Export verso gli Usa, lievitano i dazi.
Imprenditori maceratesi preoccupati
«Ma non rinunceranno alla nostra qualità»

ECONOMIA - Il quadro è cambiato con le imposte di Trump. Eugenio Giulianelli (Lube): «Il consumatore americano che sceglie un prodotto di design italiano è generalmente facoltoso. L'auspicio è che non ci siano conseguente sulla fascia alta». Daniele Macellari (della Giovanna Nicolai): «Quel mercato rappresenta il 40% del nostro fatturato. C'è il rischio di minori commesse, ma ci aspettiamo che i clienti fidelizzati continuino ad acquistare». Cristina Orlandi (pelletteria Valentino Orlandi): «Ovvio che i dazi di Trump ci penalizzano molto: ci saranno aumenti dei costi con prezzi molto più elevati. Per ora non abbiamo avuto commesse cancellate». Moira Amaranti (Les Amaranti): «C'è una forte preoccupazione, ma non allarmante, perché facciamo prodotti di qualità, per una nicchia di mercato»

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di Giulia Sancricca

La guerra dei dazi e il peso sull’economia locale. Nel cuore delle Marche, dove hanno sede distretti produttivi di eccellenza, c’è un’economia che da anni guarda oltre l’oceano. Le aziende della provincia di Macerata, molte delle quali specializzate nell’export verso gli Stati Uniti per i prodotti unici e di qualità che sanno offrire, stanno oggi affrontando una nuova sfida: la guerra dei dazi (il dazio universale del 10% in vigore da oggi, mentre i dazi reciproci, specifici per alcuni Paesi, verranno applicati a partire dal 9 aprile).

Così, uno scontro geopolitico tra potenze mondiali si traduce, per gli imprenditori nell’ennesima incertezza nel futuro, commesse che potrebbero essere ridotte o cancellate con conseguenti bilanci in sofferenza e competitività a rischio.

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Eugenio Giualinelli

«La globalizzazione, così come l’abbiamo conosciuta, è ormai giunta al capolinea – l’analisi di Eugenio Giulianelli, export manager del Gruppo Lube, leader nel settore dell’arredo -. Non solo nei contenuti, ma soprattutto nei toni e nei modi. Una cecità strategica in parte spiegabile con l’inadeguatezza e la superficialità di molti leader mondiali, che sono spinti unicamente da logiche elettorali. Stiamo attraversando un periodo estremamente fragile e rischioso». Allora l’appello alla politica: «Ora più che mai – dice -, sarebbe il momento in cui l’Europa alzasse la voce e dimostrasse il valore della sua esistenza». In questo contesto si inserisce anche il tema dei dazi, «la cui reale portata andrà valutata con attenzione – evidenzia Giulianelli – perché la scelta di Trump potrebbe generare una pressione inflazionistica, compromettendo il potere d’acquisto degli americani stessi e determinando una flessione nei consumi, soprattutto per quei beni a maggiore valore e durata come i mobili».

Ma c’è un fattore su cui tutti gli imprenditori, a capo di grandi o piccole realtà che si occupano di prodotti di lusso, sperano: «L’auspicio è che nel segmento retail di fascia alta non si notino conseguenze significative: il consumatore americano che sceglie un prodotto di design italiano è generalmente facoltoso e motivato da criteri estetici, simbolici e culturali più che dal prezzo» .Diverso il discorso per il mercato contract, «dove la componente economica è determinante per superare la concorrenza – conclude Giulianelli -: qui i dazi rischiano di incidere in modo diretto, penalizzando l’offerta italiana e mettendo in difficoltà le nostre aziende nei grandi progetti internazionali».

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Daniele Macellari

Puntano sull’eccellenza dei loro prodotti e sulla possibilità economica dei loro clienti anche gli artigiani del settore moda: «Il mercato americano è il primo punto di riferimento per noi – dice Daniele Macellari, a capo dell’azienda Giovanna Nicolai, eccellenza della moda Made in Italy -. Rappresenta il 40% del fatturato aziendale. È chiaro che il settore moda in generale sarà interessato da questo cambiamento, ma bisogna fare i conti con il fatto che i dazi venivano imposti anche dalle amministrazioni precedenti. Non è una novità, magari in questo momento l’esposizione può essere superiore, vista la condizione generale dei mercati, mentre prima non ne veniva percepita la presenza. Ora, vista la drammaticità generale dell’economia, è normale che la soglia di allarme sia superiore. C’è sicuramente il rischio di minori commesse, ma questo è solo il campanello di allarme più visivo. Per quanto ci riguarda – dice – ci aspettiamo che i clienti fidelizzati continuino ad acquistare perché, essendo posizionati su una fascia medio alta, la capacità di acquisto potrebbe restare invariata. I problemi sorgono principalmente sugli articoli di fascia bassa, con conseguenze sulla quantità dei prodotti venduti. La speranza è di conservare la nostra fetta di mercato, essendo coscienti che in questo momento di transizione ci aspettano mesi in cui la crescita economica non sarà così importante».

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Moira Amaranti

Dello stesso parere Moira Amaranti dell’azienda calzaturiera Les Amaranti: «È avvenuto ciò che era stato preannunciato – dice l’imprenditrice -. C’è una forte preoccupazione, ma non allarmante, perché noi facciamo prodotti di qualità, per una nicchia di mercato, non per la grande distribuzione. Siamo sicuri che i nostri clienti continueranno ad acquisire il made in Italy e non crediamo che il prodotto artigianale venga colpito così fortemente dai dazi. Credo poi che siamo ancora in una fase di assestamento, ci sarà una riorganizzazione generale. Per il momento, comunque, non abbiamo ricevuto alcun annullamento di ordini. Attendiamo la negoziazione che porti al mercato libero, ora con i dazi è chiaro che ci saranno degli aumento di prezzo, forse i clienti acquisteranno meno calzature di pregio, ma non credo che non ne acquisteranno più guardano alla nostra fascia di mercato di riferimento».

Nessun ordine annullato nemmeno per la pelletteria Valentino Orlandi, nonostante la preoccupazione per il futuro sia comunque forte, come spiega la titolare Cristina Orlandi: «Noi esportiamo molto negli Usa – dice -, l’America rappresenta un 35-40% del fatturato poiché in quella zona negli ultimi anni siamo cresciuti molto. Ovvio che i dazi inseriti da Trump ci penalizzano molto: ci saranno aumenti dei costi con prezzi molto più elevati. Per ora comunque le commesse non sono state cancellate, noi cerchiamo di contenere i prezzi e guardare al futuro studiando linee apposite. Dovremo sentire i clienti, faremo un sondaggio, ma finora non ci siamo mossi perché abbiamo capito che siamo in una fase di continua evoluzione e vorremmo muoverci insieme alle associazioni di categoria. Sicuramente parliamo di una guerra commerciale».

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