ZONA ROSSA
Camerino, un silenzio lungo due anni:
a pezzi il cuore antico della città (FOTO)

REPORTAGE A 24 MESI DAL SISMA - Nel centro storico il tempo si è fermato all'ottobre del 2016: ci sono ancora le carcasse di auto devastate dal terremoto, nei locali e nelle abitazioni tutto è rimasto come dopo le scosse. Desolazione e macerie. Solo 38 le case agibili, ma non sono utilizzabili. L'esercito continua a presidiare gli ingressi. Un ex commerciante che aveva l'attività vicino al tribunale: «Sarà dura ricostruire il borgo, i danni sono enormi. Il mio locale l'ho dato per perso». Al City Park hanno riaperto 60 delle 220 attività del centro: «Abbiamo perso i sacrifici di una vita in pochi secondi. Qui gli affari non vanno bene»

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(in alto la galleria fotografica)

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Un’auto distrutta dal crollo di pietre e calcinacci: è ancora lì come due anni fa

di Giovanni De Franceschi 

(foto di Monia Orazi)

Una tavola imbandita, i vestiti ancora sullo stendino. Nel circolo i segni delle ultime bevute, degli ultimi caffè. L’oratorio è squarciato, si vede il cielo. Macerie, silenzio, auto accartocciate: qui lo Stato sembra essersi fermato. E con esso il tempo. Un segno di resa? «Manca la volontà di ricostruire, se andiamo avanti così anche 20 anni potrebbero non bastare», tuona il sindaco. Due anni sono passati dalle scosse che hanno messo in ginocchio la città, ma per il centro storico di Camerino non sembra trascorso neanche un giorno. Piccoli passi verso l’oblio. Una zona rossa di 248mila metri cubi, la più vasta dell’intero cratere.

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Il sindaco Gianluca Pasqui nella zona rossa

Militari presidiano le vie d’accesso. Dentro, una città fantasma. Entrarci è come camminare in un cimitero, un cimitero di storia, di cultura. Ormai si può solo immaginare la vitalità di un piccolo gioiello come questo. In ogni via campeggiano inutili insegne di bar, ristoranti, attività commerciali, studi professionali. L’antico Palazzo ducale, sede storica dell’università, è muto. Muto anche il duomo che avrebbe dovuto accogliere il nuovo vescovo. Mute le chiese di Santa Maria in Via e di San Filippo. Muta piazza Cavour, riaperta e subito richiusa dopo le ultime scosse di aprile. La statua di papa Sisto V un monumento nel deserto. Muto corso Vittorio Emanuele II, il municipio sbarrato. Nel vecchio circolo cittadino i tavoli da biliardo sono diventati grigi, come i calcinacci che li circondano. Nascosti i capolavori del Tiepolo e della scuola di pittura del Quattrocento.

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L’oratorio San Giovanni Decollato

Le case abbandonate in tutta fretta, testimoni silenziose di una fuga di massa. I vestiti lasciati ad asciugare, i letti sfatti, i piatti sulla tavola. Non c’era tempo. E ora il tempo stringe. Un fiocco celeste adorna un portone, quel piccolo oggi dovrebbe avere due anni e probabilmente non riuscirà mai a vivere nella casa dei suoi genitori. Il tribunale, chiuso nel 2013, mostra di sé solo un bagno a cielo aperto. E’ venuto giù un pezzo della facciata, un ferita aperta in un palazzone che si potrebbe definire moderno rispetto al resto che lo circonda. Ogni passo sull’antico selciato rimbomba. Il carcere, all’interno del convento di San Francesco (XIV secolo), è chiuso.

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Una casa del centro

Due auto che erano state sepolte dalle macerie, sono ancora lì, oggi come due anni fa. Ammassi di lamiere, dove ormai cresce anche l’erba. Eccolo il cuore antico di Camerino, della città ducale dei Da Varano. E’ un cuore agonizzante. Ed ecco dove lo Stato sembra aver alzato bandiera bianca: all’ingresso di uno dei centri più belli della regione e d’Italia. Si è fermato appena prima, accanto alle transenne che delimitano la zona rossa. Dentro solo 38 case agibili, ma di fatto inutilizzabili. Su 600 edifici del centro storico, 400 sono vincolati e di messe in sicurezza ne sono state portate a termine il 30%. Delle 220 attività del centro, appena 60 hanno resistito sotto al tendone del City Park. Se non sono i numeri di una resa, poco ci manca. «Non abbiamo gli strumenti – si difende Gianluca Pasqui, il sindaco – vogliamo pensare che il governo non sappia come stiamo messi? Se lo Stato vuole recuperare, il centro con qualche anno si sistema. Altrimenti non so quanti anni ci potrebbero volere».

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I lavori per il nuovo centro commerciale

Intorno la città continua a vivere, gli studenti, l’università, i negozi, i carabinieri, la diocesi, le energie si sono trasferite più a valle. Fuori dalla zona rossa qualche gru si vede, sono quelle che stanno realizzando il nuovo centro commerciale, di fronte al City Park. E’ qui che a dicembre si pensa di ricostruire una sorta di piazza. Un luogo che possa ridare un’anima alla città. Perché sul centro storico c’è rassegnazione. La consapevolezza che molto probabilmente l’agonia sarà lunghissima. Lenta e inesorabile.

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Gilberto Astolfi e la moglie Maria Deli

«Il locale che avevo in centro l’ho dato per perso – ammette Gilberto Astolfi, che ora ha trasferito al City Park la macelleria che aveva di fronte al tribunale dal 1981 – sarà difficile ricostruire il borgo antico, i danni sono enormi, si parla di miliardi di euro. Due anni fa fu la prima scossa a salvarci la vita. Se non fossi uscito dal negozio dopo quella delle 19 probabilmente non ce l’avrei fatta. Ora siamo qui sotto al tendone, ma gli affari non vanno bene. Speriamo vadano meglio nel nuovo centro commerciale». «E se non vanno bene? – gli fa eco Maria Deli, la moglie – Che facciamo? Ci impicchiamo? Abbiamo perso i sacrifici di una vita in pochi secondi e a 60 anni uno non ha neanche più la forza per continuare a lottare. Abbiamo bisogno di aiuto, speriamo la gente risponda positivamente al nuovo centro commerciale».

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Gian Luca Broglia

La tenacia non manca, al di là delle parole di sconforto. Ma potrebbe non bastare. «Noi non abbiamo mollato mai – aggiunge Gian Luca Broglia, anche lui aveva un negozio di abbigliamento in corso Vittorio Emanuele II e ora è al City Park – dopo le scosse di ottobre, in pochi giorni abbiamo sgomberato la roba di 60/70 negozi in centro e a dicembre abbiamo riaperto qui. Questo per dire che noi ce la stiamo mettendo tutta e non siamo dei piagnucoloni, ma lo Stato ci deve dare delle risposte». Il punto fondamentale, la mancanza più grande è quella di un’idea di futuro per il centro. «La cosa più triste – sottolinea Carlo Croia, un altro commerciante che vive nelle sae di Cortine Ovest – è che ancora non abbiamo idea di cosa fare del centro. Dovremmo prendere questa catastrofe come un’opportunità: bisognerebbe salvare tutto ciò che c’è di antico e storico in centro per renderlo un polo turistico».

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Il City Park

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