L’ospedale San Salvatore di Tolentino
Silvano Gironacci
di Federica Nardi
«Le donazioni di sangue devono continuare, se non riapriamo sarà dura per il centro trasfusionale di Macerata». Silvano Gironacci è il presidente provinciale dell’Avis. Stamattina è andato a vedere la situazione dell’ospedale di Tolentino, dichiarato parzialmente inagibile a causa delle lesioni provocate dal terremoto del 24 agosto. «Il punto donazioni si trova nell’ala lesionata – dice Gironacci – Deve riaprire in qualche modo e so che la direzione dell’ospedale sta lavorando per una soluzione. A Tolentino ci sono 1.100 donatori attivi che fanno più di 2mila donazioni all’anno. In pratica qui c’è la più grande Avis che fa capo al centro trasfusionale di Macerata, la seconda a livello provinciale. Se non troviamo una soluzione si rischiano di perdere centinaia di donazioni di sangue. Di chi magari non riesce a raggiungere gli altri centri, che comunque avrebbero difficoltà a gestire tutti questi donatori in più». Il San Salvatore è stato diviso a metà dal sisma. Da un lato transenne che hanno costretto 15 pazienti della lungodegenza a cambiare ala della struttura. Dall’altro le scale e l’ascensore funzionano ancora. C’è un laboratorio in piena attività, il Punto di primo intervento e diversi ambulatori, come quello di Diabetologia che, insieme a quello di Macerata, è un punto di riferimento per tutto il territorio.
Lunedì è giorno di visite ma la situazione di emergenza inaspettata (l’inagibilità è arrivata quasi un mese dopo il sisma), ha richiamato alcuni medici altrove e i pazienti attendono seduti da ore nella sala d’aspetto. «Oggi la dottoressa è in riunione, l’hanno chiamata per via del terremoto», dice Vittorio Cetraro, 78 anni di Piediripa. È qui insieme alla moglie dalle 8 di mattina. Seduta di fronte a lui c’è Francesca Mariani, 80 anni, che vive in una casa di campagna di Tolentino così oggi ad accompagnarla alla visita è venuta la figlia, Oriana Farroni. «Prima c’erano ancora più persone», dice l’80enne. «Siamo qua anche noi dalle 8 – dice la figlia Oriana – ora è mezzogiorno e mezza e l’ambulatorio chiude a l’una». L’unica infermiera fa quello che può: la riunione ha colto di sorpresa anche il personale che si dà da fare per accontentare tutti. Ma l’attesa si prolunga e tanti decidono di tornarsene a casa o di rimandare la visita alla settimana prossima. Come Alba Piatti, che stamattina era venuta da San Ginesio per una visita annuale di controllo ma ora sta andando via insieme alla figlia Rita Bompadre. «Non c’è un messaggio per avvisare, niente – dice Piatti – Per fortuna le analisi sono buone, tornerò l’anno prossimo».
Rita Bompadre e Alba Piatti
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