La scuola Don Bosco
di Francesca Marsili
Un Consiglio comunale straordinario ieri a Tolentino: con 12 voti favorevoli e 4 contrari, quelli dell’opposizione di centrodestra, approvata la richiesta per modificare l’ordinanza 33 con cui si chiederà al commissario alla ricostruzione Guido Castelli di riparare e lasciare la scuola Don Bosco in centro storico.
Il sindaco Mauro Sclavi durante il consiglio comunale
Un atto che punta a ribaltare il disegno dell’ex sindaco Giuseppe Pezzanesi, che attraverso quell’ordinanza voleva costruire una nuova scuola Don Bosco nella zona est della città, di fatto delocalizzandola a fianco del futuro nuovo polo scolastico delle Superiori. «Questa modifica avrà una valenza trentennale per il nostro territorio – spiega il sindaco Mauro Sclavi – era quello che la cittadinanza voleva, anche alla luce del nostro risultato elettorale».
Un punto portato a casa per l’amministrazione Sclavi che già in campagna elettorale aveva come primo obiettivo quello di far restare le scuole in centro. La richiesta di modifica approvata chiede di non delocalizzare la scuola Don Bosco, ma di ripararla e adeguarla sismicamente, quindi raggiungendo l’indice di vulnerabilità dello 0,8. Inoltre si chiede che nel terreno dove sarebbe dovuta sorgere la nuova scuola Don Bosco, con i soldi con cui si sarebbe dovuto acquistare lo stabile delle Ex Pie Venerini per farne una nuova scuola in centro, venga costruito un “contenitore” per far girare tutte la classi degli istituti tolentinati soggetti a ricostruzione.
«Una volta conclusa la funzione del contenitore, il polo scolastico delle superiori avrebbe una struttura che lo renderebbe campus a tutti gli effetti – aggiunge Sclavi -, resterebbe una struttura messa a servizio del campus a fungere da mensa e dormitorio. Abbiamo già stipulato un accordo con la Provincia, che si impegnerebbe, eventualmente, anche alla costruzione di impianti sportivi e di una strada che girerebbe attorno a questa struttura che diverrebbe una unica; questo dà un senso urbanistico e di funzionalità». Voto contrario alla richiesta di modifica da parte di tutti e quattro i consiglieri di opposizione del centrodestra che l’originaria Ordinanza 33 l’avevano sostenuta durante il secondo mandato Pezzanesi.
Silvia Luconi
«Con questo atto il sindaco intende chiedere all’ingegnere Loffredo dell’Usr, che firmava la relazione istruttoria all’ordinanza 33, di smentire quanto affermava. E cioè che, alla luce delle relazioni e degli studi fatti da tecnici sul territorio di Tolentino e sugli edifici scolastici interessati, concedeva i finanziamenti necessari per costruire una scuola nuova in centro storico e una nuova in contrada Pace – sottolinea la consigliera di Fdi Silvia Luconi – Controvertire un’ordinanza di questo tipo significa smentire tutto quello che si è detto sulla ricostruzione ex novo degli edifici, mettendo in discussione le professionalità di chi ha redatto determinati atti». Luconi chiede: «Siete consapevoli di quanto sia irresponsabile poiché non suffragata da un numero, da un progetto, da una relazione di fattibilità, da una tempistica di realizzazione e da documenti che dimostrino che quanto scritto dai tecnici incaricati prima e dall’ingegnere Loffredo poi, siano state solo mere dichiarazioni di pancia e quindi smentibili in qualsiasi momento? State tentando di far passare documenti ufficiali di professionisti come carta straccia. Se lo Stato mette a disposizione le risorse utili alla prevenzione delle catastrofi facendo costruire istituti nuovi, perché accontentarsi di molto meno?».
Alessia Pupo
Il vicesindaco Alessia Pupo, che dal 2019 porta avanti la battaglia della Don Bosco al punto di essere stata cacciata dall’allora sindaco Pezzanesi per aver caldeggiato il recupero, mostra tutta la sua soddisfazione: «Non siamo sprovveduti, il nostro indirizzo politico – amministrativo è supportato dai tecnici. E’ scritto nell’accordo istituzionale che possiamo recuperare l’edificio la Don Bosco garantendo quello che prevede la legge, lo 0,8 di indice di vulnerabilità. Nessuno di noi baratta consenso elettorale con la sicurezza dei nostri ragazzi. Vogliamo la riparazione della Don Bosco perché era nella vostra follia amministrativa sostenere che le scuole in centro ci sarebbero restate con la costruzione di un piccolo edificio rattoppato a posto delle Pie Venerini, non paragonabile alla bellezza e alla grandezza della Don Bosco, che tra l’altro sarebbe restato senza finanziamenti, vuoto».
Alessandro Massi
Anche il presidente del Consiglio Alessandro Massi, che assieme alla Pupo, sempre per la Don Bosco, fu cacciato dall’ex sindaco, si riprende la sua rivincita: «L’equilibrio che c’era prima del sisma era un valore aggiunto. Nel momento in cui si è scelto di delocalizzare gli istituti superiori nel campus, a est, mi sono opposto anche a quella della Don Bosco. Voi parlate di progetti – aggiunge rivolendosi al centrodestra – ma il progetto delle Pie Venerini in questo Comune non esiste, quello della Don Bosco non esite e soprattutto non c’era un’alterativa alla Don Bosco». Luconi su questo replica: «Massi mente dicendo che non c’era un progetto per mettere i ragazzi destinatari delle scuole che avrebbero subito i lavori come la Lucatelli, il Green o il Grandi. Sa benissimo che sarebbero andati nelle nuove strutture che avevamo finanziato, quindi la nuova Don bosco e la nuova Bezzi in centro. Noi avremmo già iniziato i lavori. Loro hanno già perso un anno e mezzo di tempo per cercare di cambiare un’Ordinanza, quando il denaro pubblico è già stato esborsato. Qualcuno della maggioranza sostiene che l’assetto urbanistico della città, in termini di scuole così come pensato era perfetto: una scuola a ovest, una al centro e una ad est, per coprire le varie esigenze della città. Verissimo: ed infatti la maggioranza di centrodestra, qualora avesse vinto le elezioni, avrebbe mantenuto certamente questo assetto con una grande differenza dall’attuale maggioranza Sclavi: che la scuola al centro storico l’avrebbe certamente mantenuta, non accontentandosi della semplice ristrutturazione di un edificio, seppur storico e bellissimo come quello dell’attuale Don Bosco, ma costruendone uno nuovo a soli 50 metri di distanza dallo stesso».
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