di Carmen Russo
“#scritturebrevi e scie lunghe (speriamo!). Impressionante, questa Macerata…”: twitta così, in virtù della brevitas, Beppe Severgnini allegando la foto dell’Auditorium San Paolo che ospitava una sala gremitissima. Oltre a professori e studenti universitari, presenti anche gli alunni di diversi istituti superiori della provincia di Macerata, uno di Fermo e anche alcune scuole medie.
Dopo il saluto del Rettore Luigi Lacché, seguito da quello del Direttore del Dipartimento di Filologia Filippo Mignini che ha citato per l’occasione un passo di Matteo Ricci, il professore Diego Poli e infine la professoressa Francesca Chiusaroli presentano la penna del Corriere Della Sera.
La realtà maceratese non gli è estranea, qui ha scritto moltissime lettere per conto dei suoi commilitoni mentre faceva la leva militare al Car nel 1981. Un periodo di vera e proprio palestra fatta di parole scritte a fidanzate altrui mai viste, in missive sentimentali spedite un po’ in tutta l’Italia.
Severgnini parte da un discorso autobiografico – “che è possibile fare quando crescono i capelli bianchi” dice- e con un breviloquio in tanti (s)punti -caratteristica che lo ha reso il più seguito giornalista italiano, nel mondo del social network del cancelletto- passa da racconti a moniti sempre in chiave ironica.
Da studente di primo ginnasio autore di compiti in classe molto lunghi e ricchi di aggettivi – “il mio obiettivo era arrivare alla quarta pagina di foglio protocollo e usavo termini lunghi e complessi indipendentemente dal tema” confessa l’autore- passa all’essere il promotore di un consiglio saggio ricevuto dalla sua professoressa di italiano “meno è meglio”. Questa sua prerogativa lo rende un ottimo exemplum per il progetto dell’Unimc “#scritture brevi”.
Secondo Severgnini gli scrittori devono guardare verso l’est del mondo e utilizzare la tecnica del cibo cinese ossia sminuzzare perché si cucina prima e si digerisce meglio. “Per scrivere in sintesi, serve tempo. Ma la brevità non è sinonimo di pochezza, anzi nasconde tante insidie. In dieci righe ci si può salvare, in 140 caratteri no”, dice il giornalista che ritiene il social network essere una pericolosa macchina della verità.
La sala è catturata dalla sua ironia e mentre descrive il panorama politico italiano a suon di tempi verbali: “Amato: participio passato o presente?”, e ancora “Marini passato remoto, D’Alema imperfetto, Prodi infinito, e Napolitano imperativo”, giunge allo scoccare di mezzogiorno la notizia del nome del nuovo premier Enrico Letta: “Sono contento, ma le campane mi sembrano un po’ troppo”! Scherza Beppe Servegnini e prontamente twitta la notizia nel web: “Ehi, una luce in fondo al tunnel! @EnricoLetta”.
Lo scrittore, prima di iniziare ad autografare libri e locandine, congeda gli ascoltatori – protagonisti dell’informazione di oggi e di domani- con un consiglio, ambiguo solo se non lo si legge nell’acronimo, ossia “P.o.r.c.o.”: Pensa, Organizza, Rigurgita, Correggi e Ometti.
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