Da questa settimana, nello Spazio lettori ospiteremo gli inediti dei nostri lettori, a ciascuno dei quali affiancheremo – a mo’ di auspicio – un inedito di un autore che ha già pubblicato. L’accompagnamento, per così dire, è curato dal nostro amico e sodale Gianluca D’Andrea, poeta e critico siciliano, più volte ospite di rassegne marchigiane dedicate alla poesia negli anni passati. L’occasione ci è inoltre gradita anche per ringraziare i colleghi che generosamente ci offrono loro inediti, a sostegno ideale di chi muove i primi passi nel mondo della scrittura.
Nello Spazio Lettori odierno, dopo alcune settimane a base di racconti, torna di scena la poesia. A scrivere i versi che seguono è Michele Borroni, ventenne di Montegranaro, di cui ci ha colpito favorevolmente la forza icastica dei versi e nel contempo la delicata intelligenza nel porgerli. Tra le sue poesie che ci ha inviato, abbiamo scelto la seguente:
*
Di te non m’interessano i vestiti
in cui dimentichi forme eleganti.
Sono lì a terra per dimostrare
che come le altre cose
sanno scomparire rapidamente.
Come le parole sanno tacere.
Ma
non indossarli. Non indossarli
e lasciati sospesa
sii pendolo che varia sorpresa
puntuale. I nudi accenti del tuo corpo
colmino le distanze.
Fabio Michieli, un inedito
*
svelami ora il mistero
di questi suoni, di queste parole
– “je dirai quelque jour vos naissances latentes…” –
la magia d’una musicalità
che fu mai mia se non in neri abbagli
(eppure vorrei che il sole sciogliesse
in un sorriso un risveglio già tardo)
nella luce –
tra le mani –
un volto che il fragile addio spegne
Lirica che domanda lo svelamento, che si chiede ancora, quasi virginale, la possibilità di un mistero nascosto tra i suoni di parole; quelle parole che ri-tendono al dialogo proprio riflettendosi in un ritmo che si vuole nuovo, come il richiamo al Rimbaud di Voyelles sembra suggerire. Un richiamo dovuto a quel μυστήριον, il cui senso torna nonostante si avverta come perduto nelle pratiche abusate di una contemporaneità, anche poetica, ingarbugliata in una prosasticità poco propositiva. Già, perché il segreto di ogni poesia si apre proprio dallo scavo delle sue origini, orali, mnestiche, di trasmissione popolare e svincolate dai vincoli accademici, concettuali.
Tutto questo si squaderna nel piccolo canto di Michieli: «la magia d’una musicalità/ che fu mai mia se non in neri abbagli», la bilabiale sonora scandisce quasi “maternamente” un suono che, fingendosi scaduto, torna proprio dagli abbagli dei neri segni delle parole, l’ondulazione di questa “m” ripetuta scivola nella visione desiderante (non per niente tra parentesi) di un risveglio, in cui a prevalere sono i suoni fricativi, come un grappolo generativo non scomponibile: «(eppure vorrei che il sole sciogliesse/ in un sorriso un risveglio già tardo)», il tutto sotto l’egida di un’apparizione, per cui l’immagine della “luce” (in tutte le forme qui rappresentate: «svelami», «abbagli», «il sole sciogliesse», «risveglio», «nella luce») imprime a tutto il testo la sua tensione aurorale, perché sia tolto il velo ai «neri abbagli» della parola poetica, perché risplenda il suo suono. (G. D’Andrea)
Nato a Venezia nel 1971, Fabio Michieli si è laureato in Lettere Moderne nell’ateneo lagunare con una tesi su Niccolò Tommaseo e il suo racconto storico Il duca d’Atene. Nel 2003 ha dato alle stampe l’edizione critica e commentata dello stesso racconto (Padova, Antenore). Suoi interventi critici dedicati a Tommaseo sono apparsi in rivista (Quaderni Veneti, Giornale storico della letteratura italiana) e in volumi miscellanei. Nel 2008 ha pubblicato la raccolta di poesie Dire, per l’Editrice “L’arcolaio”. Insieme a Gian Franco Fabbri dirige la collana “Fuori collana” dell’Editrice “L’arcolaio”. Lettore di poesia e di narrativa, sue recensioni sono apparse nel sito www.alleo.it e in rivista (“l’immaginazione”).
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