Guido Favia
di Francesca Marsili
«I casi di Dengue nelle Marche (come gli altri eventi degli scorsi anni in Italia) devono insegnarci che in futuro queste situazioni si potranno riproporre, e la gestione dell’ambiente necessiterà di interventi che dovranno essere anticipati e dovranno coinvolgere le comunità locali, con un approccio di salute unica, “One Health”». E’ quanto sostiene Guido Favia, professore di Parassitologia e prorettore alla ricerca dell’Università di Camerino che da anni concentra i suoi studi sulle zanzare come principali vettori di virus. «La situazione non deve essere sottovalutata – spiega – bensì destare attenzione costante perché i casi si stanno ripetendo. Occorre agire senza generare panico ingiustificato».
Un focolaio a Fano con molti casi accertati, un caso sospetto a Tolentino, ma cos’è la Dengue, che sta destando attenzione e preoccupazione?
«E’ una malattia virale trasmessa attraverso la puntura di una zanzara del genere Aedes. Nelle aree tropicali e sub tropicali, dove è presente la zanzara Aegypti, è endemica. In Italia abbiamo casi sporadici, causati dalla trasmissione attraverso la zanzara Tigre, presente da circa 30 anni un po’ in tutto il territorio nazionale».
Perché assistiamo a questi casi, anche nelle Marche?
«L’elevatissimo numero di viaggi internazionali e i cambiamenti climatici sono fattori che possono favorire l’emergenza e la diffusione di questa infezione nel nostro Paese. La trasmissione alle nostre latitudini è plausibilmente dovuta al rientro di persone da aree endemiche che non manifestano segni clinici o che li manifestano poco dopo il loro arrivo, ma che già albergano il virus in fase di replicazione. Il quartiere di Fano, dove è stato riscontrato il maggior numero dei casi è ragionevolmente un ambiente “tropicalizzato” per gli alti livelli di umidità, ombreggiamento e temperatura locali. Questo ha presumibilmente favorito la colonizzazione dell’ambiente da parte della zanzara tigre con alte densità di infestazione».
Dal punto di vista clinico, la Dengue è una malattia grave?
«Non esiste un trattamento specifico, nella maggior parte dei casi, circa il 60%, l’infezione evolve in maniera asintomatica o pauci sintomatica. In alcuni casi si manifesta con febbre alta che compare nell’arco di 5-6 giorni dalla puntura di zanzara ed è accompagnata da mal di testa acuti, dolori nella zona retro oculare degli occhi, forti dolori muscolari e alle articolazioni, stanchezza, nausea e vomito, rash cutanei che possono comparire sulla maggior parte del corpo dopo 3-4 giorni dall’insorgenza della febbre. In alcuni casi particolari può insorgere una sintomatologia più grave».
Cosa occorre fare per limitare quanto più possibile la Dengue?
«Non è pensabile di poter eradicare completamente la zanzara Tigre. Nel futuro sarà opportuno anticipare alla primavera le attività di controllo, eliminando i siti di riproduzione che sono per lo più localizzati in ambito privato e quindi riducendo la densità di popolazione degli insetti. Non si può demandare tutto alle strutture sanitarie, è necessario un coinvolgimento delle comunità locali per una lotta integrata, evitando disinfestazioni effettuate senza criteri razionali e aumentando il coinvolgimento dei cittadini nella riduzione dei siti di riproduzione delle zanzare nell’ambiente domestico. Chiunque può “allevare” zanzare, è sufficiente una bottiglia di plastica dove ristagni un po’ di acqua per far si che questo diventi un elemento favorevole alla proliferazione. La gestione dell’ambiente non può essere solo una dichiarazione di intenti, ognuno deve fare la sua parte».
Dal punto di vista della ricerca quali sono le attività di Unicam?
«Il mio gruppo di ricerca svolge attività di monitoraggio. Con trappole specifiche conduciamo campagne di cattura delle zanzare durante il periodo che va da primavera ad autunno inoltrato, cosi da verificare i flussi stagionali delle zanzare nelle aree selezionate e metterle in relazione alle condizioni climatiche ed eco-etologiche e identificare i fattori che favoriscono l’aumento o l’eventuale diminuzione delle zanzare. Le zanzare catturate vengono poi analizzate per definire le condizioni genetiche che favoriscono, ad esempio, la resistenza agli insetticidi e per verificare le presenze di eventuali patogeni. Tutto questo aiuta a definire delle mappe di distribuzione e di rischio che possono essere poi utilizzate per meglio definire le pratiche di intervento per ridurre la popolazione degli insetti».
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Bando ai criteri razionali, pugno di ferro ci vuole, perché noi sogniamo già conferenze stampa di primo mattino in tivvù dove parassitologi in tuta mimetica ci aggiornino sui dati delle zanzare tigre abbattute negli impetuosi raid di disinfestazione notturna, le chiameremo “Charlie” le maledette, come il diabolico nemico vietnamita dei marines che in qualsiasi momento si può manifestare nella giungla per uccidere.