Domani giornata conclusiva della 29° Biennale internazionale dell’Umorismo nell’Arte. Parliamo allora di umorismo e di questa edizione con il direttore artistico Evio Hermas Ercoli.
«”Umorista: un uomo di ottimo malumore”. La definizione è di Ennio Flaiano. Questo tagliente aforisma serve a introdurre Il tema di questa edizione “Onestà! Onestà!”. E’ la parola d’ordine dell’Italia di oggi: declamata, ripetuta e gridata. Una metafora di un mondo onesto, pulito e antropologicamente superiore rispetto a quello sporco e ripugnante di tutti gli altri. Lo specchio di un moralismo giustizialista che prescinde dalla competenza e dalla capacità di essere un buon amministratore. L’umorismo è per definizione irriverente e disimpegnato. L’“engagément” per una qualsivoglia verità, non fa ridere. “Il compito di chi ama gli uomini è di far ridere della verità, perché l’unica verità è imparare a liberarci dalla passione insana per la verità” ha scritto Umberto Eco ne “Il nome della Rosa”. «Aver stimolato una riflessione sul populismo e sul moralismo, servendoci di una sola e unica arma considerata inutile dai più, quella dell’umorismo, è il nostro orgoglio».
La Biennale ha avuto sempre grandi riconoscimenti nel panorama umoristico nazionale.
«Oggi ancora di più! Biumor, il Festival della Rancia, e il concorso della Biennale svolgono un ruolo benefico. Richiamano l’attenzione su Tolentino. La città ha la fortuna di ospitare il Museo dell’Umorismo. Un luogo delizioso che vanta pezzi importanti dell’arte applicata del ventesimo secolo. Un luogo amato dai tanti: Federico Zeri, Altan, Giorgio Forattini, Federico Fellini, Mino Maccari, Patch Adams. Per questo oggi vi riportiamo Sergio Staino che è sicuramente il più autorevole vignettista italiano. Debuttò nel lontano 1979 sulla rivista Linus con il personaggio che lo ha reso noto in tutto il mondo: Bobo, l’alter ego stesso dell’autore. Da allora l’ironico militante di base del Pci ha sempre commentato con affetto e saggezza gli eventi della politica italiana e internazionale, insieme a sua moglie Bibi e ai suoi figli, Ilaria e Michele. Bobo non è solo il protagonista di una striscia satirica, ma è ormai la “maschera” bo-naria e disincantata che accompagna la fine dell’illusione comunista e tutti i grandi cam-biamenti politici dell’epoca contemporanea».
Una biennale ricca di testimonianze ed erede di un grande passato.
«Non possiamo camminare con la testa girata all’indietro. Il successo e la diffusione delle forme di comunicazione di ieri sono ormai al tramonto: è un problema che riguarda l’universo cartaceo in tutte le sue forme e il web ne è in parte responsabile. Per questo non bisogna aver paura dei cambiamenti. La rete rappresenta un ulteriore veicolo di espressione che ha cambiato le forme dell’umorismo. Proprio per intercettare i continui cambiamenti questa Amministrazione Comunale dedica alle nuove forme della comicità l’ultima settimana del mese di agosto al Castello della Rancia di Tolentino. Siamo alla V edizione di un Festival dedicato alla filosofia dell’umorismo contemporaneo dove dominano la scena filosofi ed esperti della contemporaneità. Internet sta facendo la differenza, centuplicando le relazioni di ognuno di noi con il dileggio. Vengono alla luce i “nuovi umoristi”, quelli cresciuti con la connessione. La sottotitolazione ha sdoganato tutta la produzione angloamericana. La profezia di Warhol assicura a tutti il proprio quarto d’ora di comicità. Motti di spirito, storielle, e soprattutto il meme: una creazione continua, illimitata, infettiva e dilagante. Spuntano da tutte le parti anche in Italia giovanotti che da soli o in gruppo si esercitano nell’ardua realizzazione della “stand up comedy”. È una realtà seguitissima e estremamente interessante; una sorta di revisionismo comico di massa che ripropone in forme artigianali micro situazioni della commedia all’italiana, mutuando i tratti distintivi della scuola anglosassone con improbabili dilettanti allo sbaraglio».
Questo sarà dunque il futuro della Biennale?
«Certamente! Ne abbiamo un’anteprima già in questa edizione con Piero Massimo Macchini, ideatore e direttore del progetto ‘Marche Tube’ che porta con sé lo slogan “conoscere le Marche senza capirci un tube” in cui presenta gli stereotipi marchigiani dell’imprenditore, del commerciante, del parroco fino al vicino di casa in forma di brevi video destinati al web. Sarà questa la sfida da cogliere fin dalla prossima edizione; “Umorismo 3.0”. Ripeto: internet ha cambiato le forme dell’umorismo; realtà affidate al web si sono evolute in prodotti culturali in un tempo fisico davvero breve. Una produzione video “condivisa” da milioni di utenti: la velocità di adeguamento alle diverse situazioni e la fruizione spropositata di un prodotto promosso soltanto grazie alla condivisione e all’interazione tra persone rappresenta di fatto una rivoluzione tutta da pensare. Questo è il futuro».
(foto di Giorgio Leggi)
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