«Mio figlio con spettro autistico severo
perderà la sua insegnante di sostegno:
rispettare i diritti creerebbe un precedente»

LA LETTERA di una mamma che racconta come la docente che da due anni seguiva il ragazzo è stata destinata dall'algoritmo ad un'altra scuola. Manca il parere positivo di una dirigente per consentire di modificare le scelte fatte da un algoritmo. «La nostra è una dura lotta continua»

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autismoUn ragazzo con spettro autistico di grado severo costretto a ambiare insegnante di sostegno nell’ultimo anno di scuola a causa di un algoritmo. E’ l’ultima delel battaglie che si è trovata ad affrontare una famiglia maceratese che parla di “dura lotta” quotidiana per vedere riconosciuti i propri diritti. «Quando parlo di dura lotta – scrive la mamma del ragazzo –  Mi riferisco a tutte le battaglie che giornalmente devono affrontare le famiglie che non sanno più a cosa aggrapparsi per trovare delle risposte, delle alternative, delle certezze da parte di quelle istituzioni che dovrebbero aiutare e sostenere, ma che invece fanno finta di non sentire e non vedere la vera realtà. Le scuole, i presidi, i docenti si vantano tanto di fare inclusione, di attivare una didattica innovativa, di pensare al bene dei ragazzi. Poi, come sempre, quando una famiglia segnala una situazione che sulla carta si potrebbe facilmente risolvere senza ledere i diritti di nessuno, ecco che prevalgono logiche senza senso».

Quindi la sua storia: «Sono la mamma di un ragazzo con spettro autistico di grado 3, cioè di grado severo, che frequenta l’ultimo anno di una scuola superiore della provincia. Da ben due anni mio figlio è stato seguito da una docente di sostegno a tempo determinato. Quest’anno la continuità è stata interrotta per un cavillo burocratico, che non tiene conto certo dei diritti di mio figlio. Due docenti di sostegno sono state nominate giovedì scorso dall’Ufficio Scolastico Provinciale, una viene assegnata alla scuola di mio figlio (chiamiamola scuola B), l’altra, subito dopo, viene nominata nella scuola A, una blasonata scuola di Macerata. Tra loro due non ci sono altre persone nominate. Perché non rettificare le nomine in virtù della continuità didattica? Mi sono informata, lo prevede la legge n. 107 /2015 all’art 1 comma 181 lettera C n. 2».

Qual è il problema? «Il problema è che l’algoritmo non sapeva che la docente precaria assegnata alla scuola A, nella scuola B lascia un alunno che segue da due anni, mio figlio, un alunno con cui ha lavorato in presenza anche in tempi di Covid. La docente che, con pazienza e perseveranza è riuscita a fare breccia nel cuore e nella testa di un ragazzo autistico non verbale, ottenendo in due anni grandi risultati in termini non solo di didattica, ma anche di autonomia e capacità relazionali. Per questo motivo e per tante altre ragioni ho chiesto la continuità didattica al dirigente, sperando che per il terzo e probabilmente ultimo anno di scuola, il lavoro iniziato potesse essere portato a termine».

La mamma ha scritto anche al Provveditore agli studi, Roberto Vespasiani, affinché potesse trovare una soluzione. «Ho ribadito il diritto alla continuità didattica a tutti – spiega – Ho anche provato a chiamare la dirigente dell’altra scuola, ma non sono neanche riuscita a parlare con lei per telefono. Da una parte la scuola di mio figlio si è attivata, ha parlato con le docenti, che si sono rese disponibili a scambiare la sede di servizio. Ha interpellato il Provveditore, che ha dato il suo parere favorevole ed ha illustrato la normativa che prevede la possibilità di mettere in atto lo scambio tra le docenti. Anche il Collegio dei docenti ha espresso parere favorevole.
Dall’altra parte la scuola A, l’Iis Ricci di Macerata, nella persona della dirigente Rita Emiliozzi, ha negato la possibilità di scambiare la sede di servizio. Come motivazione ha detto che non intende creare un precedente. Infatti rispettare i diritti di mio figlio potrebbe creare un pericoloso precedente. Io sarei orgogliosa di creare un precedente di sensibilità e umanità nei confronti di giovani con disabilità. È questa la vera inclusione che si realizza nelle scuole?»



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