L’Infinito di Leopardi,
una poesia gender

IL COMMENTO - Una lettura originale del capolavoro a duecento anni dalla sua creazione

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L’Infinito esposto a Recanati

di Donatella Donati

Per una nuova teoria del genere o del gender. Il bicentenario della creazione leopardiana dell’Infinito ci suggerisce una lettura in chiave linguistica esaminando le parole che usa e che, da poeta qual egli è, sgorgano spontaneamente dalla sua penna.

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Donatella Donati

L’inizio “Sempre caro mi fu” ci pone il primo interrogativo. Perché “ mi fu” , questo passato remoto che allontana l’attenzione di chi legge dal presente? Un po’ meno giovane di lui, Ugo Foscolo, usa il passato remoto all’inizio di una poesia altrettanto nota quanto quella di Giacomo: “ Nè più mai toccherò le sacre sponde………” che si conclude con un ‘a noi prescrisse il fato illacrimata sepoltura’ che è quasi un naufragio leopardiano. La forza dell’ irreversibilità del tempo trascina anche i personaggi che lo vivono.
Ed infatti è il tempo il protagonista di entrambi i due inizi, in modo kantiano con la considerazione che ogni percezione per essere compresa deve essere collocata nello spazio e nel tempo. Spazio e tempo dunque sono i presupposti su cui Giacomo e Ugo fondano il loro ragionamento come nella Ragion pratica di Kant passando subito dopo all’espansione del pensiero.
Se non sapessimo che sono Giacomo e Ugo gli autori a cui ci riferiamo potremmo capire dai loro versi che si tratta di due uomini ? Questa è la prima novità, scoprire che a firmare questi versi famosi potrebbero essere indifferentemente Giacomo o la sorella Paolina, Ugo o Luigia, non essendoci segnali grammaticali tali da individuare il genere di chi scrive ed è questa per quanto riguarda Leopardi e il suo Infinito l’insospettabile scoperta.
Sembra che lo faccia deliberatamente per non farsi riconoscere e solo chi dà per scontato che a scrivere la poesia è lui non ha dubbi che Paolina non c’entri affatto.
Ma supponiamo, per riderci sopra , che qualche burlone trovi un altro autografo dell’Infinito come quel tale di Cingoli che l’ha preso per vero, il cui ultimo verso sia “ e sono come naufraga in questo mare”; allora sì che potremo pensare che l’autrice della poesia è Paolina.
Se osserviamo l’ambiguità con cui si esprime il genere di chi parla, siamo costretti ad ignorarlo, per lo meno finché non arriviamo alla firma finale . Quando Leopardi nella poesia All’ Italia prorompe in un grido esasperato : “io solo combatterò, procomberò sol io” chi ci autorizza a credere senza quella firma finale che chi si esprime così è un maschio e non una femmina?
Nella poesia moderna Montale tenta con tutti i suoi infiniti nella poesia Meriggiare di cancellare il genere di chi si esprime, ma ci cade dentro all’inizio quando scrive “meriggiare pallido e assorto “ dimostrandosi non altrettanto abile quanto Leopardi nella cancellazione del genere.
Nell’Infinito leopardiano è tutt’altra cosa e il dubbio sull’identità dell’autore o dell’autrice resta.
Per questo possiamo dire che la poesia non esprime generi, non dá voce ad un genere, ma piuttosto come suol dirsi oggi ha un gender in cui il sesso non c’entra più ma c’entrano invece la cultura, la bellezza, l’armonia, le virtù…
L’ipotesi che proponiamo è suffragata dalla naturalezza con la quale il numero di parole femminili equivale a quello delle parole maschili e come la stessa altalena tra quel, quello e quella in tutta la poesia esprima il rifiuto del genere e la ricerca di un significato più profondo a cui non è estraneo il continuo uso del dimostrativo del dialetto recanatese (otto volte usato) .
Gli otto aggettivi dimostrativi in una poesia tanto breve sono veramente eccezionali e rappresentano la danza tra questo e quello di parole il cui genere è sempre di carattere culturale, quindi è gender.
Mi si dirà che lo sforzo fatto non per quadrare il cerchio ma per sconvolgerlo è un arbitrio e che per capire Giacomo ci vogliono salti in aria. Ma è proprio così: se leggete e rileggete il suo Infinito non vi restano che interrogativi e balzando dall’uno all’altro forse riuscite a sentirne meglio il fascino interrogandovi su cos’è la poesia.



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