Il blitz nella stanza d’albergo,
le perquisizioni al Padova calcio
e l’indagine che è finita nel nulla

MACERATA - Il commercialista Andrea Valentini, in passato vice presidente di Banca Carima, a sei anni dall'inchiesta della Guardia di finanza: «E' stata archiviata, le accuse erano inesistenti»

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Andrea Valentini a Macerata

 

di Luca Patrassi

Il blitz avvenne all’alba, o quasi, del 6 giugno 2014. Blitz in grande stile, ingente lo spiegamento di uomini e di mezzi in diverse città italiane. Poche ore e sui siti e l’indomani sui giornali era un rimbalzare di notizie e di commenti. Nel mirino della Guardia di Finanza c’era l’allora vertice del Padova calcio, il presidente dell’epoca e l’amministratore delegato che rispondeva al nome del commercialista maceratese Andrea Valentini. «Ostacolo alla vigilanza» fu l’ipotesi di reato di allora avanzata dal pm di Padova. Padova è una città che ha una lunga storia, anche di calcio. Quel blitz occupò a lungo le pagine dei giornali. Poi il silenzio, di lì a poco si svolsero le elezioni, anche quelle comunali, e i giornali si occuparono d’altro. Giusto la curiosità di qualche cronista per aggiornarsi sull’evoluzione dell’inchiesta, ma niente. Sono passati più di sei anni, Andrea Valentini è seduto ad uno dei tavolini del bar Nino a Macerata. Ovviamente non fa più l’amministratore delegato del Padova, l’occhio è sempre quello di un tempo, vigile ed ironico. Gli anni, però, per lui e per tutti, sono passati.

Scusi, ma questa indagine che fine ha fatto? La domanda innesca un lungo flash back che rivela non solo l’esito della mega-indagine padovana ma anche qualche (divertente) retroscena della politica maceratese.

«L’indagine? Finita nel nulla. Era inesistente l’accusa (i presunti rapporti tra il Parma e il Padova), ove fosse stata vera non avrebbe integrato alcun reato, il tribunale di Padova non aveva neanche la competenza territoriale, al punto che la Cassazione dichiara l’incompetenza territoriale di Padova visto che la sede del Covisoc è Roma. Indagine finita subito con l’archiviazione».

Eppure il clima che ha trovato a Padova era tellurico…

«In poche settimane mi trovai con la Digos che mi chiedeva di informarli sui miei spostamenti per via dei tifosi. Questo fino al voto di ballottaggio per l’elezione del nuovo sindaco di Padova, con il candidato della Lega che aveva caricato i tifosi: “se vinco io, il Padova tornerà ai padovani”».

In effetti il padovano doc vinse, di pochi voti, chissà se gli ultras siano o meno stati decisivi. Di sicuro l’episodio centrale della vicenda che, suo malgrado, coinvolse Valentini, accende quel periodo…

«Vennero a svegliarmi al mattino nella mia stanza d’albergo, poi fecero tutte le perquisizioni dopo avermi notificato l’avviso di reato. Inutilmente, una volta presa visione di quel documento, cercai di spiegargli che l’accusa non solo non era vera, ma non era nemmeno considerata un illecito sportivo. Fecero un blitz degno di una operazione antimafia, tale fu lo spiegamento di uomini e mezzi».

Alla fine tutto bene, indagine archiviata…

«Poco prima di quel blitz il medico del Padova, che è un cardiologo, mi aveva fatto fare un check-up. Tutto perfetto. Un anno dopo ho subìto un delicato intervento cardiologico».

Mi faccia capire, ha denunciato qualcuno per quella disavventura?

«No, non ne ho voluto più sentir parlare».

Del periodo padovano un bel ricordo c’è…

«Iniziò anche l’avventura calcistica ad alti livelli di Federico Melchiorri, che si era portato dietro mio figlio Marco, allora diesse del Padova».

Il calcio è stato un riferimento professionale per Valentini che a Macerata si è espresso anche in una delle sue passioni, la politica. Riferimento il partito socialista negli anni del craxismo. Sono gli anni Novanta, il Comune è a guida Dc (da Cingolani a Ballesi) ma il Psi ha pure numeri importanti, ha 7 consiglieri su 40. Tra questi Valentini, arriva a fare il vicepresidente della banca Carima, dopo una durissima azione di contraerea.

«La nomina la faceva il ministro delle Finanze sulla base di una terna di nominativi fornita da Bankitalia. Il mio sponsor era Angelo Tiraboschi che fece il mio nome al ministro collega di partito. Sembrava tutto a posto, una sera il ministro telefona a Tiraboschi per dirgli che lo aveva chiamato Craxi per la Carima e voleva un Valentini sì ma con un altro nome di battesimo. Tu nomina Andrea, gli disse, se Craxi ti dice qualcosa rispondi che pensavi fosse lui quello giusto… Così fece e mi trovai vicepresidente. Alla prima riunione mi fecero un ricorso al Tar, la Carima contro di me, incarico legale dato dalla Carima a Massimo Saverio Giannini, io mi rivolsi a Ranieri Felici e la spuntai».

Poi ha avuto altri incarichi bancari…

«Ho guidato il Cai, che era la sezione di credito speciale delle Casse di Risparmio e poi quasi per caso il Credito Sportivo. Tremonti aveva nominato un altro che era finito nei guai pochi giorni dopo, gli fecero il mio nome e fui nominato».

Torna spesso a Macerata, come la trova?

«Sono in città da una quindicina di giorni, ho conosciuto il nuovo sindaco, mi sembra una persona perbene e concreta. Quanto a prima posso riferire un episodio: in pieno lockdown a Roma le ztl erano aperte, le telecamere spente. A Macerata sono riuscito a prendere una multa alle 11 per divieto di transito in centro».

Quindi più macchine in centro è la soluzione?

«Nel 1992 l’allora ingegnere capo del Comune, Arrà, diceva che la soluzione era il parcheggio in piazza Libertà. Oggi per rendere attrattivo il centro ci vogliono sì i servizi ma anche qualcosa, ci deve essere qualcosa per attrarre persone».

Scusi, una curiosità: lei ha fatto il presidente del Credito sportivo ma a Macerata non si è visto un vostro intervento…

«Abbiamo erogato finanziamenti agevolati a tutti in tutta Italia, da Domodossola a Trapani, meno che a Macerata almeno durante la mia presidenza. Non è stata cattiva volontà da parte nostra, non ci hanno mai considerato».



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