“La Vernaccia nera esiste”. A decretarlo sono stati lo chef stellato Errico Recanati, il noto giornalista e critico enogastronomico Carlo Cambi, il divulgatore enoico Francesco Saverio Russo e un’altra prestigiosa firma del settore come Pierpaolo Rastelli (Gambero Rosso). Tutti “convocati” da Mosè Ambrosi, deus ex machina delle Cantine Fontezoppa, in un momento di “alta degustazione” al Vecchio Caffè Maretto di Civitanova. Una serata allietata dagli intermezzi musicali di David Mazzoni, il tenore che lavora come operatore ecologico ad Ancona ed è stato finalista dell’edizione 2021 di Italia’s Got Talent, e dagli ottimi piatti realizzati da Emanuele Francioni, 29enne treiese talento della cucina locale (anche lo chef Recanati ha fatto assaggiare alcune delle sue delizie).
Nelle locandine campeggia una citazione di Mario Soldati: “Piove più forte quando arriviamo, affamati, a Serrapetrona. L’aspetto del luogo, cupo, roccioso, addossato ad un pendio ripidissimo e quasi in una gola montana, non tradisce la suggestione iniziale del nome. Ma la Vernaccia… la Vernaccia non esiste”. Era il 1970 e solo negli ultimi anni, grazie al lavoro di Fontezoppa, la Vernaccia nera ha trovato una nuova e forte identità.
«Nel 1999 abbiamo acquisito i terreni storici che avevano smesso di produrre vino – ha raccontato Mosè Ambrosi -. Il Pepato, così ribattezzato da Joe Bastianich a New York, è il vino che mi ha aiutato a vendere la Vernaccia in giro per il mondo, ed oggi è il rosso più venduto di Fontezzoppa, abbiamo prodotto circa 60mila bottiglie».
Carlo Cambi ha raccontato diversi aneddoti di un luogo magico: «A Serrapetrona hanno avuto la fortuna di avere un vitigno unico con delle escursioni termiche da laboratorio (tra i 1o e i 15 gradi tra giorno e notte), lo strato di terra che ricopre la roccia non è più spesso di dieci centimetri: la mineralità di questo vino è impressionante, la carica fenolica di quest’uva è straordinaria e non ha bisogno degli antiossidanti basici perché già lì ha un ambiente naturale che la preserva».
«Poi Serrapetrona si è inventata la Docg con un vino, lo spumante dolce, unico in Italia ma che non ha nessuna possibilità di abbinamento con nulla, se non con il torrone di Camerino e con… la tombola – ha aggiunto Cambi – Un vino del genere era destinato a morire e non a caso erano rimasti 35 ettari (oggi saliti a 53, ndr). Lavorando sulle caratteristiche del vitigno e valorizzando questo patrimonio genetico unico, Fontezoppa con grande pazienza e senza violentare minimamente l’uva, nel corso degli anni è riuscita a portare a tavola questi vini di grande qualità di cui oggi possiamo apprezzare il risultato».
Cinque i vini in degustazione (il Rosè 2016, il Pepato 2018, il Morò 2018, il Morò 2009 e il Cascià 2011) esaltati durante la serata dalle parole degli esperti e di cui rimandiamo alla recensione scritta da Francesco Saverio Russo nel suo blog (LEGGI QUI).
(redazione CM, foto Federico De Marco)
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