di Filippo Davoli
Anno bisesto, anno funesto. In effetti non è stato una meraviglia, il 2016. Certo, avrà anche avuto i suoi momenti buoni (qualcuno personale, in effetti, lo ricordo). Ma ha inanellato anche tante ombre. La più recente, per tutta la nostra comunità, è legata al terremoto, di cui non ho alcuna intenzione di parlare. Ne abbiamo tutti ormai un’esperienza che non necessità di suggerimento alcuno.
Io invece, in questo ritorno alle colonne di CM, intendo dedicare il mio corsivo odierno a un amico che non c’è più. Si tratta di un musicista pugliese quarantenne, chitarrista del gruppo degli Os Argonautas. Era nato il 22 agosto come me, e la coincidenza piaceva ad entrambi. Giulio si è tolto la vita la vigilia di Natale. Persona delicata, schiva, buona come il pane, con un’anima grande e solare in cui s’è insinuato un dolore insopportabile che l’ha portato a troncare inopportunamente il suo cammino troppo presto.
Giulio amava moltissimo Macerata, come del resto tutti gli altri componenti del gruppo che, nel 2013, era arrivato tra i vincitori a Musicultura e avrebbe largamente meritato il premio finale che poi non arrivò. Ma nel pubblico – e nella critica – quell’edizione di Musicultura era la loro: se la strameritavano, col loro sound mediterraneo e portoghese, con le riletture lunari di cult come “Sulla rotta di Cristoforo Colombo” (autori Lucio Dalla e Edoardo De Angelis): una dichiarazione di poetica emozionante, che gli Os Argonautas rilasciarono in piazza Cesare Battisti a cappella facendomi venire i brividi e agevolando la nostra conoscenza e successiva amicizia.
Gli Os Argonautas hanno poi fatto strada, come è giusto che sia. E come, grazie a Dio, succede ai bravi che passano per lo Sferisterio durante Musicultura. Collaborazioni di altissimo prestigio, concerti in giro per l’Italia, dischi. Essendo diventati amici, abbiamo sentito tutti quanti fin da subito il desiderio di inventarci qualcosa da fare insieme. Nell’attesa di sapere cosa, li avevo invitati di nuovo nella “loro” Macerata e, a seguire, a Smerillo, per il festival estivo de “Le parole della montagna” (loro così marini, e tuttavia così alti e sapienti, così veri e intieri nella loro musica nuda e potente, acquaticamente montanara).
A Smerillo ci toccò in sorte un casolare, dove continuò la nostra condivisione fraterna, con l’aggiunta al gruppo dell’amico Claudio Sanfilippo, del mio “figliuolo” Ekram e del poeta Davide Rondoni. Là, così prossimi ai Monti Sibillini, in cima al cucuzzolo smerillese, minuscolo e accogliente, tenuto da dio e propulsivo al massimo, con quel suo festival ricco di eventi, mostre, musica, incontri e pubblico (un mare di gente: perché il mare c’entra sempre, anche in montagna…). Risvegli con chitarra, notti bianche ancora con chitarra e voci, racconti e aneddoti, fulminazioni di poesia, e quella comunione che si rinsalda da sé; che si fortifica con semplicità; Giulio il tenero è lì che riempie la notte col suo sorriso in faccia al Vettore, imponente e all’epoca ancora illeso.
Fu poi la volta di Macerata. Vennero a casa mia (non ci sono mai sufficienti danari per chi la cultura la organizza da “fuori le mura”…), ma andò meglio così: furono giorni densi, allegri, condivisi tout court, giorni di maceratesità pugliese, se si può dire così. E Giulio il taciturno che appoggiava una parola giusta al momento opportuno, e che sapeva sorridere eccome, con un’ironia bella e pulita e quella delicatezza d’animo che raramente si incontra… Che bella persona, Giulio. Che sensibilità, che cuore! E anche che virtuoso della chitarra. Che bell’artista, era! E adesso, a ripensarlo, che dolore… Che invincibile malinconia.
A Macerata dovevano esibirsi sotto la Galleria Scipione, ma dovemmo dirottarci al Pozzo causa la pioggia violentissima che rese inagibile il Palazzo degli Studi. Proprio quel giorno lì, mannaggia… Gli amici del Pozzo ci accolsero a braccia aperte, notoriamente sensibili alla musica. Dovettero suonare e cantare ancora una volta a cappella, di fronte a un pubblico straniato dallo sgradito imprevisto, ma in breve sedotto e conquistato da quella loro magia, che nasce dall’amore.
L’assessore Monteverde, presente e incantata come tutti gli altri (me compreso, ovviamente) promise di farli tornare in futuro. Più volte, in seguito, mi aveva chiesto quando tenere fede alla promessa, perché lei li voleva davvero nuovamente in città: non era un modo educato di ringraziare. Era un’intenzione sincera. Adesso però Giulio non c’è più. Ci ha giocato uno scherzo infelice. Se l’è giocato lui, ma ci ha travolti tutti; perché a quarant’anni appena compiuti non si può morire così.
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Ricordo bene la loro esibizione nel 2013 🙁
Che dispiacere. R.I.P.
No li conoscevo ne ho avuto l’onore di ascoltarli, ma un necrologio così elegante e pieno di sentimenti mi ha fatto venire un groppo in gola. Purtroppo questo mondo non é adatto ad alcune anime sensibili, che poi si arrendono e ci lasciano con un senso di vuoto.