Da destra: il cantautore Julian Corradini, il giornalista Federico De Marco, Gina, Ezio e Gianluca Quattrini figli di Costantino, Renzo Marziali dell’Ancr, la sindaca Lorella Cardinali, Stefano Cecarini del Banco Marchigiano, il lettore Daniele Mazzoccolo, Paola Giampaolo e Roberta Pisano nipoti di Giuseppe Fava, Fabrizio Quattrini presidente del Centro Studi Montecosaresi, Albino Mataloni dell’Ancr e lo storico Vito Carlo Mancino storico
di Marco Ribechi
«Per favore, non applaudite». Insolita richiesta quella fatta da Fabrizio Quattrini, presidente del Centro Studi Montecosaresi, all’interno dello splendido Teatro delle Logge, gremito fino all’ultimo posto per la presentazione del libro “Resistere nello Stalag XIII C”.
La storia del concittadino Costantino Quattrini, prigioniero dei tedeschi a Norimberga per circa due anni durante la Seconda Guerra Mondiale, non è uno spettacolo di intrattenimento che merita di essere salutato con l’approvazione del pubblico. Non è teatro, non è finzione ma tragica realtà. Nella data di commemorazione del Giorno della Memoria il suo diario di prigionia, ritrovato dai parenti in soffitta e pubblicato dopo circa 80 anni, vuole essere l’ennesimo monito per mostrare la barbarie di cui è capace l’essere umano quando l’odio e la bestialità sostituiscono i valori imprescindibili che dovrebbero unire i popoli invece che mandarli verso il cieco sterminio.
Daniele Mazzoccolo con la sua voce ha dato vita alle parole di Costantino Quattrini
Valori che, nonostante tutto, ancora oggi possono essere assenti, latenti, mistificati, come dimostrano i conflitti e gli assassinii che perdurano in più parti del pianeta. La memoria quindi non è la commemorazione dei defunti, ormai in pace, ma piuttosto una presenza viva, un ricordo di ciò che non dovrebbe mai più accadere in nessun luogo. Con queste premesse Il Centro Studi Montacosaresi ha divulgato il diario di Costantino Quattrini consegnando ai posteri un ulteriore, utilissimo documento per mostrare, ancora una volta, che quello che è accaduto è stato reale.
L’ultima testimonianza ritrovata di una galassia di dolore infinita. Catturato nel 1943 e deportato a Norimberga la sua colpa è stata quella di non volersi schierare dalla parte del male rifiutando, insieme ai suoi compagni, di arruolarsi nell’esercito nazista. Da questo gesto di eroica insubordinazione (scriverà meglio morto che con i tedeschi) inizia il suo calvario, perfettamente raccontato in teatro dalla voce narrante di Daniele Mazzoccolo, attraverso pagine autobiografiche scritte con dolore e rabbia, quasi con la consapevolezza che un giorno quella verità sarebbe stata divulgata.
Una delle nipoti di Giuseppe Fava mentre legge la pergamena donata dal sindaco e con le rose da deporre sulla ritrovata tomba del nonno a Norimberga
Con uno stile accorto e dettagliato Quattrini dà testimonianza delle angherie dei suoi aguzzini tedeschi, capaci di ogni sorta di cattiveria gratuita in grado di oltrepassare persino la stessa definizione di violenza. Freddo, fame, percosse, umiliazioni sono stati per circa due anni i compagni di vita di Quattrini costretto a subire in silenzio le continue provocazioni, non più padrone del suo destino ma semplice fantoccio da utilizzare a piacimento.
Toccante il racconto dell’omicidio del suo amico Giuseppe Pino Fava che prima di essere fucilato con 15 proiettili ebbe tempo di gridare: “Ma cosa ho fatto per morire così miseramente, ho due figlie”. Le due nipoti Paola Giampaolo e Roberta Pisano, giunte dalla Liguria a Montecosaro per l’occasione, hanno raccontato che prima della pubblicazione del diario nulla sapevano delle vicende del loro avo, completamente perduto nei meandri di una storia mai scritta e raccontata. Ora sanno almeno dove si trova la tomba dello sventurato nonno mai conosciuto, su cui porteranno la rosa rossa donata dal Centro Studi proprio a questo scopo.
Il cantautore Juliàn Corradini
Vite spezzate, fili interrotti e ricuciti si alternano sul palco del teatro di Montecosaro, anche attraverso le melodie del cantautore argentino Juliàn Corradini, che ha musicato il dolore di Quattrini. «Ringrazio il mio amico Federico De Marco (giornalista di Cronache Maceratesi e nipote dello stesso Costantino Quattrini) per avermi coinvolto in questa serata. Ho fatto un viaggio nel tempo e scritto, con Costantino, il brano “Povero cuore mio”, è stata un’esperienza davvero toccante». Mentre le corde della sua chitarra facevano vibrare l’aria del teatro, il pensiero, oltre che in Germania, andava anche in Argentina, terra dove sono migrati tantissimi reduci di Guerra, in particolare italiani e polacchi. Uomini vittime della storia, famiglie distrutte per ideali assurdi in grado di mettere l’uomo contro l’uomo. «Non credete a chi dice che la storia la scrivono i vincitori – dirà al termine lo storico Carlo Vito Mancino – la storia la si fà e i nodi vengono sempre al pettine». Il diario è anche questo, uno strumento per sciogliere i nodi. Il sindaco Lorella Cardinali, che ha omaggiato con varie targhe chi ha contribuito al recupero di questa memoria storica, visibilmente toccata dal racconto, concluderà il suo intervento con le parole di Primo Levi: «Comprendere è impossibile, conoscere è necessario».
Il sindaco Lorella Cardinali
La notte di ieri a Montecosaro è stato proprio questo, un tentativo di recuperare un’altra tessera del mosaico della verità per consegnarla ad un pubblico silente, ammutolito da ciò che negli anni rischia di diventare solo una convenzione, una ripetizione di un film già visto. Questo è il pericolo che corre la memoria se non la si rinnova proprio attraverso la sua continua rivitalizzazione, attraverso la compassione ma anche la rabbia per non aver fermato un disastro in corso. Per questo motivo la serata di Montecosaro ha un valore incommensurabile, quasi astrale. Al termine della serata tutti i presenti, colpiti ma allo stesso tempo felici di aver partecipato ad un appuntamento tanto intenso, sono stati omaggiati di una copia del libro. Costantino, che mai si stancava di raccontare le sue disavventure ai figli e nipoti, ne sarebbe stato sicuramente contento poiché attraverso il suo diario è riuscito a restituire la dignità strappata alle infinite anime di chi, a differenza sua, non è nemmeno riuscito a tornare a casa per riabbracciare i propri cari.
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