Giulio Pellizzari
di Marco Pagliariccio
C’era un appuntamento con la storia per Giulio Pellizzari: diventare il primo italiano dal 2017 (quando ci riuscì Vincenzo Nibali con il terzo posto al Giro e il secondo alla Vuelta) a concludere in una stagione due grandi giri tra i primi 10. Il camerte ci è riuscito oggi, difendendosi come ha potuto in una giornata storta come è stata la penultima tappa della Vuelta, quella con l’arrivo terribile alla Bola del Mundo.
Pellizzari forse ha pagato gli extra sforzi dei giorni precedenti e ha perso le ruote dei migliori a 7 chilometri dal traguardo e poi è via via scivolato indietro, arrivando al traguardo con un ritardo di 2’50” dal vincitore sia della tappa che della Vuelta, il due volte re del Tour de France Jonas Vingegaard. Purtroppo la giornata-no gli costa la maglia bianca di miglior giovane, che gli sfila di dosso l’americano Matthew Riccitello insieme al 5° posto in classifica, ma resta comunque una 6° piazza di altissimo livello, che insieme alla splendida vittoria di tappa di tre giorni fa fa ben sperare per il prossimo futuro visti i soli 22 anni sulla carta d’identità. Solo una formalità, la passarella finale di domani a Madrid, divide il ciclista della Red Bull-Bora-Hansgrohe da un altro grande risultato, dimostrando che il 6° posto al Giro d’Italia non era stato affatto una casualità.
Ora all’orizzonte c’è un’altra sfida: il Mondiale in linea in Ruanda, in programma fra due settimane (28 settembre). Non ci sono ancora le convocazioni azzurre e la corsa avrà il suo grande favorito in Tadej Pogacar, ma su un percorso durissimo (oltre 5mila metri di dislivello) come quello di Kigali le doti da scalatore del corridore marchigiano potrebbero essere esaltate. Specie se la forma sarà quella mostra al Giro e alla Vuelta.
Giulio Pellizzari fa la storia: alla Vuelta la prima vittoria tra i pro
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