Da sinistra il sindaco di Macerata Romano Carancini, i curatori Alessandro Delpriori (sindaco di Matelica) e Anna Maria Ambrosini e la vice sindaco Stefania Monteverde
di Marco Ribechi
(foto di Fabio Falcioni)
Inaugurata a Palazzo Buonaccorsi “Capriccio e Natura: arte nelle Marche del secondo Cinquecento”, la mostra raccoglie 38 capolavori recuperati dai luoghi colpiti dal sisma. Un percorso attraverso la storia del manierismo della regione, un’epoca di altissima qualità artistica capace di tessere fondamentali legami con l’arte nazionale e internazionale.
«Il progetto regionale nasce per valorizzare opere d’arte e percorsi legati a chiese e musei chiusi a causa del sisma – dice il presidente della Regione Luca Ceriscioli – la promozione avverrà attraverso i principali media nazionali.
Le nostre opere d’arte, così preziose e numerose, sono i nostri ambasciatori più autorevoli. Perciò promuoveremo le Marche fuori dalle Marche, con un focus importante sulle aree del sisma. Abbiamo scelto Milano come hub: il 20 dicembre sarà inaugurata al museo Diocesano una prestigiosa mostra sui capolavori dei Sibillini, che porterà con sé una serie di attività promozionali che si protrarranno per tutta la prima metà del 2018. Protagonisti saranno poi i comuni di Ascoli, Fabriano, Fermo e Matelica che contribuiranno ad avviare una nuova fase di sviluppo e di rivitalizzazione sociale, economica e turistica delle aree e dei centri marchigiani colpiti dal sisma, favorendone la ripresa anche culturale». All’inaugurazione presente anche il vescovo di Macerata, Nazzareno Marconi. «Voglio ricordare una preghiera di San Francesco – dice monsignor Marconi – in cui afferma Dio tu sei la bellezza. Parole fondamentali per capire Dio e per spiegare che la bellezza trova sempre il modo per vincere e affermarsi, qui abbiamo la bellezza salvata».
L’allestimento rappresenta la prima esibizione nell’area del cratere e mostra la volontà di conservare le opere d’arte del territorio colpito dal sisma proprio nei luoghi che le hanno sempre accolte e custodite. «Tutti ricordano come le opere d’arte recuperate sono diventate il simbolo del terremoto e delle comunità ferite – spiega il sindaco Romano Carancini – Tutta la popolazione si oppose con forza alla decisione di dislocale in altri luoghi e persino i sindaci e le amministrazioni intrapresero una battaglia per convincere chi aveva potere decisionale. Rimane aperta la questione dei laboratori di recupero; un solo luogo, cioè la Mole Vanvitelliana, non può accentrare tutti i restauri che dureranno anni. Bisogna dislocare i centri di recupero nel territorio e dare la possibilità di osservarne le fasi per consolidare ancora di più il legame dei cittadini con le opere».
La mostra raccoglie un panorama vivacissimo di ricerca artistica: da Taddeo a Federico Zuccari, già nella collezione di Palazzo Buonaccorsi, da Federico Brandani al Barocci, dall’eccentrico Andrea Boscoli al Tintoretto (leggi l’articolo) , fino ormai al Seicento del Cavalier D’Arpino e di Baglione, con al centro la figura chiave della scena artistica in città tra il 1560 e il 1590, Gasparre Gasparrini e il suo più importante allievo Giuseppe Bastiani, campione della cultura sistina nel maceratese. «La mostra si apre proprio con i dipinti recuperati dal Santuario delle Vergini – spiega l’assessore alla cultura Stefania Monteverde – per sottolineare la centralità di Macerata in un percorso che si snoda verso la collina e la montagna. Anche nel catalogo sono presentati degli itinerari per creare una rete nel territorio e offrire un’occasione per ritornare con fiducia nei luoghi del sisma. Il prossimo obiettivo è aprire proprio a palazzo Buonaccorsi un laboratorio di restauro».
Le opere, molte delle quali di notevoli dimensioni, sono state collocate nelle sale del museo grazie all’uso di ampi pannelli bianchi che hanno permesso di coprire le tele considerate meno significative già esposte nel piano nobiliare senza la necessità di rimuoverle. I curatori, Anna Maria Ambrosini, e Alessandro Delpriori, sindaco di Matelica, hanno voluto creare così un dialogo con i quadri già in mostra poiché quelli non coperti sono stati raccolti in un percorso alternativo. Dalla Regione anche la dirigente del settore cultura Simona Teoldi ha espresso il suo l’apprezzamento: «Si tratta di un tassello importante per valorizzare il legame con il patrimonio culturale, è una bellezza che aiuta a rinascere e superare le difficoltà, questa mostra e le altre che seguiranno in altre città come Fermo, Ascoli, Loreto, Fabriano e Matelica trasmettono la forza per rialzarsi puntellando la regione di buoni motivi per visitarla». Complessivamente la spesa sostenuta per “Capriccio e natura: Arte nelle Marche ne secondo Cinquecento” si aggira intorno ai 200mila euro, 140 dei quali stanziati da Comune e Regione (95mila euro). Nella sala delle esibizioni temporanee è presente anche una mostra fotografica con le immagine del recupero delle opere da parte del Gruppo di Protezione Civile Beni Culturali Regione Marche Legambiente. Aperta dal martedì alla domenica sarà visitabile fino al 13 maggio e avrà un costo di 7 euro che comprende la visita anche alle altre ale del palazzo. Inoltre è disponibile una scontistica consultabile nel sito www.maceratamusei.it.
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