Il sipario è aperto. Siamo in casa di Abel Znorko, anzi nel suo salotto. Sullo sfondo uno scaffale pieno di libri, in primo piano due poltrone e nell’aria la musica di Edward Elgar. Due spari e un uomo entra trafelato. Inizia così lo spettacolo «Variazioni enigmatiche» di Eric-Emmanuel Schmitt, andato in scena al teatro L. Rossi di Macerata. Due soli interpreti, Saverio Marconi, nel ruolo di Abel Znorko, e Gian Paolo Valentini, in quello di Erik Larsen. La regia è di Gabriela Eleonori. Chi è l’uomo che viene accolto a fucilate? È un modesto cronista di un piccolo giornale di provincia cui è stato concesso di intervistare un grande scrittore, premio Nobel, ritiratosi a vivere in una sperduta isola del mare Artico. L’accoglienza non è delle migliori. Znorko è scontroso e non mette certo a suo agio l’imbarazzato Larsen. Tuttavia, frase dopo frase, il dialogo procede, nonostante l’evidente altezzosità del padrone di casa. Grazie ai reiterati svelamenti, la verità, sempre inafferrabile, si avvicina per poi allontanarsi. Fra le righe del dialogo si cela un enigma. “Il fascino di un mistero è il segreto che contiene, non la verità che nasconde”, dice Znorko.
Per quindici anni lo scrittore ha avuto un rapporto epistolare con Helene Metternach, una donna di Nobrovsnik; ma in seguito, violando il patto che li lega, pubblica le lettere in forma di romanzo «d’invenzione». Da sei mesi, però, non riceve più sue notizie, per questo concede l’intervista a Larsen che, guarda caso, abita anche lui a Nobrovsnik. In realtà, vuole scoprire cosa si cela dietro il silenzio della donna e affidargli, quindi, una lettera per lei. A poco a poco, i due uomini si scambiano informazioni. Nel corso del colloquio, che rischia un paio di volte di interrompersi bruscamente, lo scrittore scopre che il piccolo registratore è privo di pile. Ma allora, chi è l’uomo che finge di intervistarlo? Pian piano il mistero si svela: Helene sta bene, non parla mai del signor Znorko e nel frattempo si è sposata. Ora il suo cognome è Larsen! Colpo di scena, ma non sarà l’unico: l’uomo di fronte a lui è proprio il marito di Helene. Erik confessa di aver letto tutti i libri di Abel, “come nessun altro” e di conoscere ogni particolare della loro relazione. Infatti, altra sorpresa, la moglie è morta da ben dodici anni e quelle lettere, da allora, le ha scritte lui. Lettere d’amore, perché Helene continuasse a esistere per entrambi, grazie al rapporto con lo scrittore. Nel testo di Schmitt, rifinito nei minimi dettagli, è possibile intuire il terribile segreto di Larsen. Il «falsario» Znorko, uomo celebre per le sue menzogne letterarie, viene smascherato da Erik che lo interroga per sapere perché mai abbia rotto il patto pubblicando le lettere. Distruggendo il «gioco» che la teneva in vita, Abel ha ucciso Helene. I due uomini, tra schermaglie dialettiche e partenze di entrambi sempre rinviate, pian piano finiscono per scambiarsi i ruoli, fino a diventare complici, amici. In Erik, dopo anni di corrispondenza amorosa vissuta al femminile, nasce probabilmente un impalpabile sentimento platonico per Abel. Quando ogni mistero è ormai svelato e Larsen sta per andarsene definitivamente, Znorko spara di nuovo due colpi. Il tutto avviene fuori dalla scena. L’apparenza lascia credere che lo scrittore abbia ucciso il rivale per poi suicidarsi. Ancora una svolta, una «variazione». Quei colpi servono per richiamare Larsen, ma solo per dirgli: «Io…io ti scriverò», abbandonando il «lei» che aveva finora contraddistinto la loro conversazione. E mentre Erik se ne va per sempre, il premio Nobel si siede e inizia a scrivere una lettera. Ma ormai il meccanismo si è rotto….
Saverio Marconi ha scelto un testo importante e denso di temi per fare la sua rentrée in veste di attore, a venticinque anni dall’ultima sua apparizione sulle scene, anni vissuti sempre nel teatro, ma dedicati alla regia e al musical. Il tempo sembra non essere passato, se non fosse per la capigliatura ormai del tutto candida e pur sempre folta. La stessa presenza scenica, la stessa voce ben impostata, la stessa personalità artistica. Un felice ritorno, il suo, accolto con calore dal pubblico maceratese. Felice anche la scelta del compagno d’avventura, il bravo Gian Paolo Valentini, che ha ben figurato accanto al suo Maestro. Essenziale la scenografia, volutamente semplice e lineare, molto «svedese». Significativo l’Adagio «Nimrod» di Elgar, una delle 14 variazioni sul tema che danno il titolo alla preziosa pièce di Schmitt. Accurata e aderente al testo la traduzione del duo Marconi-Eleonori, molto apprezzata dall’autore stesso. Dopo l’esibizione al Lauro Rossi, «Variazioni enigmatiche» sarà di scena a Milano, quindi in giugno altro appuntamento in terra marchigiana, al teatro di Sarnano.
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