Gian Mario Maulo, è stato sindaco di Macerata dal 1993 al 1997. Successivamente è stato presidente del consiglio comunale (2005-2010)
di Maurizio Verdenelli
La presa del Palazzo d’Inverno avvenne nei primi giorni di dicembre di venti anni fa da parte di ‘Città Solidale’, una coalizione che il laboratorio politico maceratese da sempre all’opposizione aveva fatto nascere appena qualche mese prima. Il primo ed unico esperimento originale messo a punto dalla politica del capoluogo dal dopoguerra ad oggi. Una ‘Cosa’ che avrebbe preceduto addirittura esperimenti tipo “L’Asinello” e sopratutto il Pd. Una ‘Cosa’ sopratutto eretica che subito aveva avuto la scomunica dei poteri forti (avrebbero però, questi, tentato di mettersi in scia dopo il successo elettorale), dai vertici dell’ex Dc ed anche da parte della chiesa locale, tanto da far dire in un ‘conclave’ allargato poco prima di quel natale 1993 al sopraggiunto mons. Ersilio Tonini che “queste cose a Macerata non dovranno più accadere”. L’incontro, cioè, tra la lista di Città dell’Uomo, capitanata dal cattolicissimo Gian Mario Maulo, nuovo sindaco, DS, Rete e Rifondazione. Quell’esperimento, avversata dai mandarini, aveva tuttavia avuto origini nobili. Nome (Città Solidale) e benedizione erano di quel grande teologo, amico di Maulo, che fu Giulio Girardi, morto lo scorso anno, autore (tra molti altri titoli similari) del fondamentale “Marxismo e Cristianesimo”. In effetti il nuovo cartello prendendo spunto dallo slogan di quei giorni (fuggirono peraltro rapidamente): “Dai partiti un passo indietro” e traendo forza dalle rovine della Dc che neppure l’ultimo taumaturgo (Carlo Cingolani) era riuscito a rimettere in piedi aprendo al commissario Ermete Verrecchia, quella coalizione, dicevo, aveva travolto al ballottaggio la lista centrista di Masino Ercoli, già capogruppo del Pci prima della sua radiazione dal partito.
E quella sera d’inverno del ’93 il Palazzo si spalancò alla fiumana gioiosa dietro a Gian Mario Maulo che in breve s’impadronì della sala consiliare dietro a Gian Mario Maulo. Barbara Pojaghi con un mazzolino di fiori s’affacciò con Renato Pasqualetti al balcone dove già Michele Lattanzi faceva volteggiare un bandierone con stampata la leggendaria immagine di Che Guevara, appena sotto l’edicola della Madonna della Misericordia e la scritta : “Civitas Mariae”. Erano passati appena 6 mesi da quando Giovanni Paolo II° in piazza aveva indicato al sindaco Cingolani e alla folla l’immagine sacra invitando tutti a ‘meritarsi un tale titolo’.
“Il papa parlò anche di solidarietà ed accoglienza, che furono i cardini dell’azione di Città solidale” ha detto ieri sera in piazza Mazzini il prof. Maulo, invitato con chi scrive (cronista di quegli anni maceratesi) ad un incontro a due decenni esatti dall’esperienza di Città Solidale, nella giornata conclusiva di ‘Festa Giusta’, a cura di Sinistra Ecologia e Libertà.
Tanti a partecipare a quel percorso della memoria, assessori del tempo e dopo, ex funzionari del Pci. Assente (giustificato) Valerio Calzolaio che con Paolo Matcovich (assente e basta) furono gli ostetrici di quell’esperienza.
“Un fallimento di successo” lo ha definito chi scrive. Perché fu davvero travolgente all’inizio: Città dell’Uomo, che aveva l’8% dei consensi, piazzò anche un suo aderente come sindaco di Recanati (il dottor Roberto Ottaviani, poi assessore regionale), il commercialista Passacantando come vice del presidente della Provincia, Pigliapoco (che sbarcò ad hoc i verdi). Fu invece un insuccesso il tentativo di candidatura dell’allora preside dell’ITC, prof. Gaspari. Lì qualcosa in effetti cominciò a rompersi tra cattolici e diessini, i rapporti tra Maulo e Calzolaio non furono più così idilliaci e quando si trattò di andare al rinnovo, Maulo in un amen si ritrovò, lui uscente, senza più la candidatura a sindaco. Gli fu preferito Quagliani che venne battuto da Anna Menghi. Gian Mario ebbe un grandissimo successo personale, come candidato capolista, tanto che se Anna non aveva avuto problemi a battere Antonio Quagliani, onesto ma sconosciuto, la sua coalizione superò quella di centrosinistra solo sul filo di lana.
A distanza di vent’anni si può senz’altro dire che se il centro sinistra avesse ripresentato il sindaco uscente, popolarissimo (dato poco prima al 72% ) avrebbe avuto facilmente partita vinta. Così non andò. E a chi scrive, allora, Maulo pieno d’amarezza dichiarò: “Meglio vittime che carnefici” alludendo naturalmente a se stesso.
La giunta ‘che veniva dalla gente’ e dal ‘passo indietro dei partiti’ fece molto nei quattro anni che allora la legge prevedeva: infrastrutture, parcheggi, scale mobili, ed anche la galleria sotto piazza Vittoria. Antichi Forni, spazi e palazzi per la cultura. “Tutte opere non reversibili” dice Maulo “perché chi fosse venuto dopo di noi non dovesse poi rovesciare tutto e fermare il progresso di una città che era ferma da troppo tempo. Ed anche sullo Sferisterio, diedi subito fiducia al mio ex studente Claudio Orazi quando venne a portarmi le dimissioni da direttore artistico della stagione lirica. E facemmo il record assoluto di spettatori: da 29.000 a 37.000. Subito dopo il nostro insediamento qualcuno, molto influente scrisse: ‘Chi comanda a Palazzo?’ Risposi: siamo una squadra, c’è un’amministrazione collegiale. C’era aria nuova e tanto entusiasmo, volevamo fare davvero una storia nuova della città”.
E alla domanda: “Rifarebbe la variante per il seminario internazionale Redemptoris Mater costruito in area paesaggistica vincolatissima alle Vergini?” Maulo risponde: “Certo, ma riguardo al seminario noi non ci siamo entrati per nulla Parlo di contributi economici. A livello elettorale non fu una grande scelta, quando ci ripresentammo nel dicembre 1977. Per spiegarmi: non sono un tipo che si piega. Ad esempio: una volta diedi un gran pugno sul tavolo, quello del sindaco, che Massimo D’Azeglio aveva donato alla comunità maceratese, rischiando anche di rompere il vetro, per chiarire che mi chiamavo Maulo ma che era pure vero che il mio soprannome restava Mulo!”.
La serata alla Sel, ieri sera a piazza Mazzini, è finita con grandi promesse di rivedersi da parte dei protagonisti di 20 anni fa: una tavola rotonda ed un’agape fraterna. “Sì, ma dobbiamo ora guardare avanti”.
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Venti anni di amministrazione cattocomunista buttati al vento. Nonostante l’incremento anagrafico di cittadini extracomunitari, Macerata ha perso addirittura ben duemila abitanti!
Gian Mario Maulo fu il sindaco della ‘letizia’ (la sua) e della ‘mestizia’ (quella di tutti gli altri cittadini maceratesi). Dopo di lui, nulla fu più uguale a prima, nel senso che fu peggio, ed il risultato finale lo vediamo dopo vent’anni sotto gli occhi di tutti. Credo non servano altri commenti ……. E lo dico da ex cittadino maceratese, insoddisfatto di tutte le amministrazioni cittadine, e quindi, in primis, di quella Maulo.
Le principali responsabilità del Sindaco Maulo riguardano l’avvio della desertificazione del centro storico (Cityper a Piediripa e uffici comunali all’ex Distretto) e la decisione di modificare il tracciato della strada nord, rendendo così necessaria l’attuale galleria, molto più lunga di quella che sarebbe dovuta passare sotto borgo san Giuliano (cioè le Fosse), bruciando così i fondi che altrimenti avrebbero consentito di raggiungere Villa Potenza. Se ben ricordo, fu proprio questa assurda decisione a determinare le brusche dimissioni da assessore all’Urbanistica dell’arch. Alessandro Castelli.
Il PDS (così si chiamava in quell’epoca l’ex PCI) lo denigrava in lungo ed in largo e lo detestava, giungendo a mettere il veto alla sua riconferma. Fu proprio la sfiducia manifestata dal partito azionista di maggioranza verso il Sindaco allora uscente a determinare la successiva sconfitta del centro sinistra ad opera di Anna Menghi.
Tanta ostilità rese poi incomprensibile il successivo riavvicinamento di Maulo al maggior partito del centrosinistra, che nel frattempo aveva assunto la denominazione DS, riavvicinamento che qualche anno dopo portò alla nomina di Maulo a Presidente del Consiglio Comunale. Ma a quel punto la sua carriera politica era ormai finita.
Fu una maggioranza strana….non una maggioranza per la città, ma una maggioranza contro chi c’era prima.
Una maggioranza che ,mi sembro’ di interpretare, aveva come collante la voglia di alcuni di emergere piuttosto che quella di portare avanti un vero progetto per la città.
Uno degli artefici, poco dopo esserso concretizzata la formazione degli assessori, scomparve dalla scena per poi ritrovarlo inmpegnato nel centrodestra.L’allora vicesindaco lo ritrovammo piu’ tardi candidato a sindaco nel centrodestra.Un allora assessore lo ritroviamo poi sempre all’opposizione dell’attuale amministrazione.
Carissimo Maulo, ti ho stimato e ti stimo come uomo, ma non condivido nulla di quello che hai detto. Di quell’esperienza sono sempre stato convinto, e lo sono ancora oggi, che in quella circostanza ti trovasti nel posto giusto e nella giusta posizione per essere utilizzato da alcuni che volevano semplicemente salire le scale del palazzo comunale.
La mia stima personale per te resta, ma da quella tua esperienza è iniziato il declino di Macerata. Tante le scelte sbagliate, prima tra tutte aver lasciato che la Regione cancellasse dal piano regolatore le previsioni di viabilità (completamento strada nord). Aver puntato su un centro commerciale secondo le mode di allora, anzichè aver lavorato per un “centro storico/centro commerciale” cosi’ come è tendenza ,oggi, in molte città del nord europa. Potrei continuare ancora…ma ormai, a danni fatti, è inutile tediare i lettori.
Veramente, fin dal dopoguerra, il “consociativismo” cliericale (DC)/comunista (PCI) ha sempre guidato la nostra italica storia.
Per la democrazia “bloccata” la DC governava a Roma ma, al PCI, fu “permesso” di governare nelle regioni e nelle città…
Questo mutuo silenzioso scambio si è poi visto e rivisto in tante votazioni parlamentari in cui, di giorno, il PCI faceva fuoco e fiamme ma poi, la sera, mandava i pomieri..
Come non ricordare la “frededezza” comunista sui grandi temi sociali come il divorzio e l’aborto (in cui il PCI venne tirato dentro per i capelli e non si diede molto da fare) oppure come ricordare la posizione del PCI sullo “Statuto dei Lavoratori”…
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Maulo fu, a Macerata, un momento di rottura (più di facciata che di sostanza) gattopardamescamente parlando “tutto cambiò affinchè nulla cambiò”: ad esempio sulla Galleria delle Acque Perenni andatevi a vedere chi all’inizio spinse per quella decisione.
Carissimo Giuseppe Bommarito,
intervengo e ti rispondo in qualità di “già assessore all’Urbanistica” (non Alessandro Castelli che ricopriva quello dei Lavori Pubblici) della giunta Maulo. Limito qui la mia trattazione all’argomento della strada nord. Tale intervento, finanziato con i fondi della ricostruzione post 2^ guerra mondiale (!!) fino alle Vergini, era profondamente sbagliato e aveva notevoli problemi. Infatti: nata come strada intervalliva (Chienti-Potenza) lontana di Macerata, era stata poi modificata con un mediocre compromesso facendola risalire fino alle pendici nord della città, collegandola al tessuto urbano in due soli punti, tutt’oggi molto problematici, quali via dei Velini e Viale Pancalducci nei pressi del Cimitero cittadino: due veri colli di bottiglia del traffico veicolare. Da quelli, il traffico sarebbe confluito e si sarebbe incanalato in città attraverso corso Cavour e Corso Cairoli. Non occorrono commenti. C’è di più: la strada nord, finanziata, come già detto, fino a via Pancalducci avrebbe dovuto attendere ulteriori finanziamenti dall’Anas (Progetto dello svincolo di San Claudio!!) per proseguire da Via Pancalducci fino a Piediripa; nulla del genere esisteva nei programmi e nei bilanci di previsione dell’Ente: a tutt’oggi saremmo ancora con una ulteriore incompiuta, solo un po’ più lunga. Ancora: è vero che la galleria sotto via Pace sarebbe stata più corta, ma molto più problematica perchè andava a “grattare”, in zona di falda, le fondazioni dei palazzi alti di Lattanzi, costruiti in struttura mista senza telaio in cemento armato. Non basta: per collegarsi con la strada sud e chiudere l’anello urbano, la strada nord avrebbe necessitato viadotti ed un’altra galleria sotto la chiesa dei Cappuccini – fantascienza – per cui i due assi di scorrimento principali della città non sarebbero mai entrati in collegamento se non attraverso la rete veicolare urbana (in particolare rione S.Lucia e via Roma). Questo corrispondeva a gettare soldi dalla finestra. Infine, vogliamo anche parlare dell’impatto visivo ed ambientale di una tale infrastruttura (e tutto quello che avrebbe indotto in seguito) nell’unica zona naturale ancora incontaminata della città, da sempre preservata dalla Storia – il fronte nord fino ai vecchi Cappuccini – sito di ben 9 fonti storiche (Fonte Maggiore, Fonte Agliana, … e cosi via)? Penso non ce ne sia bisogno.
La galleria ha avuto i pregi di 1) essere immediatamente funzionale appena inaugurata, collegando le provenienze dalla valle del Potenza alla strada sud, già esistente. 2) La confluenza su tale asse di scorrimento senza attraversare gli assi storici interni è stata risolutiva in quanto l’espansione urbana moderna si svolge tutta a sud e la strada sud stessa costituisce l’unico vero asse di smistamento, avendo numerose uscite nei gangli nodali (parcheggi, Tribunale, Ospedale, Ferrovia, Collevario, via Roma, P.zza Pizzarello, ecc) .
Certo, alla strada sud mancano la testa e la coda , per bypassare l’uscita verso le frazioni attraverso via Roma ed il rione S.Lucia. Ma questo è già un altro discorso. E mi pare che qualcosa si stia muovendo in questa direzione. Marco Scrivani.
Caro Marco,
il problema della strada nord (con annessa galleria) in effetti è molto importante e molto complesso, e meriterebbe una trattazione a parte, anche perchè quella scelta è tuttora incompiuta. Se avrò il tempo di approfondire la questione, ne faremo un approfondimento a parte.