L’istituto comprensivo Don Bosco di Tolentino
di Giacomo Gardini
La scuola Don Bosco si divide in due: a Tolentino la giunta ha deliberato la delocalizzazione parziale dell’istituto comprensivo in contrada Pace. Alla decisione è seguita la richiesta agli uffici competenti di trasferire il contributo di 8 milioni di euro, concesso per la riparazione dei plessi scolastici danneggiati dal sisma, per la costruzione di due nuovi edifici. Uno nel circuito del centro storico, l’altro in contrada Pace, adiacente al futuro campus dedicato agli istituti superiori. Nel solco della frattura “strutturale” si colloca il grido di vendetta del comitato “Don Bosco” e delle forze politiche di opposizione che ne fanno parte.
Alessandro Massi (Tolentino Popolare)
«Una conferma preventivata dallo scontro dello scorso febbraio tra me e il sindaco Giuseppe Pezzanesi – ricorda Alessandro Massi, di Tolentino Popolare -. Parte dell’istituto sarà spostata su un terreno privato, in un’ottica di opportunismo politico: c’è una chiara strategia di rivalutazione dell’area. Ciò che infastidisce di più – conclude – è il gioco del “la scuola resta in centro”, un contentino alla cittadinanza. Non c’è alcun atto ufficiale dell’amministrazione in merito alla gestione dell’area delle Pie Venerini, dove dovrebbe sorgere l’ipotetica struttura: nessuna trasparenza, nessun confronto. Trattare la questione in questa maniera, inviando qualche “truppa cammellata” a giustificare con evidente difficoltà le scelte compiute, ci lascia allibiti. L’obiettivo è uno: delocalizzare, a beneficio della contrada Pace e a scapito del centro storico».
Alessia Pupo (Forza Italia)
Non è da meno l’intervento dell’ex assessore Alessia Pupo, che invoca chiarezza: «La Giunta deve spiegare ai cittadini di Tolentino perchè ha rinunciato alla Don Bosco. Stiamo parlando di una struttura di oltre 4mila metri quadri, con un giardino splendido, una pista di atletica, una palestra e un campetto polivalente. Spezzettare l’istituto comprensivo non migliorerà di certo la situazione delle scuole». La scelta più corretta, a suo avviso, sarebbe quella di «attendere il parere di professionisti qualificati – conclude l’esponente di Forza Italia – altrimenti la Don Bosco rischia di diventare un’enorme cattadrale nel deserto. Inoltre, posta in questo modo, la questione potrebbe toccare tutti i palazzi storici del centro. Cosa facciamo, delocalizziamo tutti gli edifici, compreso il palazzo comunale o il palazzo Sangallo?».
Cicconetti (M5s) e Corvatta (Pd)
C’è un nodo da sciogliere, spiega il M5s, in merito all’edificio che resterà in centro, nell’area delle Pie Venerini: «Dov’è il progetto preliminare che il sindaco ha mostrato al direttivo delle scuole durante l’incontro all’auditorium dell’Assm? – si chiede Martina Cicconetti – In Comune non ve n’è traccia. Dov’è la delibera con cui si affida le redazione del progetto a un tecnico privato? Pezzanesi, vista la velocità nel prendere la decisione, deve aver già ricevuto l’indice di vulnerabilità della Don Bosco, o no? Una cosa è certa: pagheremo l’incompetenza di questo sindaco per almeno i prossimi trent’anni». Tinte più drammatiche per la profezia delle forze d’opposizione del Pd: «Da oggi il centro storico è definitivamente morto – tuona Gianni Corvatta -. A nulla è valsa la mobilitazione di un’intera città, con la raccolta firme. Una decisione incomprensibile, che assesta il colpo di grazia ai quartieri interni alle mura, già provati dal sisma».
Marina Benadduci (Città in Comune)
Secondo il gruppo Città in comune, «il sindaco e la Giunta giocano a fare gli immobiliaristi e gli impresari edili con denaro pubblico destinato al miglioramento di edifici scolastici. E’ normale che l’amministrazione acquisti un edificio gravemente danneggiato dal sisma, di proprietà della Curia, per costruire una struttura di cinque piani in centro storico? Gran parte dei cittadini è tenuta all’oscuro di come stanno realmente i fatti». Emanuele Porfiri, del Pci, parla infine di «una scelta sbagliata e pericolosa, soprattutto per la conservazione del tessuto del centro storico cittadino. La scuola Don Bosco non va né spezzettata né delocalizzata».
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Da genitore preferisco che i miei figli vadano si una struttura nuova sicura è totalmente antisismica piuttosto che se una struttura vecchia e rattoppata anche perchè dobbiamo metterci in testa che viviamo in una zona altamente sismica,o ce lo ricordiamo solo quando ci sveglia una scossetta alle 2 di notte?
e poi la vita del centro storico dipende dalla scuola perché in due fasce orarie (8 e 13) pulmann e macchine intasano un quartiere??a parer mio 2/3 esercizi nelle immediate vicinanze (cartolerie panetterie alimentari) subirebbero un danno per la delocalizzazione,per il resto non credo!