di Maurizio Verdenelli
Scalfaro si presentò dopo aver visitato, e praticamente inaugurato il nuovo palazzo della Regione in via Gentile da Fabriano, ad Ancona. Nella grande sala, lo spazio al centro con le poltrone riservate ai parlamentari e ai consiglieri regionali era separato da quello che restava: un corridoio circolare, da ritti in ottone dorato che sorreggevano un cordone rosso. Quasi insuperabile.
Il Presidente era giunto ad Ancona, quel fine settembre del ’94, per celebrare il 50° anniversario della Resistenza e la Guerra di Liberazione nelle Marche. Era giunto la sera prima e si era ritirato per un po’ in preghiera nella chiesa romanica di Santa Maria della Piazza, da lui prediletta.
La mattina dopo la visita in Regione precedeva, nel pomeriggio, la celebrazione ufficiale all’Aula Magna dell’Università degli Studi: Valeria Moriconi, la grande attrice jesina, avrebbe letto brani della storia della Resistenza. Alla cerimonia, in rappresentanza del governo Berlusconi era prevista la presenza del ministro per la Famiglia, il sambenedettese dottor Antonio Guidi.
Scalfaro arrivava ad Ancona in un clima di rapporti tesi con il governo di centrodestra: una ‘tregua armata’ all’interno della quale il Capo dello Stato non era insolito esortare gli ‘inviati’ dei giornali, che lo seguivano nei suoi viaggi, a ‘lasciar governare’ Berlusconi, premier e proprietario di reti tv, lasciando da parte l’eccesso di critica politica.
Quel giorno, tuttavia, accadde per la prima volta qualcosa. Un segno, un ‘seme’ che da Ancona, in quel ’94, avrebbe via via fruttificato portando 6 anni più tardi al varo della legge n.28/2000, conosciuta ‘storicamente’ come “Par Condicio”. La regolamentazione, cioè, delle armi comunicative in tema di campagne elettorali.
Scalfaro, come naturale, parlò per ultimo. Prima di lui, l’allora presidente del Consiglio regionale Nuciari incappò, nell’indicare la Resistenza, in una pur fuggevole definizione di ‘guerra civile’ che non sfuggì all’attento resoconto del corrispondente anconetano de ‘Il Messaggero’, Giovanni Sgardi. Il che costò a Nuciari, qualche settimana più tardi, le dimissioni.
Il Presidente fu, al solito, forbitissimo ed attentissimo e pure, in alcune parti, criptico (per i non addetti ai lavori). Ad un certo punto introdusse, tuttavia, il ‘punto’. Occorreva -disse Scalfaro, sostanzialmente, la ‘par condicio’ in fatto di comunicazione “sia nel recepire i messaggi, sia nell’inviarli”. Finì di lì a poco.
Nel frattempo ero riuscito, con la complice amicizia dell’on. Valerio Calzolaio e di qualche consigliere regionale maceratese, a superare lo ‘sbarramento’ e a confondermi tra le ‘autorità’, lasciando così il gruppetto degli altri giornali. Tra questi David Messina di ‘Repubblica’ e l’inviato bolognese del ‘Corriere della Sera’, Vittorio Monti.
Credo che, mentre Scalfaro parlava, di aver dato nell’arengo un giro intorno: ma non scorsi chi cercavo. Era il vice ministro della Sanità, il maceratese onorevole Giulio Conti. La sua assenza veniva messa in relazione, se ricordo bene, alla tensione strisciante tra il Presidente e l’Esecutivo.
Finito il discorso ufficiale, Scalfaro, seguito come un’ombra dal Segretario Generale Gaetano Gifuni, cominciò a stringere le mani delle autorità. Strinse anche le mie, senza sapere che erano quelle di un giornalista. Approfittai di quell’istante per …intavolare il discorso sulla Par Condicio. ‘Cosa voleva dire, Presidente?’ Lui mi guardò con quegli occhi azzurrissimi, con un lampo arguto (ed abbagliante). All’improvviso comprese chi aveva davanti anche perchè ero stato fulmineamente raggiunto da Messina e Monti. E con tutte le ‘erre’ di cui era notoriamente capace e la sua ironia sconfinata, rispose: “…Non certo un disturbo gastrico”. Scomparve subito dopo, inghiottito da una porticina alle sue spalle. La mossa fu così repentina che sorprese lo stesso Gifuni. Gli inviati lo conoscevano bene. .. “Dottore …. il Presidente ce l’aveva con Berlusconi?”. Il potente Segretario Generale confermò, in una maniera che fu per noi inequivocabile, l’impressione prima di sparire anch’egli. “Abbiamo la notizia! La Resistenza può attendere”: così fu che Corriere, Repubblica e Messaggero pubblicarono in esclusiva la prima indiscrezione sulla questione della Par Condicio che avrebbe infiammato il dibattito politico nazionale negli anni a venire.
In quell’anno ’94 Scalfaro era stato nelle Marche, precisamente a Recanati diversi mesi prima. Era stato per rendere omaggio a Giacomo Leopardi a conclusione ideale delle celebrazioni e sopratutto per dar corso alla promessa ad un amico di sempre, l’on. Franco Foschi (“Con lui siamo stati per anni compagni di banco alla Camera” mi disse l’ex ministro del Lavoro, allora direttore del CNSL). Era un viaggio, rimandato in precedenza, che ebbe un grande successo quello del Capo dello Stato. In Comune e al Centro Studi leopardiani -così com’era stato all’avvio delle celebrazioni con il predecessore Cossiga- Scalfaro venne accolto dal massimo poeta italiano, Mario Luzi. Particolarmente affettuoso, ricordo, con il suo ‘allievo’ maceratese, il poeta Guido Garufi.
Due anni dopo, il Presidente fu a Macerata. A fargli festa, con i tricolori in mano, i bambini delle elementari in piazza della Libertà. Erano ormai trascorse per sempre le scene della folla fitta fitta che si era accalcata agli inizi degli anni 80 per Sandro Pertini, in quiella stessa piazza, mentre ‘Sandro’ entrava in Prefettura.
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