di Marco Petracci
(foto-servizio di Guido Picchio)
Oggi pomeriggio, nell’Aula Magna dell’Università di Macerata, Sandro Petrone ha presentato il suo ultimo libro: “Il linguaggio delle news”. Dopo l’introduzione della preside della Facoltà di Scienze della comunicazione Barbara Pojaghi, ha preso la parola Giancarlo Trapanese, vicecaporedattore del Tgr Marche, che ha tessuto le lodi del giornalista del Tg2 spiegando come, la sua pacatezza, serenità e capacità analitica fanno apparire semplice ciò che racconta.
L’inviato speciale della Rai ha poi ricordato con piacere i suoi trascorsi come docente nell’ateneo maceratese e ha subito precisato come il libro sia nato proprio a Macerata, quando divise i suoi studenti in diversi gruppi per studiare l’intervista, e ci si accorse come il giornalista sia l’unica categoria che non studia il proprio strumento principale.
“E’ come se non fossi mai andato via da Macerata, diciamo che me la sono portata dietro, qui con gli studenti ho avuto un rapporto professionale davvero unico, e devo dire che mi fa molto piacere incontrare, in giro per l’Italia, tanti ragazzi che hanno studiato a Macerata”. Petrone ha poi raccontato della sua esperienza come inviato in Kuwait durante i bombardamenti di Saddam Hussein spiegando come “in quelle circostanze ti senti in mano al padre eterno e ti rendi conto di come la tua esistenza sia un valore relativo rispetto a ciò che hai di fronte e devi raccontare agli spettatori. Alla Rai ti insegnano anche come fronteggiare situazioni di pericolo, ma quando ero lì, con un mitra puntato in bocca con il soldato che voleva la mia telecamera, tali insegnamenti non servono a nulla. Fortunatamente poi il generale che gli era vicino ha pensato bene di prendere la cassetta della telecamera e mi ha lasciò andare”.
Quando Trapanese riconosce a Petrone di sapersi contraddistinguere per la sua capacità di raccontare i fatti con gli occhi e le parole di chi non ha voce e per la sua capacità di distaccarsi da ciò che lo coinvolge e lo può condizionare, il giornalista ammette che “mi forzo a lasciar raccontare agli altri ciò che vedo. Non penso a un pezzo scritto da me, ma dagli altri. Lavorare sul “preconfezionato” ti depista e non avvicina lo spettatore alla realtà. Ho raccontato le vicende senza che la mia emozione andasse al di là dell’avvenimento, ma questo ha compresso la mia sensibilità”.
Infine Petrone ha fatto notare come il web sia una risorsa eccezionale e ha chiuso, dopo le domande poste da qualcuno degli studenti presenti, con un pensiero su Musicultura, dove “è straordinario come la cultura viene raccontata attraverso la sensibilità artistica della musica”. GUARDA IL VIDEO
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