Ludovica e Giuseppe
«Oggi ci ritroviamo per Cesare, questo povero che ha reso ricchi gli altri – ha detto don Mario – un uomo col suo desiderio di vita, di amore, di felicità. Vivere è accettare le sfide e i momenti difficili e resistere e non lasciarsi abbattere dalle sconfitte. Cesare era un desiderio di vita che ha trovato in Dio il suo compimento. Amava l’amore come promessa di vita, era un desiderare di essere amato e temere che l’amore possa essere solo condiscendenza, amare e desiderare di essere amato per sempre. L’uomo Cesare era un desiderio di amore».
Al centro con l’impermeabile scuro, Laura Leonori, la seconda moglie di Paciotti, e dietro di lei la figlia Diamante
Il parroco ha poi ricordato come negli ultimi tempi la sua fede fosse sbocciata: «veniva qui ogni domenica, alla messa delle 11 e si fermava sempre al quadro di Maria che scioglie i nodi. Una devozione che era cara a Papa Francesco e ogni domenica lì davanti faceva la sua preghiera e accendeva una luce. E ora finalmente tutti i suoi nodi sono sciolti».
Andrea Della Valle al funerale
Tutta la famiglia ha poi partecipato attivamente alla cerimonia religiosa condividendo nelle intenzioni di preghiera alcuni momenti di vita personale, a partire dal nipote Massimo Calcinaro, fino alla figlia Diamante con la mamma Laura Leonori che ha rivolto intenzioni per i figli di Cesare «che oggi portano nel cuore il dolore per la perdita del loro amato padre, il Signore li accompagni e dia loro la forza di osare pur rimanendo semplici e proseguire con dignità e passione il loro cammino di vita».
«Mi hai fatto conoscere la bellezza perché tu eri bellezza – ha ricordato la figlia Ludovica – grazie per quanto mi hai insegnato grazie anche per quelle che sono state le tue mancanze perché mi hanno reso più forte».
La prima moglie ha ricordato invece i 17 anni in cui ha vissuto con Paciotti: «eravamo giovanissimi – ha detto – abbiamo affrontato le montagne russe in salita e in discesa, con lo stesso entusiasmo e le relative paure. Al di là delle sconfitte siamo stati una coppia non ordinaria, tanto che la tua ambizione irrefrenabile ti ha fatto conquistare il mondo. E anni fa ci hai stupito di nuovo con un attaccamento alla fede difficile da comprendere se non nel tuo modo di stupire. Tutta la nostra storia oggi si legge negli sguardi dei nostri figli e nipoti, farò in modo di far conoscere a questi ultimi quello che è stato il loro nonno e comunque grazie».
Ma la testimonianza umanamente più commovente è stata quella di Lina, la sua storica assistente, così viene sempre definita, ma che è stata molto più che una compagna di vita e di lavoro: «Ho sempre saputo che la mia vita si potesse definire solo con Cesare e non avevo mai pensato al dopo Cesare. Io e te siamo sempre stati una cosa sola. Ho provato nei tuoi confronti tutti i sentimenti, dal bene alla rabbia, dal risentimento alla gioia che fa scoppiare il cuore, ma il più forte di tutti è stata la gratitudine.
Tu mi hai insegnato tutto: da come stare a tavola a come vestirmi per i nostri appuntamenti mondani, a diventare forte, mi hai plasmato facendomi diventare la donna che sono e che mi piace essere. Sei stato il mio compagno di vita, fonte di ispirazione, mentore, tutto si misura attraverso te.
Io e te abbiamo trascorso così tanto tempo insieme che siamo diventati simili: so tutto di te, conosco a memoria i tuoi sguardi e il tuo cuore lo conosco per longevità di vita e per tutte le sfide vissute e vinte. E conoscevo il tuo bisogno di Verità, di Dio di silenzio e preghiera che sono stati il tuo ultimo percorso di vita. Tu Cesare resterai per sempre con me e in me, ciao Cesare mio».
Il sindaco intervenuto ha lanciato una promessa: «Civitanova non dimenticherà mai Cesare Paciotti, salutiamo un uomo che ha lasciato un segno indelebile nella nostra comunità. Non è stato solo un imprenditore visionario, ma un ambasciatore dello stile italiano nel mondo, ha rappresentato la passione e il saper fare del nostro paese e di noi marchigiani. Le sue scarpe non erano solo accessori, ma dichiarazioni di forza e bellezza e nonostante fosse un personaggio internazionale è stata una persona con un attaccamento forte alla sua città. Ha creato ricchezza, creduto nei giovani e insegnato che si può essere grandi senza dimenticare da dove si è partiti».
Cesare Paciotti (Foto Gasparroni)
All’uscita del feretro nella chiesa è risuonata la canzone dei Nomadi: “Ho difeso il mio amore” e la piazza ha abbracciato Paciotti con un grande applauso. Tra i presenti anche l’ex direttore dei teatri di Civitanova Alfredo Di Lupidio che ha voluto ricordare la generosità della famiglia Paciotti: «Tutti loro da Cesare a Paola sono sempre stati sensibili ai temi della Cultura e della bellezza e per oltre un decennio sono stati i principali sponsor dell’azienda teatri con la quale abbiamo costruito le programmazioni del teatro ma sono stati anche fra i principali promotori assieme alla Fondazione Carima del progetto Tutto in gioco.
Ricordo come fosse ora quando nel 2009 Cesare Paciotti è salito sul palco per raccontare cosa era l’azienda e la sua visione di bellezza, non sfigurava accanto a filosofia e personaggi della cultura perché era autentico e appassionato. Dopo di loro non ci sono più stati tali mecenati».
Cesare Paciotti con Franco Gazzani a Tuttingioco (Foto di Luigi Gasparroni)
Cesare Paciotti con la sorella Paola (Foto Gasparroni)
Cesare Paciotti con Oliviero Toscani (Foto Gasparroni)
Ciao Cesare
R.i.p . Condoglianze alla famiglia.
Condoglianze alla famiglia!!!
Ciao Cessre R.I.P. sentite condoglianze alla famiglia.
Condoglianze alla famiglia
Riposa in pace condoglianze alla famiglia
Amen
Grande cesare condoglianze alla famiglia che dispiacere
Rip
La Storia (con la S maiuscola) di Civitanova.️
Rip
Condoglianze R.I.P
Un grande marchigiano.
Condoglianze RIP
R. I. P. Condoglianze alla famiglia
L'addio al grande imprenditore
Condoglianze
Che commozione! Rip condoglianze alla famiglia
Ciao Grande
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Cesare, o meglio, il significante “Paciotti”,
è stato un artigiano del desiderio,
un tessitore di forme che calzavano il piede dell’Altro.
Le sue creazioni, non semplici scarpe,
ma oggetti petit a, frammenti di godimento,
oggetti che promettevano di colmare il vuoto,
eppure, nel loro splendore, lo indicavano sempre.
Nel suo lavoro, egli ha attraversato il campo del Simbolico,
dove la pelle si fa segno,
dove il cuoio diventa discorso,
dove il tacco è un’elevazione verso l’Ideale dell’Io,
ma anche una caduta, un inciampo nel Reale.
Ogni cucitura, ogni linea, ogni curva delle sue opere
era un atto di sublimazione,
un tentativo di nominare l’innominabile,
di dare forma al desiderio che sempre sfugge.
Eppure, come ogni soggetto,
Cesare era abitato dalla manque-à-être,
la mancanza che lo rendeva umano,
che lo spingeva a creare, a significare, a lasciare traccia.
Non era forse il suo genio un’oscillazione tra il godimento e il limite?
Le sue calzature, indossate da corpi che cercavano di essere visti,
erano specchi, frammenti dell’Immaginario,
promesse di completezza destinate a rompersi.
Egli lo sapeva: il desiderio non si soddisfa,
si sposta, si trasferisce, si incarna in un altro oggetto,
in un’altra scarpa, in un altro sogno.
E in questo, Cesare era un poeta del Reale,
un uomo che ha danzato sul confine tra l’essere e il non-essere. Ora, nel momento della sua partenza,
il significante “Paciotti” si stacca dal corpo,
diventa puro segno, fluttuante nel nostro discorso.
Non lo piangiamo come un io perduto,
ma come un soggetto che ha attraversato lo specchio,
che ha lasciato il suo Nome-del-Padre inciso nel cuoio,
nelle linee di un design che parla ancora.
La morte, questo Reale ultimo,
non è la fine, ma un taglio, una cesura,
un passaggio che ci rimanda al nostro stesso desiderio.
Cosa ci lascia, allora, questo Cesare, questo significante?
Ci lascia il compito di continuare a significare,
di calzare il mondo con forme nuove,
di cercare, senza mai trovare,
il punto in cui il desiderio si annoda alla verità.
E così, lo salutiamo, non con lacrime,
ma con il riconoscimento della sua traccia,
un’orma che segna il nostro cammino,
un tacco che risuona nel silenzio del Reale.
…I piedi nudi, poi le scarpe, poi le Sue scarpe con le Sue forme, e infine le Sue orme…