Una scena della Norma di ieri allo Sferisterio
di Marco Ribechi
Norma brilla per il bel canto, lo Sferisterio applaude estasiato. Doveva essere la notte celebrativa della conquista della Luna, avvenuta il 20 luglio del 1969, e invece a rubare la scena al satellite della Terra è stata la stella di Marta Torbidoni, favolosa interprete della protagonista del melodramma di Bellini. Dopo il successo di Turandot trionfa in arena anche il secondo titolo in cartellone del Macerata Opera Festival che, sfoggiando un allestimento minimalista, lascia totalmente la scena alla musica e alle voci, veri effetti speciali dello spettacolo. Nella messinscena pensata dalla debuttante Maria Mauti infatti non c’è spazio per i fronzoli e per le decorazioni, resta solo l’essenziale, come in un gioco a togliere.
L’intera scenografia è composta da una grande Luna luminosa, appesa sul muro dello Sferisterio, e quattro scalinate con balcone metalliche, spostate di volta in volta (anche durante le esecuzioni) per creare differenti volumi e organizzazioni spaziali. «Ultimamente mi sono occupata di architettura» aveva detto la regista all’appuntamento mattutino degli Aperitivi Culturali. E in effetti il suo palco è pensato come una modulazione di volumi e di spazi, dove le grandi masse, sia della scenografia che degli interpreti, vanno ad occupare differenti posizioni quasi esclusivamente statiche. La ricerca della regia si propone quindi di attraversare i diversi ambienti dell’arena utilizzandone tutte le porzioni disponibili: la platea da dove fa l’ingresso il coro nel primo atto, il retropalco dove sfila furiosa Norma all’inizio del secondo atto, gli ingressi laterali e persino le botole da dove a più riprese entreranno gli elementi del coro. Queste incursioni inaspettate vengono inoltre quasi congelate al momento del canto dove gli interpreti, incluso il coro, sembrano essere bloccati in pose plastiche e statiche, come in tanti quadri che si avvicendano uno di seguito all’altro. Contribuiscono all’immobilità anche le luci che rispecchiano i colori della Luna, a volte argentei, a volte glaciali, altre più calde fino al rosso fuoco di Guerra guerra! Le galliche selve.
A compensare l’assenza di movimento e di elementi scenici però subentra la musica, splendidamente condotta dal Maestro Fabrizio Maria Carminati, anche lui al debutto in arena, capace di guidare la Form con estrema attenzione e minuzia. Infatti, nella penombra del palco, a dominare sono i meravigliosi interpreti e le raffinate arie i cui volumi, che costituivano la preoccupazione del Maestro, riescono a far percepire persino i passaggi più tenui esaltando anche un cast attoriale tutto italiano. Antonio Poli nelle vesti di Pollione, Roberta Mantegna in quelli di Adalgisa e la già citata Marta Torbidoni come Norma sono il valore aggiunto di una rappresentazione interamente dedicata alla musica in cui, in fin dei conti, c’è poco da vedere ma tantissimo da ascoltare. Densi ed emozionanti i duetti, sia quelli che vedono contrapporsi Norma e Pollione ma anche quelli in cui a sovrapporsi sono le voci dei due soprani che, anche esteticamente, appaiono l’una come il doppio dell’altro, confondendosi attraverso abiti e movimenti molto simili. I vari passaggi di quella che è un’opera molto impegnativa per la voce solista sono stati sottolineati da scroscianti battiti di mani, più di una volta legati forse anche a troppa esuberanza, ma che hanno comunque evidenziato quanto il pubblico stesse amando le esecuzioni canore.
Protagonisti in parte anche i due figli di Norma che entrano in scena fin dai primi secondi dell’introduzione come due ombre proiettate sul muro nell’unico video mapping della serata, una cascata di colori che potrebbe aver senso come richiamo all’infanzia ma che, nel prosieguo dello spettacolo, non viene più approfondita.
La scelta più ardita dell’intero spettacolo è forse quella dell’inizio del secondo atto dove la regista mette Norma di fronte a un trivio che ricorda quello di altre celebri nomi della letteratura: impazzire come Lady MacBeth il cui richiamo è dato da due grida di follia in una sfuriata nel retropalco, consegnare i propri figli alla nuova coppia e suicidarsi come la Butterfly, raffigurata come un gigante volto orientale che si staglia sul muro dell’arena, oppure ucciderli per vendetta contro Pollione come ha fatto Medea. Per un attimo si cammina su questa linea sottile che separa le tre opzioni, per poi arrivare alla scelta che determina la trama dell’opera. «Rendere visibile l’invisibile» aveva detto Maria Mauti sempre agli Antichi Forni, forse riflettendo proprio sul tentativo di far affiorare i tratti psicologici dei personaggi piuttosto che significati più universali o sociali. Norma quindi è uno spettacolo di canto puro dove la raffinatezza musicale di Bellini e la complessità delle parti del cantato non permettono distrazioni né richiami esterni, tutto è concentrato sul palco e nell’aria densa di un’arena gonfia di passaggi musicali.
Gli applausi di un pubblico evidentemente non da sold out ma comunque numeroso, sono il coronamento di una notte vincente che regala soprattutto una nuova stella del firmamento musicale, la nostrana Marta Torbidoni ormai già eroina dei melomani maceratesi.
(foto Luna Simoncini)
Molto bella, cantanti bravissimi, magia dello Sferisterio unica!
Carlo c'eri anche tu?
Sabrina Pupilli ohi, Sabrina, si ero presente. Amo l' Opera, amo lo Sferisterio. Anche tu c' eri?
Bellissima e molto bravi
Opera bellissima, di spessore le voci.
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