«Nazareno aveva il fuoco che ardeva dentro.
Sentiamo il vuoto del suo genio»
In centinaia al funerale

CINGOLI - Oggi pomeriggio si è svolto il funerale dell'artista 78enne, scultore e massaggiatore dei grandi campioni italiani. In chiesa autorità, sportivi e amici per rendere omaggio a «un'anima di fuoco». Il vescovo emerito Claudio Giuliodori, che ha condiviso i mesi di creazione della sua opera più celebre "Il Cristo delle Marche": «Dimostrava che chiunque porti un sogno può fare delle cose straordinarie. Dialogava e litigava con la materia»

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Il funerale di Nazareno Rocchetti

di Leonardo Giorgi

«Sentiamo il vuoto del suo genio e allo stesso tempo l’enorme ricchezza multiforme che ci lascia. Me lo immagino davanti al Signore, gli dirà “amico mio, come stai?” come faceva sempre con tutti». A dare l’ultimo saluto a Nazareno Rocchetti, l’artista 78enne residente a Cingoli e scomparso ieri mattina all’ospedale Torrette di Ancona (leggi l’articolo), è l’amico Claudio Giuliodori, vescovo emerito di Macerata.

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Nazareno Rocchetti

Nella commozione della sua voce e delle centinaia di persone presenti oggi pomeriggio nella chiesa di Sant’Esuperanzio, uno sguardo che vuole restituire l’immagine delle cento vite vissute da Rocchetti: carabiniere, massaggiatore degli atleti che hanno fatto la storia dello sport italiano e mondiale (Pietro Mennea, Alberto Tomba, Valentina Vezzali), scultore e “artista del fuoco” dopo l’incontro con il maestro José Guevara. «Nazareno – racconta Giuliodori –  ha incontrato il fuoco, quello stesso fuoco che gli ardeva dentro. Lui si sentiva l’erede del più grande artista del fuoco. Un’anima di fuoco che riusciva a interagire con tutto ciò che lo circondava. Che fosse pietra o legno, qualsiasi cosa che era nelle sue mani prendeva forma. Attraverso le sue mani, la realtà si manifestava».

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Monsignor Claudio Giuliodori, vescovo emerito di Macerata

Lungo l’elenco dei presenti: Fabio Luna, presidente del Coni Marche; Juan Luca Sacchi, arbitro di Serie A; Filippo Saltamartini, assessore regionale alla Sanità; i sindaci Michele Vittori (Cingoli), Luca Paolorossi (Filottrano, luogo di nascita di Rocchetti), Mauro Sclavi (Tolentino) Paolo Teodori (Ripe San Ginesio), Sauro Ragni (Staffolo) e Michele Franchi (Arquata del Tronto); la vice sindaca di Tolentino, Alessia Pupo; l’ex sindaco di Cingoli, Leonardo Lippi; Michele Spagnuolo dell’associazione Pindaro, responsabile dell’Overtime Festival, che ha visto la lunga collaborazione di Rocchetti. C’erano anche i carabinieri con il colonnello Raffaele Ruocco, comandante provinciale dei carabinieri di Macerata, il luogotenente Umberto Paglioni, comandante della stazione di Cingoli e una rappresentanza dell’Associazione nazionale carabinieri (Anc). Tra i presenti anche l’ex comandante della Guardia di finanza di Macerata, Paolo Papetti. Dal mondo dello spettacolo, Antonio Lo Cascio e il duo comico Lando & Dino.

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Altri, come Neri Marcoré (amico di vecchia data di Rocchetti, spesso ospite nel “Giardino delle meraviglie” accanto la casa dell’artista per concerti e spettacoli di beneficenza), sono passati a salutare la famiglia ieri. Un’amicizia, quella con Marcoré, ricordata anche da monsignor Giuliodori: «Con Neri Marcorè abbiamo ricordato ieri le tante iniziative che Nazareno metteva in piedi, anche davanti casa sua. Dimostrava che chiunque porti un sogno può fare delle cose straordinarie. Non a caso, una delle prime iniziative di RisorgiMarche è stata organizzata proprio al Cristo delle Marche, la creazione di Nazareno che più lo identifica. Era un artista irrefrenabile e irriverente, era capace di provocare uno sguardo oltre. Le opere che ha lasciato sono dimostrazioni del suo spirito più profondo. Nazareno avrebbe voluto ancora fare tanto, non si fermava di fronte a niente. Il Signore lo accoglierà con il saluto con cui Nazareno salutava tutti: “amico mio”. E forse darà al suo cuore inquieto quella consolazione e quella pace che ha sempre cercato».

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Quell’inquietudine che definirà per sempre la sua eredità nel Cristo delle Marche, la sua opera più celebre tra le tante disseminate per tutto il territorio. «Ho avuto con lui la possibilità di condividere questo progetto. Un progetto – ricorda Giuliodori – in cui lui mise tutto se stesso. Era difficile anche per me capire cosa significasse per lui. Voleva fare un Cristo risorto, con la pietra più dura che esiste: la pietra d’Africa. Per sei mesi è stato lì, su quella lastra di 10 centimetri, notte e giorno, per farla diventare tridimensionale e realizzare quello che aveva in mente. Io gli portavo i dischi del frullino, perché ne consumava uno al giorno. Tante volte ci siamo fermati a riflettere: lui con quel Cristo che prendeva forma ci parlava. Tante volte l’ho sentito parlare con la sua creazione. Certo, sempre nel suo stile. Infatti ci litigava spesso, però ci parlava. Gli diceva le cose sue e quelle del mondo, faceva “tu Signore lo sai meglio di me”. Ecco, sul suo Cristo delle Marche c’è la sua anima. Quel Cristo resterà per sempre emblema della nostra regione. La vita di Nazareno ha lasciato un segno indelebile».

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Da sinistra i sindaci Luca Paolorossi (Filottrano), Mauro Sclavi (Tolentino), Michele Vittori (Cingoli) e l’assessore regionale alla Sanità, Filippo Saltamartini

All’uscita, l’ultimo viaggio dell’artista è stato accompagnato dagli applausi e dall’esecuzione dal vivo del brano per violino e piano che, nel 2010, avevano fatto da cornice sonora per l’inaugurazione del Cristo delle Marche, posto davanti la Domus San Bonfilio di Cingoli (dove mercoledì 4 giugno alle 18 si terrà la messa di ottavario). Nazareno aveva pensato la sua creazione con un particolare ben preciso, sottolineato anche dal vescovo emerito: una mano inchiodata al dolore mortale della croce; l’altra libera, tendente all’eternità (leggi l’articolo).

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L’arbitrio Juan Luca Sacchi e Fabio Luna, presidente del Coni Marche

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Paolo Papetti, ex comandante provinciale della Guardia di finanza

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Antonio Lo Cascio

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