Aveva intrapreso la pittura, dopo il fallimento della sua impresa, “pittando” sulle scatole dei fiammiferi. Quella del “pittare” era una sua piccola impuntatura, ma esatta: era la sua pennellata, generalmente dall’alto verso il basso, leggera e precisa, con le sue figurine filiformi come fiammelle rovesciate, senza estremità. Così singolari e singolarmente autobiografiche. Franco Migliorelli, pittore maceratese “in disparte”, aveva lo studio nella Galleria del Commercio, nel cui mezzo esponeva una volta l’anno i suoi nuovi quadri: lontano da musei e spazi espositivi dedicati, in mezzo alla gente e ai frequentatori del bar presso il quale sedeva, su uno sgabellone alto, intrattenendosi con chiunque entrasse. Sempre elegante, Franco: il più delle volte con un completo bianco, su cui spiccavano gli occhi profondissimi e neri e, per irrinunciabile complemento, il bastone. Aveva una grave malattia alle articolazioni, che tuttavia non gli impedì mai di stare in mezzo agli altri con estrema e candida naturalezza, né tanto meno di mettere a punto i suoi sogni, le sue poesie di colore. I quadri di Migliorelli piacevano a Peschi: “E’ bravo, è bravo! Ha un suo stile inconfondibile, a me piace molto!”, commentava Umberto, che era invece artista noto e indiscusso, a partire dalla sua avventura all’interno del Gruppo Boccioni. Nell’aprile del 1971 Migliorelli si recò a Carpi, in Emilia, dove gli allestirono una Personale, molto seguita ed apprezzata, di cui riportiamo un articolo dell’epoca apparso nelle… “Cronache Modenesi” (una “CM” antesignana della nostra?). Il nostro omaggio a Franco Migliorelli, in definitiva, è il nostro ricordo di un amico. E il giusto, opportuno tributo a un bravo artista.
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