Ci sono momenti in cui la cronaca incrocia la storia fissandola in un determinato arco temporale. “In un solo anno”: prendiamo allora in prestito il titolo della biografia di Svetlana Alliluyeva (figlia prediletta di Stalin) per allineare nella sintesi di nomi e date uno di questi capitoli della storia di un territorio come il passaggio (stavolta) irripetibile della cometa di Halley. E in questo contesto la morte, venerdì scorso, di Carlo patriarca ascolano una professione sempre più difficile da intraprendere tuttavia ancora seducente, pare davvero aver chiuso un’epoca. Certamente importante per chi come noi ama informare correttamente l’opinione pubblica. Un anno e poco più di un mese separa la scomparsa di Paci (leggi l’articolo), dalla chiusura delle cronache marchigiane del Messaggero (5 luglio 2016), giornale storico di questa regione al plurale, di cui l’edizione ascolana aperta il 15 aprile 1957 dallo stesso ‘Partigiano Carlo’ rappresentava con i suoi settemila copie vendute al giorno, il caposaldo più importante anche della redazione maceratese già attiva subito dopo la guerra. Ed ancora un anno prima, il 21 ottobre 2015, ‘data’ la morte prematura della splendida Maria Grazia Capulli che proprio in questa redazione, lei camerte, aveva iniziato a percorrere i primi passi nella professione e poi al Corriere Adriatico, ‘erede’ diretto ora del giornale romano.
Meno di un anno fa veniva meno la forte ed intrepida voce di Barbara Pojaghi, il 1. novembre -lo stesso giorno, due anni prima, dell’ex sindaco Gian Mario Maulo di cui fu assessora alla Cultura. Quella voce fu raccolta proprio da CM per questo servizio dove segnaliamo l’eccezionale contributo di Vittorio Emiliani, direttore del Messaggero dall’80 all’87 e che proponiamo anche nel nome della prof.ssa Pojaghi. E’ l’estrema testimonianza a favore della libertà d’espressione tutta intera non impoverita, da parte della ‘Partigiana Barbara’ per una nuova Resistenza in un ‘Contesto’ dove spazi e precedenti conquiste sembrano destinate a svanire in un silenzio sempre meno ‘innocente’.
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L’ultimo atto – alle 22 circa del 4 luglio scorso – fu il ‘giro di nera’ portato a termine dal cronista come ogni sera con il consueto ‘rosario’ di telefonate alle ‘fonti’. Quell’ultimo atto era nel silenzio e nella fedeltà ad un mestiere, l’addio del ‘Messaggero’ all’edizione Marche. Un addio doloroso per una grande platea di lettori, sopratutto a sud della ‘regione al plurale’. Nel maceratese e nell’ascolano (dove la direzione di Carlo Paci era una garanzia: al suo fianco un disegnatore che sarebbe diventato famoso, Tullio Pericoli) il quotidiano romano era ben posizionato sin subito dopo la guerra con uffici attivi, non solo nei capoluoghi ma pure a San Benedetto, Fermo, e Civitanova, anteprima delle redazioni vere e proprie. Il Resto del Carlino e il Corriere Adriatico erano ancora di là da venire. A Macerata, l’ufficio di corrispondenza era a palazzo Costa: lo reggeva l’artista Wladimiro Tulli che, un giorno il grande Filippo Tommaso Marinetti, andò a visitare. Non trovandolo, il padre del Futurismo gli lasciò un messaggio alla sua maniera, nella buca delle lettere: “A Tulli, al Messaggero. Presto!”. Firmato: F. T. Marinetti. L’ottimo Wladimiro tenne il foglietto, per tutta la vita, come un laica reliquia. Poi una lunga epopea: al Messaggero sarebbero approdati giovani di talento e che avrebbero avuto grande fama: un nome per tutti, Maria Grazia Capulli. E non dimentichiamo naturalmente Emanuela Fiorentino, Fulvio Fulvi e la carissima Antonella Scuterini che fece parte dello staff di un Capo di Stato (Ciampi).
Dal giugno 2011 la redazione maceratese in Galleria del Commercio tuttavia non esisteva più: a coordinare le due pagine di cronaca ci pensava Rosalba Emiliozzi, da Ancona. In quella redazione dove ‘Il Messaggero’ era tornato il 2 giugno 1985, dopo una lunga assenza, per volontà dell’urbinate nato a Predappio, il direttore Vittorio Emiliani, che fu invitato del giornale allora dell’Eni (suo il libro: “Gli anni del Giorno, il quotidiano del signor Mattei”). Ricorda Emiliani, in questa intervista esclusiva a Cronache Maceratesi: “Forse sono di antica scuola, ma ricordo che al Giorno di Italo Pietra e di Enrico Mattei – che era diffuso in tutta Italia con punte di 300mila copie domenicali – per radicarlo meglio vennero create le pagine della Lombardia e della Provincia di Milano assumendo due inviati come Giampaolo Pansa e Marco Nozza e realizzando molte inchieste anche scottanti, servizi locali di autentico interesse, ecc. E la diffusione salì quasi subito. In Valtellina arrivammo a vendere più del Corriere della Sera. A Roma io trovai al Messaggero già tante pagine locali e mi provai a riportare il giornale fino ai confini con la Romagna (a Urbino – dove da ragazzo vendevo d’estate i giornali con la famiglia del cameriere Lello – l’edicola era sormontata dalla scritta in gotico tedesco del giornale di Via del Tritone). In Abruzzo facemmo dell’inserto regionale un tabloid autonomo raggiungendo le 22.000 copie e battendo Il Tempo di Gianni Letta. Andammo a fare inchieste coi migliori inviati in ogni provincia delle nostre 4 regioni discutendone poi il giorno dopo localmente con una partecipazione vivace e numerosa. Da quelle manifestazioni a lungo ricordate nacquero le due pagine del Molise che avrei certamente potenziato, se non fossi stato estromesso dalla direzione a fine gennaio 1987.
Un altro potenziamento degli ultimi tempi della mia direzione riguardò Roma – dove già vendevamo ben 150.000 copie al giorno – e nacquero i Quartieri, con appena dieci giovani con contratti di formazione guidati però da personaggi quali Vittorio Roidi e Mauro Piccoli. Le due uscite del martedì e del venerdì ci diedero aumenti di 9.000 e 14.000 copie oltre le 150.000 già dette. Fucina di giornaliste e giornalisti che hanno poi fatto belle carriere. Purtroppo i Quartieri – ai quali cominciava ad affluire una pubblicità autonoma, di bar, confetterie, boutiques, ecc. – furono subito aboliti dal mio successore. Oggi i quotidiani che perdono di meno sono quelli locali o regionali. Certo bisogna saper fare della valida cronaca e il Messaggero la sapeva fare, storicamente, visto che la prima pagina regionale – quella di Terni – risaliva ancora all’800…”. Una bella e ‘storica’ testimonianza quella dell’ex direttore che al quotidiano di via del Tritone ha dedicato pure un libro (“L’altro ‘Messaggero’. Un giornale laico sulle rive del Tevere, 1974-1987: Cronache di piombo e passione”).
Il Messaggero, nelle Marche, continua a ‘vivere’ naturalmente nella sua edizione nazionale, in ‘panino’ con il Corriere Adriatico, dove sono confluiti gran parte dei 50 collaboratori. Nulla si è dunque perduto eccetto che la testata regionale, ed in effetti la politica locale si è limitata (cfr Irene Manzi nel filmato) ad una formale segnalazione critica riguardo a quella cessazione. A Macerata, a Palazzo, neppure quella. I ‘ragazzi’, chiusa la redazione che aveva visto nel suo periodo conclusivo, sulla scia di una tradizione illustre la grande firma dell’ex inviato di guerra de L’Unità, Mauro Montali (deceduto nel 2012 ed annoverato da questo giornale tra i collaboratori di prestigio e ricordato in video da Bruno Mandrelli) si erano uniti in una redazione alternativa -cfr la testimonianza di Gianluca Ginella. Durata un anno: bella, generosa e solidale iniziativa rimasta unica nello scenario di una regione sempre più povera d’informazione ad alto livello. Nel silenzio (assordante) stavolta non degli ‘innocenti’.
PS: ‘Niente da segnalare’, l’esito finale del ‘giro’ di nera a Macerata quella sera di un anno fa quando la mattina dopo l’Edizione Marche de ‘Il Messaggero’ apparve per l’ultima volta in edicola.
Una tessera da corrispondente de ‘Il Messaggero’ datata 1958: rilasciata al collega Gianfilippo Centanni poi inviato de La Gazzetta dello Sport, giornalista Rai ed attualmente de ‘Il Resto del Carlino’
Una cancellazione del messaggero marche inconcepibile ingiusta per i numerosissimi lettori e assolutamente irrazionale
In anni passati me lo ricordo come l'alternativa colta agli altri due locali. Più di recente, si limitava a passare i comunicati del PD. La sua funzione è quindi egregiamente svolta dal nuovo Corriere Adriatico.
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