Tondi: «Decreto “Salva Peppina”
ma non tutti gli altri»

INTERVISTA - Il sindaco di Camporotondo: «Queste norme appaiono come un accanimento verso i terremotati». "La terra trema, noi no" appoggia la protesta del sindaco, con lui anche il serravallese Venanzo Ronchetti

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Emanuele Tondi

 

di Maurizio Verdenelli

Il sismologo che ha scoperto il male oscuro del Vettore, al cuore della faglia che ha spezzato dall’agosto dello scorso anno il Centritalia, è ora sulle barricate a difesa dei legittimi diritti del popolo ‘senza pace’ dei terremotati. Lui è il docente Unicam Emanuele Tondi, ma smessi i panni professorali del geologo, è adesso il sindaco di Camporotondo sul Fiastrone (si parlò tempo addietro ad una fusione con Belforte sul Chienti) che è sceso in campo interrogando non le viscere del tratturo sui Sibillini, ma la commissaria Paola De Micheli. Nel nome di Peppina Fattori da Fiastra e del decreto legge nel segno della ‘nonnina di ferro’: un Dl che tuttavia –afferma Tondi- ‘salva solo lei’. E spiega: «A fine ottobre 2016, fu chiesta ad Errani da un gruppo di sindaci, tra i quali io, una ordinanza per dare ai terremotati la possibilità di installare nei propri terreni alloggi di emergenza: casette in legno, roulotte, container e via elencando. Strutture temporanee che sarebbero sparite una volta finita l’emergenza».

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Giuseppa Fattori

Quale la risposta?

«Questa: “i terremotati devono essere tutti uguali, sia in città sia in campagna”. Peccato però che i terremotati non sono tutti uguali. Ci sono quelli ancora negli alberghi lungo la costa che hanno perso il lavoro e non hanno più reddito. E ci sono quelli che se non hanno casa hanno ancora il lavoro, si sono trasferiti ed usufruiscono di contributi ed agevolazioni. Ci sono quelli a cui il terremoto non ha distrutto nè casa nè lavoro,ed usufruiscono di provvidenze perché residenti nei comuni del cratere. Poi ci sono tutti quelli che resistono, contro disservizi e, freddo e caldo, neve e siccità. L’alternativa era andare “al mare” e molti di loro si sono organizzati per non lasciare animali, campi, l’attrezzatura incustodita e i loro luoghi. Così facendo hanno “alleggerito” il dramma dell’emergenza a comuni e protezione civile, non hanno chiesto le costosissime Sae e rimanendo nei territori hanno contribuito da subito alla loro ripresa».

Poi?

«Questo fino all’estate scorsa, quando è stata ordinata la demolizione di una casetta in legno che aveva costruito, senza tutte le necessarie autorizzazioni, l’ormai famosissima Peppina. Dopo una serie di vicissitudini, anche grottesche, finalmente il Governo pubblica sulla Gazzetta ufficiale il Decreto Legge 148/2017, dove all’Art. 2bis è contenuta la norma ‘salva Peppina’»

Giustizia dunque fatta? 

«Tutti si erano convinti che, finalmente, oltre a Peppina anche chi avesse costruito alloggi temporanei sui propri terreni potessero dormire tranquilli»

Invece?

«Invece no: per rimanere nella casetta temporanea, questa deve essere posizionata in terreno proprio ed edificabile. Per quanto riguarda roulotte, case mobili, container, modulo abitativo non è invece necessaria un’area edificabile ma occorre presentare la comunicazione al comune attestante la conformità igienico-sanitaria e sismica. Ed occorre presentare richiesta di contributo per la ristrutturazione/ricostruzione dell’immobile danneggiato all’ufficio sisma entro il 31 gennaio prossimo. In tutti i casi in ogni caso si perde il Cas (Contributo di autonoma sistemazione)» 

In conclusione?

«Queste norme appaiono come un accanimento verso i terremotati. Quali strutture mobili possono avere la conformità igienico-sanitaria che prevede un’altezza utile di 270 cm? Per quale ragione chi ha istallato una struttura temporanea “in house” e la vuole regolarizzare, è obbligato a presentare il progetto di ristrutturazione/ricostruzione entro il 31 gennaio, mentre per tutti gli altri c’è tempo fino al 31 marzo? Considerando inoltre che il rispetto della scadenza non dipende dal terremotato ma dal progettista, dalla microzonazione e dai sondaggi geologici: si tratta di ricostruzione pesante. Inoltre, qual è il nesso tra il permettere a queste persone di abitare nelle proprie strutture temporanee e il Cas? Il primo riguarda problemi di vincoli territoriali e autorizzazioni mancanti cui si va in deroga, appunto, con il decreto legge. Il secondo è un contributo per autonoma sistemazione e più autonoma di chi a spese proprie si è comprato un modulo abitativo, cosa c’è?»

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Paola De Micheli

Ha qualcosa da dire al nuovo commissario?

«Certo: cara commissario De Micheli, queste persone hanno agito autonomamente per sopperire alla mancata risposta delle istituzioni circa l’emergenza. Se come promesso a suo tempo dalla Protezione civile e da Errani le Sae fossero arrivate in 6 mesi e partite le ristrutturazioni “leggere”, tali norme sarebbero state condivisibili, ma a 15 mesi dalle scosse, con le Sae ancora in gran parte da consegnare e la ricostruzione al palo, assolutamente no! Se non abitavano in un container su ruote, a proprie spese, avrebbero richiesto le costosissime ed impattanti Sae. Hanno fatto risparmiare soldi allo stato ed evitato uno scempio ambientale. Alcuni comuni, come il mio, avrebbero dovuto raddoppiare la richiesta di Sae, senza per altro avere luoghi idonei. E invece di un grazie… quello che pare un dispetto»

Sui social intanto si è scatenata la scossa tellurica dell’adesione alla ‘nuova frontiera’ di Tondi. Uno, nessuno e centomila: nel nome della ‘nonnina di ferro’ la cui battaglia ha accomunato tantissime persone nella vicinanza e nella solidarietà attiva. “La terra trema, noi no” ha scritto: “Appoggiamo la protesta del sindaco, nonché stimato sismologo prof. Tondi invitando non solo i primi cittadini a protestare uniti ma anche i deputati sia dci maggioranza si opposizione a rivedere il decreto”. E da parte sua, l’ex ‘sindaco del terremoto’, il serravallese Venanzo Ronchetti, vede in più un pericolo imminente, le incombenti elezioni politiche: “Invito tutti gli amici sindaci ad appoggiare la proposta del collega di Camporotondo, Emanuele Tondi. L’invito è rivolto anche alle tante associazioni costituitesi a salvaguardia dei diritti dei terremotati. Bisogna farlo subito, visto che i tempi per lo scioglimento di Camera e Senato sono prossimi!”. Già, ma a che santo votarsi? Francesco e Benedetto sono umbri, come noto, ed Emidio, ascolano, non ha mai avuto mai tanta voce ‘politica’ in tema di ricostruzione.



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