Gianluigi Morgagni mostra il pacemaker
Il device prima di essere inserito nel cuore della paziente
di Federica Nardi
(Foto di Lucrezia Benfatto)
Un pacemaker wireless di 2 centimetri, posizionato nel cuore senza bisogno di tagli e che invia quotidianamente dati ai medici curanti per prevenire crisi cardiache e intervenire anche se il paziente non si accorge che qualcosa non va. Un primato in regione portato a casa dal reparto di Cardiologia di Macerata sotto la guida del primario Gianluigi Morgagni, che ha istallato il device su una paziente di 78 anni. “È il primo intervento del genere nelle Marche – dice Morgagni -. Non si tratta di un’operazione complessa ma è importante perché apre una nuova strada”. L’esito dell’operazione è stato presentato anche in video questa mattina nella sala biblioteca del nosocomio del capoluogo. Presenti oltre a Morgagni il direttore di Area vasta 3 Alessandro Maccioni, la direttrice sanitaria dell’ospedale di Macerata, Maria Rita Mazzoccanti, il primario di Cardiologia di Camerino, Umberto Berrettini, e il responsabile dell’Utic, Luigi Paccaloni. “Tutto quello che serve – dice Morgagni – è contenuto in un dispositivo di 2 centimetri formato per due terzi dalle batterie e per un terzo dal chip. Ci sono anche quattro ancore che lo tengono agganciato al cuore ed è tutto regolato in modo wireless. Il paziente ha un router che può portare sempre con sé, anche in barca a vela o in albergo, che trasmette a noi il funzionamento giorno per giorno. I medici consultano il computer che riceve tutti i dati e se ci sono allarmi chiamano il paziente. In questo modo si riescono a trattare problemi con settimane di anticipo, prima che diventino critici”.
Il dispositivo è lungo 2 centimetri
Il pacemaker posizionato nel cuore della paziente
L’Area vasta 3 non è nuova al controllo a distanza. “Da 10 anni controlliamo ogni giorno circa 300 pazienti con dispositivi wireless – spiega Morgagni -, come defribrillatori sottocutanei o rivelatori loop recorder che segnalano le aritmie”. Questo nuovo tipo di pacemaker “al momento – dice il primario – costa circa due volte e mezzo in più rispetto a un dispositivo tradizionale ma presto il prezzo scenderà con l’evolversi della tecnologia. Non è ancora utilizzato su pazienti giovani perché ha una durata di circa 14 anni, se ne possono impiantare massimo due nello stesso ventricolo e una volta nel cuore non può essere tolto. Per questo a pazienti con problemi al cuore ancora giovani proponiamo altre soluzioni. Ma è ottimo in altre situazioni come nel caso della paziente a cui l’abbiamo istallato che aveva già protesi cardiache meccaniche impiantate una ventina di anni fa e con un altro tipo di soluzione avrebbe rischiato l’endocardite o un malfunzionamento della valvola tricuspide”. Un risultato non solo di Macerata ma dell’intera Area vasta, come sottolinea Berrettini: “lavoriamo come un unico ospedale e con un’unica testa”. Soddisfatto anche Paccaloni che per il futuro immagina “una rete regionale per l’istallazione di apparecchi meccanici ancora più evoluti”. Maccioni e Mazzoccanti hanno ribadito che risultati del genere sono possibili “grazie all’ottimizzazione delle risorse per migliorare la qualità delle cure dei nostri pazienti”.
Maria Rita Mazzoccanti, Morgagni e Alessandro Maccioni
Umberto Paccaloni
Da sinistra Alessandro Maccioni e Umberto Berrettini
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