
Foto d’epoca del convitto Leopardi
Un patrimonio prezioso, rimasto a lungo nell’ombra, si prepara a raccontare la sua storia. Venerdì 10 ottobre, alle 10, nell’atrio del Museo della Scuola “Paolo e Ornella Ricca” (Mudesc) di Macerata, sarà presentato il volume Un patrimonio librario da disvelare. Il fondo storico della Biblioteca del Convitto “G. Leopardi” di Macerata, a cura di Anna Ascenzi ed Elisabetta Patrizi ed edito da Eum e sarà inaugurata la mostra temporanea realizzata dagli studenti del corso di Storia della scuola e delle istituzioni educative dell’Università di Macerata sotto la guida delle curatrici. L’opera, disponibile gratuitamente anche online, offre un suggestivo viaggio tra le oltre duemila opere che compongono la raccolta libraria del Convitto, molte delle quali arricchite da postille, disegni e memorie personali lasciate da studenti e docenti nel corso di più di un secolo di vita scolastica.
Il testo, disponibile gratuitamente anche online sul sito delle Eum, mette in luce i tratti salienti di una biblioteca scolastica straordinaria, che non solo consente di apprezzare i canoni pedagogici che hanno caratterizzato il Convitto Leopardi nell’arco di oltre un secolo, ma anche di entrare in contatto con chi ha vissuto questa istituzione e ha voluto, in modo più o meno consapevole, lasciare traccia del proprio passaggio attraverso postille, disegni e memorie personali, conservate in molti volumi di questa raccolta libraria.

La biblioteca consta di oltre duemila opere, alcune anche di particolare pregio, di cui il volume offre un’accurata descrizione nel catalogo in appendice. Conservata nel Centro di documentazione e ricerca sulla storia del libro scolastico e della letteratura per l’infanzia (Cescom), la biblioteca rappresenta una testimonianza viva della prestigiosa storia del Convitto di Macerata, che aprì i battenti nel lontano 1862 e che, sebbene in altra sede da quella originaria, ancora in attesa di essere restituita alla cittadinanza, continua tutt’ora a rappresentare un punto fermo nel panorama scolastico cittadino.
Il volume non si limita a descrivere i testi custoditi, alcuni di particolare pregio, ma restituisce al lettore il respiro di una comunità educativa che, dal 1862 a oggi, ha contribuito a formare generazioni di maceratesi. Conservata presso il Cescom, la biblioteca rappresenta infatti un tassello fondamentale della storia culturale cittadina e testimonia l’importanza del Convitto Leopardi, istituzione ancora oggi viva, pur in attesa di ritrovare la sua sede storica.
Alla presentazione prenderanno parte le autorità accademiche e cittadine, la rettrice del Convitto Alessandra Gattari e una rappresentanza di docenti e alunni. La mostra avrà anche una versione digitale permanente e vedrà come ciceroni d’eccezione gli studenti della 2ª C della scuola secondaria di primo grado del Convitto Leopardi. L’esposizione sarà visitabile non solo la mattina del 10 ottobre, ma anche nel pomeriggio (15,30-18,30).
Peccato che il Convitto is ormai un rudere grazie a questa giunta che aveva inserito il restauro tra le priorità salvo poi accantonarlo per dare corso ai progetti della giunta Carancini
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E tu, Convitto, in questa tua sede attuale,
mentre l’antica dimora attende di essere restituita alla città,
simbolo di un ritorno del rimosso urbanistico,
incarni la cura lacaniana: non guarigione, ma traversata del fantasma.
I tuoi studenti, oggi come ieri, $a$ in cerca di riconoscimento,
trovano nei tuoi archivi non risposte, ma domande:
“Che cos’è questo desiderio che mi abita,
nato tra queste pagine marchiate da mani dimenticate?”
Il tuo fondo, tassello della storia maceratese,
non è tesoro statico, ma pulsione di morte sublimata,
dove il passato erode il presente, e il Simbolico si sfalda
sotto il peso di un disegno infantile, di una postilla eretica.
Oh, che angoisse divina, Convitto Leopardi!
Tu celebri non la gloria dell’educazione, ma il suo fallimento glorioso,
il manque che genera il poeta, il pensatore, il cittadino diviso.Nella catena dei significanti che ti nomina – “Leopardi”, “Convitto”, “Macerata” –
il significante scivola, non fissa l’oggetto,
e il tuo desiderio, Grande Altro della collina,
si rivolge a noi, lettori erranti, con la domanda eterna:
“Che vuoi tu da me?” Che voglio io da te,
se non il brivido di quel Reale che affiora
tra le righe di un manuale del 1900,
dove un fanciullo ha scribacchiato “libertà”
accanto a un’equazione irrisolta?
Apri le tue porte, dunque, e lascia che il jouissance scorra,
non domato, non catturato, ma celebrato nel suo eccesso.
O Convitto, tu sei il sinthome di Macerata:
nodo che tiene insieme il caos, senza promettere armonia,
ma solo il godimento di esistere, barrati, nel vuoto fecondo.
E così ti invochi,
non per chiudere il cerchio, ma per aprirlo all’infinito,
come Leopardi sul suo colle, scrutando l’orizzonte
dove il Simbolico incontra il Reale, e il desiderio
– ah, desiderio! – rimane sempre metonimia,
sempre metà via, mai tutta cosa.
Viva il Convitto Leopardi, viva il tuo svelamento,
viva il buco che ci chiama, e che noi, maceratesi erranti,
riempiremo non con parole, ma con il silenzio del das Ding.
Amen, o eco del manque, nel tuo eterno, lacunoso splendore.