Le sae a Pieve Torina
di Gianluca Ginella
Caporalato nei cantieri delle Sae, condannato il romeno Gheorge Carp a due anni e 1 mese. Carp è stato condannato sia per l’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro sia per omissione di soccorso mentre è stato prosciolto (non doversi procedere) per l’accusa di violenza privata (per mancanza di querela).
Il pm Francesca D’Arienzo
Nel processo erano state chiamate in causa, come responsabili civili, le aziende Gips e Consorzio Arcale: il giudice non ha individuato responsabilità per le aziende. Sotto accusa, per una posizione marginale non legata al caporalato ma a lavori che sarebbero stati fatti senza autorizzazioni, c’era anche Vincenzo Romano (difeso dall’avvocato Antonio Renis) in qualità di legale rappresentante della ditta Europa srl: per lui è stata dichiarata la prescrizione del reato.
In seguito alle indagini che vennero svolte dai carabinieri del Nil di Macerata, a Carp veniva contestato dal pm Francesca D’Arienzo di aver reclutato sette operai di nazionalità romena e ulteriori 13 lavoratori non identificati e di averli impiegati per i lavori di costruzione delle Sae a Pieve Torina, Visso ed Ussita sottoponendoli a giornate di lavoro che partivano dalle 6,30 del mattino e fino alle 19 con trenta minuti di pausa pranzo, senza il riposo domenicale con una paga di circa 50 euro giornaliere, in assenza di idonea sistemazione alloggiativa, senza riscaldamento, dove venivano sistemati 4 operai per ciascun alloggio.
L’avvocato Antonio Renis
Questo sarebbe avvenuto tra l’8 settembre 2017 e il 12 dicembre 2017. Inoltre era accusato di violenza privata e omissione di soccorso perché avrebbe costretto il lavoratore che si era infortunato ad una caviglia, scivolando nel cantiere edile di Ussita, a non andare in ospedale per essere curato dietro la minaccia che se lo avesse fatto non avrebbe ricevuto alcuna retribuzione.
Oggi per Carp il pm D’Arienzo ha chiesto la condanna a 3 anni e sei mesi. L’uomo è difeso dall’avvocato Antonio Renis. «Prendo atto della decisione e come tale va rispettata – dice l’avvocato Renis -. A parte questo, la prima sensazione è che si tratti di una condanna resa all’esito di un processo costruito prevalentemente a livello mediatico dalle associazioni sindacali coinvolte. Gli elementi probatori emersi in dibattimento non hanno affatto ricostruito un quadro univoco ed evidentemente sono stati travisati. Leggeremo le motivazioni alla luce delle quali valuteremo i motivi di appello»
L’avvocato Gabriele Cofanelli
Parte civile al processo si era costituita la Cgil, tutelata dall’avvocato Bruno Pettinari. Carp è stato condannato anche al pagamento di 5mila euro per ciascuna delle 9 parti civili (si erano costituiti i lavoratori).
Il Consorzio Arcale è assistito dagli avvocati Gabriele Cofanelli e Massimiliano Cofanelli e il consorzio Gips di Trento dall’avvocato Fulvia Bravi.
I due Consorzi si erano difesi sostenendo che la società Arcale avesse soltanto provveduto ad una attività imprenditoriale di mera fornitura di materiali edili, mentre la Gips a sua volta aveva affidato le lavorazioni ad una terza consorziata, «così che alcun rapporto lavoristico si era mai instaurato con i lavoratori» hanno sostenuto gli avvocati Gabriele e Massimiliano Cofanelli in una memoria difensiva per dimostrare l’assoluta estraneità delle aziende.
L’avvocato Massimiliano Cofanelli
«Con ogni evidenza – dicono i due legali – il giudicante ha accolto detta tesi e se pur le motivazioni saranno rese tra giorni novanta l’odierno dispositivo di sentenza ha respinto la domanda formulata verso i due Consorzi scagionando di conseguenza i due amministratori. Dopo un processo durato tre anni ed oltre dieci udienze dibattimentali la vicenda in esame sembrerebbe oramai conclusa con soddisfazione per le difese per il risultato conseguito e l’accertamento della verità».
L’avvocato Bruno Pettinari
«Attendiamo le motivazioni della sentenza per fare le nostre considerazioni in maniera più approfondita anche rispetto all’esito delle altre azioni civili ma già da oggi possiamo affermare che non ci eravamo sbagliati sette anni fa, quando decidemmo di denunciare pubblicamente le gravi mancanze riscontrate quotidianamente nei cantieri, fortemente lesive della dignità dei lavoratori e dell’immagine del nostro territorio – commentano la Cgil e la Fillea – Sicuramente la sentenza odierna è una vittoria per quei lavoratori che hanno trovato il coraggio e la forza di denunciare le condizioni a cui erano sottoposti ma deve essere anche vista come una vittoria di tutti coloro che quotidianamente si battono per il rispetto delle regole e della dignità delle persone. Anche oggi, nonostante gli sforzi e le conquiste ottenute per la tutela della legalità e dei diritti dei lavoratori non possiamo permetterci di abbassare la guardia verso ciò che avviene nel cantiere più grande d’Europa dove invece permangono forti elementi di preoccupazione».
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