Crocefisso salvato a Santa Chiara
Le suore: “Per noi è molto caro”

SISMA - Il recupero è stato effettuato da vigili del fuoco e carabinieri al monastero. Portate via anche due tele seicentesche. LE IMMAGINI

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di Monia Orazi

Tra gli angoli della Camerino immersa nel silenzio della blindatissima zona rossa, c’è un pezzo che richiamava pellegrini e fedeli da tutto il mondo. Si tratta del monastero e della chiesa di Santa Chiara, che custodisce le spoglie mortali di Santa Camilla Battista. Ad animarlo erano fino allo scorso 26 ottobre quattro suore di clausura, due giovani ed una più anziana, insieme alla badessa suor Chiara Laura Serboli, ora trasferite nel monastero di clausura di Santa Chiara a Castello al Monte, a San Severino. Il culto di Santa Camilla, la principessa figlia di Giulio Cesare Varano che preferì la strada della fede e la vita monastica agli agi della vita di corte, elevata agli onori degli altari quasi cinquecento anni dopo la morte nel 2010, è diffuso in tutto il mondo. Bastava andare nella chiesa, sfogliare il libro delle presenze, per vedere ringraziamenti e preghiere provenienti da diversi angoli del mondo. Nelle prossime settimane sarebbero arrivati pellegrini da Austria e Irlanda, che avrebbero alloggiato nella foresteria. Ad accoglierli l’inaspettata simpatia e la disponibilità della piccola comunità religiosa, attivissima nel custodire la memoria della santa camerte e nella prosecuzione del culto. Già dall’esterno ci si rende conto, che il monastero è stato gravemente ferito. Nella piazzetta accanto alla chiesa, dove si trova la statua della Santa, si nota al centro del muro una spaccatura con un rigonfiamento, da una lunetta sono cadute alcune pietre. Volgendo lo sguardo al lungo muro verso il cimitero, alla fine si nota un grande buco nel muro, è crollata una parte di mattoni che copriva le scale di accesso al dormitorio delle suore. Sbirciando attraverso la porta della chiesa, con le porte aperte per il salvataggio delle opere d’arte, sul pavimento tra i banchi un cumulo di macerie, è crollata la camorcanna del soffitto. Prima di rivederlo come era, ci vorranno diversi anni.

quadroseicentesco camerinoNel frattempo le opere d’arte contenute all’interno ieri sono state messe in salvo da una task force del Ministero per i beni culturali, Soprintendenza ai beni culturali rappresentata da Pierluigi Moriconi, carabinieri Nucleo tutela patrimonio artistico, nucleo interventi speciali dei vigili del fuoco (leggi l’articolo). A dare indicazioni e ad assistere al recupero, sono intervenute le due consorelle più giovani del monastero camerte, che si sono commosse quando il crocefisso ligneo quattrocentesco è uscito dalla chiesa devastata, tra le mani di carabinieri e vigili del fuoco. Subito lo hanno accarezzato sul volto, raccogliendosi in preghiera. Si tratta di una delle preziose opere di Domenico Indivini. “Per noi è molto caro, è stato per lunghi anni dentro al monastero, prima che terminassero i lavori nella chiesa – hanno raccontato le consorelle – siamo sicure che torneremo qui e quando lo riporteranno sarà ancora più bello di quello che è oggi, siete degli angeli pregheremo per voi”. La commozione ed il grazie sono stati rivolti a tutta la squadra. Ad essere portate fuori anche due tele seicentesche una raffigurante la Madonna con Santa Camilla Battista e Pietro da Mogliano e l’altra che rappresenta la presentazione della Madonna al tempio, una croce lignea del Settecento madreperlata, un altro crocefisso ligneo e la veneratissima icona di Santa Maria in via su tela. Trasferito nel monastero settempedano il grande quadro realizzato nel 2010 per la santificazione di beata Camilla Battista Varano. La volontà delle monache è quella di tornare al più presto, tra la propria gente e quella di ricostruire il monastero. Nella zona rossa protetta dall’esercito ad ogni varco, si entra soltanto accompagnati dai vigili del fuoco. Mentre dentro al monastero si salva l’arte per permettere a chi deve ancora nascere di vederla ancora, arriva un pick up con vigili del fuoco seguito da un’auto. Sono tre ragazzi, studenti universitari della provincia di Ancona, che escono con grandi valige, per recuperare degli oggetti dalla loro casa, in via Vicolo del Pittore. Caschi in testa, si avviano insieme ai vigili, per un momento passato e futuro si incontrano, nel silenzio assordante della zona rossa, rotto solo dallo scrosciare della pioggia, iniziata a cadere soltanto dopo che le opere sono state messe nel camion, prima di essere condotte in deposito alla mole Vanvitelliana di Ancona. Si trovano al sicuro a San Severino, le opere d’arte messe in salvo dal museo diocesano di Visso.

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