di Daniele Referza
Se saper raccontare significa saper tradurre le tracce della nostra esistenza in modo che siano dei simboli universali per ciascun essere umano, Andrea Pompei e Patrick Marzetti, coautori del romanzo “Andata e Ritorno” (ed. Simple, 2013), hanno appreso questa verità. Essere un narratore significa farsi complice della storia, darne presenza. In questo lavoro (il primo per i giovani autori) si può leggere tutto questo e molto altro ancora: la passione per la propria terra di origine, il voler far risplendere i tesori nascosti della vita del piccolo borgo, con tutti i suoi caratteri sia di costanza che di novità; il gusto per la descrizione, il voler narrare una storia, e non semplicemente un’esperienza o un’idea; l’aver saputo cogliere nelle pieghe della contestualità lo slancio di ogni storia particolare verso l’universale.
Con uno stile manzoniano per il suo attaccamento alla realtà, e mediante un’intuizione in cui riecheggia la voce del Piccolo mondo antico di Fogazzaro (insieme a grandi sperimentazioni nella forma, fatte anche di riferimenti nascosti ed estremamente colti), la storia che gli autori ci invitano a leggere è scandita da un ampio specchio del nostro tempo: lo sport o, con maggior precisione, il calcio. Da questo grande mito del contemporaneo infatti gli autori traggono la vicenda di Diego, un ragazzo alle prese con l’esame di maturità e con tutte le ansie e le speranze che questa fatidica prova porta con sé. Diego è un grande amante del calcio e uno sfegatato juventino: il calcio è, per lui, una bella metafora della vita. Siamo nell’estate del 2006 e l’Italia si trova a giocare la finale dei Mondiali…come credo tutti ricorderemo.
Insieme a tutto ciò, convivono in Diego situazioni esistenziali che lo stanno aprendo alla vita: la sua famiglia, la sua ragazza, il suo miglior amico. Diego è innamorato dei piccoli/grandi riti che lo hanno accompagnato nella crescita nel suo paese di origine, Montegranaro, e la sua storia è un ottimo pretesto che gli autori scelgono per descrivere il loro paese, la loro storia, intessuta di eventi condivisi con gli amici che si ripetono ogni anno e che plasmano il loro essere. Diego ci racconta della sua scuola elementare ora semi-abbandonata, del custode, delle sagre, dell’artigiano, delle personalità “tipiche” che tutti conoscono, delle belle ragazze che tutti desiderano. Questo microcosmo, attraverso splendide analessi, si configura come un mondo in piena continuità fra passato, presente e futuro, fra tradizione e progresso: questo spirito di riconciliazione e di pace supera, con grande armonia, tutte quelle dicotomie che, nei decenni scorsi, hanno voluto narrarci la costrizione del piccolo paese, simbolo di arretratezza e di chiusura.
Pompei e Marzetti compiono questo superamento con grande naturalezza: la storia di Diego avrà delle svolte importanti e, soprattutto nel finale, avrà il suo senso proprio nell’essere stata raccontata. Per questo motivo e per molti altri ancora, questo romanzo sembra essere un’ottima occasione per la riflessione e per il recupero della nostra storia: la fiducia totale nella vita, la passione per rinarrare le proprie origini ed il proprio mondo, l’amicizia, la forza della condivisione riescono a scuotere la coscienza, a volte così chiusa in se stessa, e ad aprirla alla speranza.
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