di Monia Orazi
Un manto della Vergine di lapislazzuli, l’ombra di un calamaio in chiaroscuro su una mensola di una zona dipinta già di scuro, una nuvola dipinta in modo dettagliato come se fosse vera: sono queste le scoperte dell’esame ad alta definizione di due dei quadri della mostra “Camerino fuori le mura; prospettive d’arte dal Quattrocento al Settecento”, inaugurata oggi pomeriggio a palazzo Castelli di Camerino, nata dalla collaborazione tra Comune, Curia, Università di Camerino, finanziata dalla Regione Marche. E’ la prima ad essere organizzata nel cratere dopo il sisma.
I quadri potranno essere esplorati con uno schermo interattivo che consente di evidenziare i più piccoli particolari e di soddisfare le proprie curiosità. E’ come fare una radiografia a colori, ai dipinti vecchi di secoli, ma nuovi nella percezione e nella fruizione culturale. Al secondo piano di palazzo Castelli, il verde e l’oro sono i colori dominanti. Sono esposte le opere salvate dal terremoto, dai quadri di Valentin de Boulogne che erano stati in mostra a New York, alla statua lignea della Madonna che si trovava a Santa Maria in via, al busto bronzeo realizzato da Gian Lorenzo Bernini in persona che era in uno dei saloni di palazzo comunale Bongiovanni. In mostra anche “Visione di San Filippo Neri” del Tiepolo che era nella chiesa di San Filippo in centro e l’Annunciazione di Giovanni Angelo D’Antonio, oggetto di indagine diagnostica e ricostruzione del dipinto nei minimi dettagli grazie all’alta definizione. Ha detto il sindaco di Camerino Sandro Sborgia: «Teniamo molto a questa mostra per i diversi significati che riveste, tra cui quello di voler dare un segnale di esistenza in vita, restituendo alla collettività il suo patrimonio artistico. Un ringraziamento speciale a coloro che hanno lavorato per il recupero delle opere carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale».
È toccato poi al rettore Unicam Claudio Pettinari illustrare le ragioni che hanno spinto l’ateneo a mettere a disposizione palazzo Castelli: «Eravamo convinti di aver perso le nostre opere d’arte non si sapeva dove sarebbero state portate. Pensare di inaugurare una mostra come questa non era nella nostra mente, grazie al sostegno della Fondazione Carima, è il primo intervento di ricostruzione, che è stato fatto proprio su palazzo Castelli, il primo spazio storico restituito alla comunità. Ho chiesto ai ricercatori in biologia e botanica un grande sacrificio, togliendo gli spazi destinati alla mostra, ma era necessario esporre la bellezza delle opere che si sposa a questo palazzo. Immagino questa mostra con il vicino orto botanico come un percorso di bellezza, abbiamo messo a disposizione questo spazio che valorizza le opere». L’assessore alla cultura Giovanna Sartori ha affermato: «Per me è una grande emozione, a giugno del 2019 abbiamo avuto il finanziamento della Regione Marche per la valorizzazione delle opere d’arte salvate dal terremoto. Ci siamo subito chiesti dove esporle, in quanto gran parte delle strutture sono inagibili poi da un’idea del consigliere comunale Riccardo Pennesi, è venuto fuori questo spazio. Questa è una zona della città che è ripartita, un filo conduttore della mostra è l’importanza storica e culturale della città». Sono intervenuti anche i componenti del comitato scientifico Barbara Mastrocola e Francesco Orsolini. Insieme a loro fanno parte del comitato scientifico Pierluigi Falaschi, Marina Massa, Matteo Mazzalupi, Alessandra Pattanaro, Claudio Pettinari. L’allestimento è stato curato da Marco Armoni.
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