Da sinistra: Paolo Rinaldi, comandante Nucleo operativo di Camerino; Nicola Candido, comandante provinciale dell’Arma; Roberto Cara, comandante Compagnia di Camerino; il luogotenente Claudio Fabbrizio, comandante della stazione di Pioraco
di Gianluca Ginella (foto Fabio Falcioni)
Scaltro e imprevedibile, un uomo che parla 5 lingue e che era conosciuto come un bravo elettricista, lavoratore, e che non ha nessun precedente con la giustizia. È stato difficile per i carabinieri inquadrare questo 33enne che vive a Pioraco da tanti anni, che si è rivelato essere l’autore di 9 incendi (altri tre gli sono contestati, rispetto ai sei di cui abbiamo riferito ieri).
Al capitano Roberto Cara, che comanda la Compagnia di Camerino, ha chiesto aiuto quando ha iniziato a confessare gli incendi, messo alle strette da una serie di elementi che lo incastravano: «Mi aiuti capitano, ho un problema e devo essere aiutato», ha detto, salvo poi tornare a colpire. L’ultimo incendio ha dimostrato una notevole freddezza e preparazione tecnica quando il 3 giugno al pronto soccorso di Camerino, accompagnato dai carabinieri per una visita con una psicologa, rimasto solo pochi minuti nel gabinetto del medico (i carabinieri non potevano entrare) ha smontato un quadro elettrico e usando il liquido disinfettante (di quelli che vengono usati per detergere le mani) ha provocato un principio di incendio. Il tutto in pochi secondi. A quel punto è stato arrestato. Ma a lui, come sospettato dei roghi, i carabinieri erano arrivati presto, già dopo il primo episodio, che risale al 28 maggio quando ha dato fuoco a due camion in un cantiere di Castelraimondo, lo stesso dove poi è tornato il 31 maggio per appiccare un altro incendio. Gli operai, sentiti dai carabinieri, hanno detto di aver visto un uomo allontanarsi da un camion e poco prima che scoppiasse il rogo. Il 33enne ha poi aiutato gli operai a spegnere l’incendio che lui stesso aveva appiccato. Tale l’imprevedibilità del 33enne che i carabinieri hanno chiamato l’indagine Cigno nero, dalla teoria di Nassim Nichola Taleb che studia l’imprevedibilità di determinati eventi.
Il colonnello Nicola Candido
«Una persona che ha agito in maniera anomala, e che anche compreso di essere stato individuato ha continuato – ha detto il colonnello Nicola Candido, comandante provinciale dell’Arma -, un atteggiamento, quello che ha tenuto l’arrestato, che ci ha meravigliato».
Cigno nero, quando ancora non aveva questo nome, è una indagine che nasce il 28 maggio, appunto con l’incendio di un furgone e di un camion a rimorchio a Castelraimondo, in via Ugo Betti. Il 30 maggio, all’1,30, l’indagine si arricchisce di un altro elemento su cui far luce: vengono dati alle fiamme due carrelli elevatori e un gruppo elettrogeno nell’officina meccanica di Mauro Pascucci, a Gagliole con un danno di 50mila euro circa. A mezzanotte e trenta minuti del 31 maggio altro incendio nella stessa officina, appiccato con 5 diversi focolai. Le fiamme, accertano i carabinieri, sono state appiccate con un acceleratore chimico: danneggiati un lavaggio auto, un muletto, un motore ausiliario per betoniere e parte della struttura che ospita l’officina con decine di migliaia di euro di danni. Circa un’ora dopo, a 5 chilometri di distanza, scoppia un altro incendio, ancora una volta nel cantiere di via Ugo Betti.
Il capitano Roberto Cara
Danni ingenti, per circa 80mila euro e il rischio di conseguenze ben peggiori perché nel cantiere c’erano otto bombole di Gpl da 35 litri, «fossero esplose, ora saremmo qui a parlare di ben altro» dice il capitano Cara. Ma poi il piromane cambia, si sposta a Camerino, e alle 22,30 del primo giugno entra in un pub e consuma un cocktail, «poi entra nel bagno, appicca un incendio, chiude e si porta via la chiave, che abbiamo poi ritrovato nel corso di una perquisizione a casa dell’indagato, nonostante avesse cercato di disfarsene per evitare la trovassimo» spiega Cara. Ma al piromane non basta: colpisce ancora, poco dopo il rogo al pub, dà fuoco a dei bancali in legno vicino ad un negozio di animali “Amici a 4 zampe”. Stavolta però non si accorge che c’è una telecamera che riprende proprio il momento in cui appicca l’incendio. L’1 giugno i carabinieri vanno a casa sua. Lui nega. Ma i carabinieri lo mettono davanti alle prove che hanno, e a quella riprese delle telecamere. Confessa i roghi di Camerino, nega gli altri.
Il giorno dopo chiama il comandante della stazione di Pioraco, il luogotenente Claudio Fabbrizio, e dice che vuole confessare anche gli altri incendi. Pare pentito. Invece il 3 giugno colpisce ancora: stavolta appicca le fiamme nel bagno dell’area di servizio 2R in località Carbone di Camerino. I carabinieri vanno di nuovo da lui, chiede di essere portato in ospedale per uno screening psichiatrico. Pochi minuti che resta solo e appicca un altro incendio. I carabinieri stavolta lo arrestano perché c’è la flagranza del reato. Nel reparto, quando ha innescato l’ennesimo rogo, c’erano otto operatori sanitari tra medici e infermieri e cinque pazienti in attesa. Ora il 33enne si trova ai domiciliari nel reparto psichiatrico di Macerata dove è piantonato ed è in attesa della convalida dell’arresto. Durante le confessioni ha detto al capitano Cara di aver dato fuoco a qualcosa a Siviglia 10 anni fa, la motivazione di quanto ha fatto? «Ha ribadito che è per il grave stress che percepisce» spiega Cara. Il colonnello Candido aggiunge che «i danni che ha provocato sono di decine di migliaia di euro».
Due roghi nel giro di un’ora e mezza, a fuoco officina e cantiere Indagini dei carabinieri in corso
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